“In Argentina Milei vuole tornare indietro su tutte le conquiste delle donne”. Da quando è al potere è cresciuta la povertà femminile
Il primo anno del presidente neoliberista ha causato un forte arretramento nel contrasto alle disuguaglianze di genere. E nei suoi quattordici mesi alla Casa Rosada, il governo ha portato avanti una attacco sistematico al movimento femminista: i dati e le voci di chi è impegnato in prima linea L'articolo “In Argentina Milei vuole tornare indietro su tutte le conquiste delle donne”. Da quando è al potere è cresciuta la povertà femminile proviene da Il Fatto Quotidiano.

“Scendiamo in piazza a lottare. Abbiamo un governo che vuole che si torni indietro su tutte le politiche che abbiamo conquistato. Ci sono voluti anni per ottenerle. Vogliamo che le nostre voci continuino a essere ascoltate”. Jimena Aguilar è una lavoratrice comunitaria de La Poderosa, associazione che gestisce mense popolari in tutta l’Argentina. Lavora in una villa miseria nella città di La Rioja nel Nord del Paese: l’8 marzo, Giornata internazionale dei diritti della donna, è tra le persone che partecipano alle manifestazioni organizzate in tutto il Paese. Movimenti femministi e delle donne, lavoratrici dell’economia popolare, la comunità Lgbtq+ e i sindacati scioperano contro lo smantellamento delle politiche di genere, i tagli alla spesa sociale e i discorsi di odio del presidente Javier Milei. Nel Paese di Ni Una Menos, il movimento che ha cambiato l’Argentina e che ha creato lo sciopero dell’8 marzo, le donne e le soggettività non binarie tornano a occupare le strade contro un governo, ostile ai diritti, che ha distrutto decenni di politiche per le donne e le soggettività dissidenti. “Con Milei le condizioni di chi vive nei quartieri popolari non hanno fatto che peggiorare. Sono le donne a farsi avanti, senza di loro non si muoverebbe nulla. Nelle villas miserias sostengono la loro famiglia e si occupano di tutta la comunità”, aggiunge a ilfattoquotidiano.it Jimena Aguilar. “L’8 marzo serve a rendere visibile il nostro lavoro e i nostri corpi. Non siamo disposte a tornare indietro”.
Il primo anno del presidente neoliberista ha causato un forte arretramento nel contrasto alle disuguaglianze di genere. “Il governo ha una postura anti-femminista”, commenta la ricercatrice e sociologa argentina Luci Cavallero. In Argentina “Ni Una Menos ha formato una generazione nella lotta femminista, ha cambiato la sensibilità del nostro popolo, ha prodotto cambiamenti istituzionali e si è diffuso a livello internazionale. Quest’anno scioperiamo contro la fame e contro la ‘crudeltà’ del governo di Milei”. Secondo l’ultimo rapporto elaborato dal Centro de Economia Politica Argentina (CEPA), le misure economiche del governo de La Libertad Avanza e i tagli alla spesa sociale hanno inciso maggiormente sulle donne perché hanno un potere di acquisto inferiore, sono spesso impiegate in lavori informali e assumono la maggiore parte delle responsabilità del lavoro di cura non retribuito. Nel 2024 il loro tasso di attività (52,1%) è risultato inferiore di 18,4 punti percentuali rispetto a quello degli uomini (70,5%). Rispetto al 2023, la disuguaglianza nella disoccupazione si è accentuata arrivando a 1,7 punti percentuali: il tasso di disoccupazione femminile è del 7,9%, mentre lo stesso tasso negli uomini è del 6,2%. Stando all’indagine, si è acuita la “femminilizzazione” della povertà. Il divario nell’informalità lavorativa è aumentato di 3,7 punti percentuali: 38,7% tra le donne e 35% tra gli uomini. L’aumento dell’informalità non solo ha deteriorato le condizioni di lavoro delle donne ma ha inciso direttamente sui loro redditi. Il divario salariale ha raggiunto il 27,7%: significa che in media le donne guadagnano quasi un terzo in meno rispetto ai loro colleghi maschi.
“Manifestiamo per il riconoscimento del lavoro di cura, per l’uguaglianza salariale, per un lavoro che non sia precario. Vogliamo mostrare che siamo molte e che siamo unite contro la politica dell’austerità brutale”, spiega Victoria Berniche di Estamos para nosotres, progetto che si occupa di sostenere le donne che subiscono violenza. Nato durate la pandemia da Covid-19 nella città di Rosario, sostiene chi subisce un abuso non solo da una prospettiva giuridica, ma anche offrendo ascolto e accompagnamento, attraverso una rete che collabora con diverse realtà presenti sul territorio. Ha quindi un’esperienza diretta degli effetti delle politiche di Milei. Nei suoi quattordici mesi alla Casa Rosada, il governo ha portato avanti una attacco sistematico al movimento femminista. Ha fortemente depotenziato i principali programmi destinati a prevenire, sanzionare ed eradicare le violenze di genere. Milei ha chiuso il ministero delle Donne, Genere e Diversità. I fondi destinati alla consulenza legale per le vittime di abuso sessuale sono stati ridotti a zero, quelli per le vittime di tratta sono stati ridotti del 87,7% rispetto all’anno precedente. La linea 144 (il numero gratuito che offre assistenza e supporto alle donne e alle persone della comunità Lgbtq+ che subiscono violenza) ha subito una riduzione del 61%. Il programma “Acompañar”, un sostegno economico che le donne e le soggettività dissidenti percepiscono in contesti di violenza, ha perso il 29,8% del suo potere d’acquisto: è stata ridotta la durata del beneficio (da 6 mesi a 3 mesi) e ora viene richiesta una denuncia alla polizia, in contrasto con tutte le evidenze disponibili in materia di gestione della violenza.
“Abbiamo notato una diminuzione delle richieste di consulenza e di aiuto. Chiaramente questo non significa che il problema si sia risolto. Al contrario. Significa che le persone hanno dubbi sulla possibilità di denunciare“, prosegue Berniche. “Penso anche che le notizie relative alla possibile eliminazione del femminicidio come aggravante nel Codice Penale, o il possibile progetto di legge sulle aggravanti nel caso di una falsa denuncia di genere, siano tutte situazioni che fanno riflettere molto le donne e le persone del collettivo Lgbtq+ prima di denunciare”, aggiunge. “Quello che dobbiamo fare come movimenti femministi è continuare a essere presenti, continuare a supportare e a sostenere queste donne sul territorio, a costruire reti che ci salvano quando lo Stato si defila. E naturalmente, continuare a lottare e fermare questo governo che calpesta sempre di più i nostri diritti”.
Fin dall’inizio della sua amministrazione, Milei ha utilizzato un linguaggio violento nei confronti della identità trans e della comunità Lgbtq+. Si è scagliato contro “l’ideologia woke” definendola “un cancro”, ha più volte usato parole violente contro attrici, cantanti (come Lali Esposito, autrice della canzone “Fanatico” che tra le righe parla proprio del presidente) e personaggi pubblici che lo hanno apertamente criticato. In alcune delle sue apparizioni più recenti, come quella al forum di Davos, ha associato le “versioni più estreme” dell’ideologia di genere all’abuso sui minori. La diffusione di messaggi omofobici, transfobici e lesbofobici ha contribuito a generare ulteriore violenza. Uno degli eventi più agghiaccianti è avvenuto nel maggio del 2024 quando Justo Fernando Barrientos ha attaccato quattro donne lesbiche che vivevano in una pensione a Buenos Aires, lanciando una bomba molotov nella loro stanza e provocando la morte di tre di loro. “Nel primo anno del governo di Milei, la comunità travesti (persone che vivono espressioni di genere diverse, attraverso abiti e comportamenti, rispetto al genere assegnato alla marcia. Ma non necessariamente intraprendono un percorso di transizione ndr) e trans hanno vissuto situazioni complesse e abbiamo visto aumentare le violenze. Hanno perso il lavoro molte persone che avevano ottenuto un’occupazione grazie alla Ley de cupo laboral trans (che prevede l’inserimento di persone trans nel mercato del lavoro attraverso una quota obbligatoria, ndr)”, spiega Virginia Silveira, presidenta di Mocha Celis, organizzazione a Buenos Aires che ha come obiettivo principale il miglioramento delle condizioni di vita delle persone travestite e transgender e la difesa dei loro diritti. Gestisce programmi che riguardano l’educazione, la formazione professionale, offre supporto psicologico e sostiene nell’inserimento nel mercato del lavoro. Il nome dell’organizzazione è stato scelto in onore di Mocha Celis, una travesti di Tucumán, assassinata con colpi di arma da fuoco sparati da un poliziotto in una situazione ancora da chiarire.
“Pensiamo che sia il momento di mostrare a questa destra, che ci sceglie come nemici, che non abbiamo paura. Per molti anni in Argentina ci arrestavano solo perché indossavamo vestiti del sesso opposto. Ci bloccavano nelle stazioni di polizia. Non ci permettevano di cambiare la nostra identità”, aggiunge Silveira . Tra i suoi annunci, Milei ha dichiarato di volere annullare le carte di identità per le persone non binarie. “Non vogliamo che si ripeta e vogliamo mostrare che non abbiamo paura. Non torneremo nei sotterranei. Continuiamo a lavorare per i nostri diritti e per camminare liberamente per strada”.
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