In Italia i due terzi dell’evasione fiscale sono opera di medie e grandi aziende
L’evasione fiscale italiana è una piaga che da decenni sottrae al Paese enormi risorse economiche, con impatti devastanti su servizi pubblici e investimenti. Negli ultimi 25 anni, infatti, ben 1.279,8 miliardi di euro in tasse, contributi, imposte, bollette, multe e altri oneri non sono stati riscossi: una cifra che quasi potrebbe coprire metà del debito […] The post In Italia i due terzi dell’evasione fiscale sono opera di medie e grandi aziende appeared first on L'INDIPENDENTE.

L’evasione fiscale italiana è una piaga che da decenni sottrae al Paese enormi risorse economiche, con impatti devastanti su servizi pubblici e investimenti. Negli ultimi 25 anni, infatti, ben 1.279,8 miliardi di euro in tasse, contributi, imposte, bollette, multe e altri oneri non sono stati riscossi: una cifra che quasi potrebbe coprire metà del debito pubblico. Di questi importi, il 64,3% – ovvero 822,7 miliardi di euro – è imputabile alle società di capitali, tra cui Spa, Srl, consorzi e cooperative, mentre solo il 12,2% deriva dai piccoli imprenditori, artigiani, commercianti e liberi professionisti. I dati, raccolti dall’Agenzia delle entrate e analizzati dalla CGIA di Mestre, evidenziano insomma come il fenomeno dell’evasione sia concentrato nei grandi contribuenti, mentre piccoli imprenditori e lavoratori autonomi si trovano a rappresentare una quota marginale del debito fiscale.
Dei 22,26 milioni di contribuenti con carichi residui registrati dal report, solo 2,86 milioni (12,8%) sono persone fisiche con attività economica, mentre altri 3,47 milioni (15,6%) sono società di capitali e 15,93 milioni (71,6%) sono persone fisiche (come lavoratori dipendenti, pensionati e simili). Dai dati emerge dunque come dal 2000 solamente 13 evasori su 100 siano in possesso di una partita Iva. L’ufficio studi della CGIA sottolinea che queste cifre confermano da tempo una tesi ormai consolidata: la lotta contro l’evasione fiscale deve indirizzarsi soprattutto verso i grandi contribuenti. Infatti, le modalità di evasione più insidiose – quali le frodi IVA, l’uso improprio di crediti inesistenti, l’ottenimento di aiuti economici non dovuti, la fittizia dichiarazione di residenza all’estero e l’occultamento di patrimoni fuori dai confini nazionali – sono da attribuire quasi esclusivamente a imprese di maggiori dimensioni. La CGIA sottolinea come tali pratiche richiedano un’azione mirata e intensificata da parte degli organi preposti al controllo, con l’obiettivo di sfruttare al meglio le informazioni in possesso dell’Amministrazione fiscale e di rafforzare i meccanismi di verifica.
L’analisi territoriale offre ulteriori spunti di riflessione. Sul piano pro capite, il debito fiscale è più elevato nel Lazio, dove per ogni residente si accumulano in media 39.673 euro di oneri non riscossi. Seguono la Campania con 27.264 euro e la Lombardia, dove si registra un debito medio di 25.904 euro per abitante. È importante notare come le regioni con il maggior numero di grandi aziende – specialmente big tech, multinazionali e grandi gruppi industriali – manifestino una maggiore incidenza di evasione. Se, in termini assoluti, la Lombardia concentra ben 259,3 miliardi di euro di debiti, seguita dal Lazio (226,7 miliardi) e dalla Campania (152,5 miliardi), ciò evidenzia ulteriormente le disuguaglianze territoriali e la forte presenza dei grandi contribuenti in tali aree.
Allargando lo sguardo sul continente europeo, l’Italia non è affatto l’unico Paese in cui i grandi evasori concentrano i loro affari. Un rapporto dell’Ong Tax Justice Network ha infatti recentemente rivelato che l’Europa ospita molte delle giurisdizioni più permissive in tema di tassazione, rendendola un rifugio per grandi aziende, ricchi professionisti e organizzazioni criminali che vogliono evadere il fisco. Svizzera, Paesi Bassi, Jersey, Irlanda e Lussemburgo figurano infatti tra i primi dieci “paradisi fiscali” a livello globale, con l’Irlanda che fa segnare un netto peggioramento della sua situazione rispetto agli scorsi anni, avendo mantenuto normative poco stringenti sull’abuso fiscale. Complessivamente, l’Unione Europea contribuisce a un terzo delle perdite fiscali mondiali. Le prime posizioni sono occupate dalle Isole Vergini Britanniche, dalle Cayman e dalle Bermuda, che registrano i peggiori punteggi sugli indicatori di trasparenza fiscale.
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