In Germania nasce la cartella clinica elettronica. C’è tutta la vita di ogni paziente: esami, vaccini, lastre, farmaci
In Germania è iniziata l’era della cartella clinica elettronica, riforma che coinvolgerà circa 75 milioni di cittadini voluta dal governo uscente di Olaf Scholz. Da metà gennaio le casse malati hanno gradualmente creato i fascicoli digitali di tutti gli assicurati, tranne che per circa il 5 per cento che ha presentato opposizione attiva. L’adesione al […] L'articolo In Germania nasce la cartella clinica elettronica. C’è tutta la vita di ogni paziente: esami, vaccini, lastre, farmaci proviene da Il Fatto Quotidiano.

In Germania è iniziata l’era della cartella clinica elettronica, riforma che coinvolgerà circa 75 milioni di cittadini voluta dal governo uscente di Olaf Scholz. Da metà gennaio le casse malati hanno gradualmente creato i fascicoli digitali di tutti gli assicurati, tranne che per circa il 5 per cento che ha presentato opposizione attiva. L’adesione al sistema sarà obbligatoria per tutti gli operatori sanitari a partire da ottobre.
La cartella clinica (l’acronimo tedesco è “ePA”) raccoglierà in un unico data base destinato ad accompagnarlo l’intera vita tutti i dati di un paziente, che anzi potrà integrare con documenti precedenti. Pareri medici, risultati dei test di laboratorio, lastre, visite precauzionali, certificati vaccinali, controlli in maternità, visite pediatriche, controlli odontoiatrici, interventi chirurgici e farmaci somministrati saranno così via via immediatamente consultabili dai medici. Dottori ed ospedali avranno regolarmente accesso ai dati per 90 giorni, le farmacie per 3 giorni. Servirà ad evitare duplicati di analisi con risparmi sia per la sanità che per il paziente ed a consentire un intervento diagnostico più rapido, così come un cambio più facile del medico di base. Limite tecnico per il paziente la leggibilità solo via pc, tablet o smartphone; oppure in via indiretta e passiva attraverso un difensore civico presso la cassa mutua.
Testata da metà gennaio in circa 300 ambulatori, farmacie ed ospedali in tre regioni modello – la Franconia, Amburgo e parte del Nord-Reno Vestfalia – per i medici è risultata pratica, stabile e facile da usare e sono stati efficacemente superati i problemi legati all’impiego di sistemi informatici diversi negli ambulatori. Da parte dei pazienti persistono invece dubbi sulla sicurezza dei dati personali e finora solo poche persone sono riuscite a utilizzare i file, destinati oltre a tutto ad allargarsi col tempo.
I medici hanno il dovere di compilarla, ma i dati restano dei pazienti che hanno chiari diritti: l’ePA è volontaria ed il detenerla o meno non dovrà influire sul trattamento; ci si può rinunciare anche dopo la richiesta; il mutuato può verificare per tre anni gli accessi; può opporsi alla registrazione di dati specifici e decidere che alcune diagnosi siano invisibili a tutti i medici, o siano consultabili solo per un periodo limitato alla visita e non più a lungo. Permane per ora la critica che il paziente non possa ancora limitare l’accesso a singoli documenti solo a certi medici: l’unica alternativa è negare completamente ad uno studio medico l’accesso all’ePA ma così non sarà neppure in grado di trasmettere alcun risultato del trattamento. Il paziente deve poi essere cosciente che alcuni dati possono essere memorizzati in punti diversi.
L’ePA è destinata comunque a ridurre in modo drastico la documentazione cartacea che soffoca ogni ambulatorio. Un medico potrà vedervi tutte le ricette emesse ad un paziente negli ultimi 90 giorni; anche quelle che non ha ancora presentato in farmacia, rendendo così il mutuato un po’ più trasparente.
In effetti l’entrata in vigore dell’ePA doveva avvenire prima ma il Chaos Computer Club (CCC), una longeva organizzazione di hacker, alla fine dell’anno scorso ha reso pubbliche falle di sicurezza attraverso cui sarebbe stato possibile accedere a tutte le cartelle cliniche infrangendo l’infrastruttura telematica del sistema ed ottenere senza grandi sforzi dati sanitari altrui.
Queste lacune nella sicurezza per il ministro della Salute, il socialdemocratico Karl Lauterbach, sono state ora risolte. Tutti gli applicativi per leggere le ePA sono controllati centralmente, l’identificazione del paziente e del medico rafforzata con triplo e doppio fattore, la rete isolata e gli accessi irregolari individuabili. I media tedeschi riportano che per il CCC sarebbero state effettivamente chiuse le falle di sicurezza più gravi ed accedere contemporaneamente a 70 milioni di cartelle cliniche elettroniche risulta adesso sicuramente molto difficile. Persisterebbero problemi, ma una delle obiezioni – per esempio del direttore della cassa mutua Techniker Krankenkasse Jens Baas, è che, quand’anche non esista una sicurezza assoluta, hackerare una cartella clinica elettronica è molto più difficile che non introdursi nello studio di un medico e rubare documenti.
È dal 2003 che il Ministero lavorava all’ePA nell’ottica della digitalizzazione della sanità. Uno degli effetti sperati dal suo varo è che, in assenza di obiezioni individuali, possa permettere anche ricadute utili alla ricerca. Gli istituti finora potevano solo ottenere la visione dei dati che le casse mutua raccolgono per la fatturazione, facendo domanda di accesso alle ePA al Centro dati di ricerca sulla salute potranno ora attingere anche ai dati clinici anonimizzati dei pazienti che forniscano volontariamente l’accesso per scopi di ricerca.
Molti scienziati sperano in un ampio consenso e l’ePA possa fornire dati preziosi sull’efficacia dei servizi sanitari ed epidemiologici sulla comparsa e la distribuzione delle malattie nella popolazione, quali connessioni e conseguenze a lungo termine, fattori di rischio e indizi sull’efficacia delle terapie. Ci sono tuttavia diverse insidie destinate a restringerne l’efficacia, suggerendo una distorsione della realtà (come quando nella selezione dei partecipanti a uno studio viene applicata una certa restrizione che influirà in seguito sui risultati) perché da un lato è possibile opporsi alla registrazione dei dati, dall’altro, le casse malattia private non sono obbligate ad aderire all’ePA; così che i risultati non coprono una larga parte della popolazione. D’altronde i fautori osservano che nel Regno Unito già da qualche tempo i ricercatori possono accedere ai dati sanitari della popolazione e così durante l’epidemia Covid-19 hanno potuto rilevare l’efficacia di un farmaco nel ridurre la mortalità nei ricoverati.
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