Investimenti: la situazione degli Usa non è così oscura… e quella europea non così luminosa

L’economia statunitense ha mostrato segni di fragilità nel primo trimestre del 2025, registrando una contrazione del PIL dello 0,3% su base annua. Una flessione che, secondo Ombretta Signori, Head of Macroeconomic Research and Strategy di Ofi Invest AM, è legata alle conseguenze delle politiche tariffarie introdotte e poi temporaneamente sospese dal presidente Donald Trump. “In... Leggi tutto

Mag 15, 2025 - 19:44
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Investimenti: la situazione degli Usa non è così oscura… e quella europea non così luminosa

L’economia statunitense ha mostrato segni di fragilità nel primo trimestre del 2025, registrando una contrazione del PIL dello 0,3% su base annua. Una flessione che, secondo Ombretta Signori, Head of Macroeconomic Research and Strategy di Ofi Invest AM, è legata alle conseguenze delle politiche tariffarie introdotte e poi temporaneamente sospese dal presidente Donald Trump.

“In risposta alla politica sui dazi, le imprese americane hanno cercato di mettersi al riparo dalle possibili conseguenze accrescendo le importazioni e mandando la bilancia commerciale del paese in profondo rosso”, osserva Signori. Questo comportamento ha generato un forte accumulo di scorte, il cui impatto sul PIL potrebbe però ribaltarsi nei dati del secondo trimestre, grazie a un possibile effetto positivo sulla domanda.

Nel frattempo, l’incertezza dovuta alla volatilità delle decisioni tariffarie ha spinto famiglie e imprese ad anticipare gli acquisti. “Questo ha stimolato la domanda interna più del previsto”, evidenzia l’economista, che però resta cauta sul futuro: “Riteniamo che questa dinamica continuerà a pesare sull’andamento dell’economia statunitense, ma si tradurrà in un rallentamento, non in una vera e propria recessione”.

Una possibile àncora di salvezza potrebbe arrivare dal Congresso, che secondo Signori dovrebbe approvare quest’estate la “reconciliation law”, il provvedimento che preparerà il terreno per i tagli fiscali promessi da Trump fin dalla sua campagna elettorale.

Tuttavia, alcune nubi si addensano sul fronte occupazionale. “Le maggiori società americane hanno affermato che, per contenere i costi, hanno prima bloccato le assunzioni e adesso starebbero passando ai licenziamenti”, segnala Signori. Ma, almeno per ora, il tasso di disoccupazione rimane stabile, a testimonianza del fatto che “l’incertezza e la contrazione dell’immigrazione non abbiano ancora sortito i loro effetti”.

L’analista mette in guardia anche sul rischio inflazione. “I dati hanno già iniziato a indicare un aumento dei prezzi per i beni importati”, e se i costi legati ai dazi verranno trasferiti sui consumatori, “l’inflazione Usa potrebbe risalire temporaneamente nei mesi a venire”. In questo scenario, la Federal Reserve non avrebbe motivi urgenti per tagliare i tassi d’interesse.

In netta controtendenza, invece, l’Eurozona. Il PIL del primo trimestre è cresciuto dello 0,4%, superando le attese, grazie al contributo di Irlanda, Spagna e anche di Germania, Italia e Francia. Ma Ombretta Signori invita alla prudenza: “I consumi sono stati piuttosto timidi e le ultime indagini economiche mostrano un netto calo della fiducia delle famiglie e un atteggiamento attendista da parte delle imprese”.

Sul fronte dell’inflazione, aprile ha registrato un dato stabile (+2,2%), ma con una componente core sorprendentemente elevata (+2,7%), spinta in particolare dai servizi. “Vale la pena prestare attenzione – avverte Signori – anche in relazione alla politica monetaria della BCE”. Francoforte potrebbe sì tagliare ancora i tassi, ma “la portata di queste riduzioni dipenderà principalmente dall’esito dei negoziati con gli Stati Uniti, dalle eventuali contromisure alle politiche di Trump e dalla rapidità del piano di stimoli fiscali della Germania”.

In sintesi, le due sponde dell’Atlantico mostrano segnali divergenti, ma entrambe restano sospese all’incertezza geopolitica e ai futuri sviluppi delle politiche economiche.