Israele ha interdetto ai palestinesi il 70 per cento della Striscia di Gaza | MAPPA
Israele ha limitato l’accesso dei palestinesi al 70 per cento della Striscia di Gaza, dichiarando vaste aree del territorio costiero “zona vietata” o emanando ordini di evacuazione rivolti alla popolazione residente. Nel sud della Striscia, come certificato dall’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari (Unocha), gran parte del governatorato di Rafah è […]

Israele ha limitato l’accesso dei palestinesi al 70 per cento della Striscia di Gaza, dichiarando vaste aree del territorio costiero “zona vietata” o emanando ordini di evacuazione rivolti alla popolazione residente. Nel sud della Striscia, come certificato dall’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari (Unocha), gran parte del governatorato di Rafah è stato dichiarato “zona vietata” o sottoposto a ordini di evacuazione forzata da parte delle forze armate di Israele (Idf) dalla fine di marzo quando lo Stato ebraico ha ripreso le ostilità contro Hamas. Nel nord del territorio costiero palestinese, secondo l’Onu, quasi tutta la città di Gaza è ormai soggetta a ordini simili, mentre soltanto limitate aree del nord-ovest di quest’area sono ancora esentate. Intere zone a est del quartiere di Shujayea invece e il territorio che corre lungo il confine con Israele risultano invece soggette a varie restrizioni.
L’attesa offensiva militare, annunciata dal premier israeliano Benjamin Netanyahu, potrebbe portare a un’occupazione militare prolungata di queste aree e alla deportazione dei loro abitanti, che intanto devono far fronte a una situazione umanitaria sempre più grave a causa del blocco all’ingresso degli aiuti umanitari nel territorio costiero imposto da oltre due mesi da Israele. “Da nove settimane, le autorità israeliane hanno bloccato l’ingresso di tutti i rifornimenti a Gaza, indipendentemente da quanto fossero vitali per la sopravvivenza della popolazione. I panifici hanno chiuso. Le mense comunitarie hanno chiuso. I magazzini sono vuoti. I bambini hanno sofferto la fame. I funzionari israeliani hanno cercato di chiudere l’attuale sistema di distribuzione degli aiuti gestito dalle Nazioni Unite e dai suoi partner umanitari e di farci accettare di consegnare i rifornimenti attraverso gli hub israeliani alle condizioni stabilite dall’esercito israeliano, una volta che il governo accetterà di riaprire i valichi”, denuncia in una nota l’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari (Unocha).
“Il piano che ci è stato presentato significherà che ampie zone di Gaza, comprese le persone meno mobili e più vulnerabili, continueranno a rimanere senza rifornimenti. Contravviene ai principi umanitari fondamentali e sembra concepito per rafforzare il controllo sui beni di prima necessità come tattica di pressione, nell’ambito di una strategia militare. È pericoloso, perché costringe i civili a recarsi in zone militarizzate per raccogliere le razioni, mettendo a repentaglio vite umane, comprese quelle degli operatori umanitari, e rafforzando ulteriormente gli sfollamenti forzati”, continua il comunicato. “Il Segretario Generale delle Nazioni Unite e il Coordinatore degli Soccorsi di Emergenza hanno chiarito che non parteciperemo ad alcun programma che non rispetti i principi umanitari globali di umanità, imparzialità, indipendenza e neutralità. Nel Territorio Palestinese Occupato, i responsabili di tutte le entità delle Nazioni Unite e delle organizzazioni non governative che fanno capo all’Humanitarian Country Team hanno ribadito all’unanimità questa posizione. L’azione umanitaria risponde ai bisogni delle persone, ovunque si trovino. I nostri team rimangono a Gaza, pronti a intensificare nuovamente la fornitura di forniture e servizi essenziali: cibo, acqua, servizi sanitari, nutrizione, protezione e altro ancora. Disponiamo di scorte ingenti pronte a entrare non appena il blocco sarà revocato. Esortiamo i leader mondiali a usare la loro influenza per far sì che ciò accada. Il momento è adesso”.