IMU: si paga anche sugli immobili da vendere non affittati
Per la Corte costituzionale l'IMU è dovuta anche sugli immobili destinati alla vendita e non locati perché ne rimane la disponibilità ed il possibile uso.

Anche gli immobili destinati alla vendita e non affittati sono soggetti al pagamento dell’IMU (Imposta Municipale Unica), in quanto rappresentano un valido indice di capacità contributiva.
Con la Sentenza n. 49 depositata il 17 aprile 2025, la Corte Costituzionale ha quindi dichiarato non fondate le questioni di legittimità sollevate in relazione all’articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni nella legge 22 dicembre 2011, n. 214.
Immobili non locati: disponibili e soggetti a IMU
La Corte ha sottolineato che ciò che rileva ai fini del pagamento dell’IMU è la teorica possibilità di utilizzo dell’immobile, indipendentemente dal suo effettivo utilizzo. Questo principio si applica anche agli immobili destinati alla vendita e non affittati, poiché l’imprenditore conserva il controllo dell’immobile e la facoltà di utilizzarlo a propria discrezione.
La sentenza afferma quindi che il possesso dell’immobile costituisce un diritto reale che, sebbene non sempre esercitato concretamente, è sufficiente per giustificare l’obbligo di pagamento dell’IMU.
IMU come imposta sul patrimonio
In linea con questa interpretazione, la Corte ha ribadito che l’IMU è un’imposta sul patrimonio immobiliare, il cui presupposto è il possesso, la proprietà o la titolarità di un diritto reale sull’immobile.
Pertanto, anche nel caso di immobili non affittati seppur destinati alla vendita, l’obbligo di pagare l’IMU resta valido, a meno che non siano inutilizzabili per altri motivi, come stabilito nella sentenza n. 60 del 2024, che ha dichiarato incostituzionale la disciplina dell’IMU per gli immobili che non sono né utilizzabili né disponibili.
Al legislatore l’ultima parola
La Corte ha precisato che spetta al legislatore decidere non solo l’an (se applicare o meno l’imposta) ma anche il quantum (l’importo dell’imposta) e le modalità di determinazione di eventuali agevolazioni fiscali.
Queste decisioni dovranno bilanciare le esigenze finanziarie dello Stato con quelle del contribuente, cercando una conciliazione che non risulti irragionevole o eccessiva.
La Corte ha dunque rimesso al legislatore la responsabilità di definire eventuali benefici fiscali in base alle necessità collettive.