Il rito ammuffito del David di Donatello mentre il cinema italiano boccheggia: c’è un deficit di trasparenza
Ancora una volta, la casta del cinema italiano rimette in scena sé stessa, approfittando di una manifestazione che strumentalizza la benedizione rituale del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella per riaffermare le proprie ragioni ed il proprio potere, ovvero la vocazione conservatrice, l’incapacità di vedere la realtà vera del sistema culturale-economico, e soprattutto l’indisponibilità a mettersi […] L'articolo Il rito ammuffito del David di Donatello mentre il cinema italiano boccheggia: c’è un deficit di trasparenza proviene da Il Fatto Quotidiano.

Ancora una volta, la casta del cinema italiano rimette in scena sé stessa, approfittando di una manifestazione che strumentalizza la benedizione rituale del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella per riaffermare le proprie ragioni ed il proprio potere, ovvero la vocazione conservatrice, l’incapacità di vedere la realtà vera del sistema culturale-economico, e soprattutto l’indisponibilità a mettersi in discussione…
Tra riti polverosi (questa mattina al Quirinale) e operazioni spettacolari mal riuscite (questa sera la diretta di Rai1, dalle 21:40), si celebra il 70° anno del “David di Donatello”, il massimo premio del cinema italico, che rinnova red carpet e lustrini e tacchi a spillo, ma ripropone la solita passerella di sempre, ospitata nel “leggendario” Studio 5 dei teatri (per il resto vuoti) di Cinecittà. Organizzato, a spese del Ministero della Cultura, dall’Accademia del Cinema Italiano, presieduta dalla giornalista Piera Detassis (da 8 anni).
Un’ulteriore autocelebrazione, che vede nella Sottosegretaria leghista Lucia Borgonzoni e nell’Amministratore delegato di Rai Cinema Paolo Dal Brocco (da 15 anni alla guida della società controllata da Rai) i co-registi, assieme alle due donne che guidano Cinecittà, la Presidente Chiara Sbarigia (consigliera della Sottosegretaria ed anche Presidente – senza che nessuno denunci il conflitto di interessi – dell’associazione dei produttori audiovisivi privati Apa) e la Amministratrice delegata Manuela Cacciamani (molto vicina ad Arianna Meloni, capo della segreteria politica di Fratelli d’Italia).
Nel mentre, il settore boccheggia, ma quasi nessuno ha il coraggio di dichiararlo. Prevale una cappa di silenzio, ai limiti dell’omertà, sia da parte delle associazioni imprenditoriali (tutte ufficialmente chete, dall’Anica all’Apa) sia da parte delle associazioni autoriali (Anac, 100autori, Writer Guild Italia…) sia da parte dei sindacati (in primis la Cgil Slc): hanno tutti timore di disturbare “il principe” di turno. Ovvero, nel caso in ispecie, la Sottosegretaria, grande artefice di una riforma della Legge Franceschini del 2016, saggiamente voluta dall’ex Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano (FdI), ma malamente gestita, se è vero che ancora non vede la luce il tanto atteso (e decantato decreto) di correzione di un provvedimento dell’agosto 2024, che ha modificato in modo significativo lo strumento controverso del “Tax Credit”, ma ha di fatto confermato lo stallo del settore.
Uniche voci fuori dal coro sono il gruppo di lavoratori autorganizzati del movimento #Siamoaititolidicoda e le imprese associate in Confartigianato Cinema e Audiovisivo, e qualche rarissimo giornalista – sulle colonne de Il Fatto Quotidiano e di Domani – che ha ancora il coraggio di porre domande irriverenti a chi continua a sostenere che “tutto va ben Madama la Marchesa” (come canticchiava Nunzio Filogamo). Senza ovviamente ricevere risposte, se non una qualche minaccia di querela.
In contemporanea al rito celebrato dalla ed in favore della casta dei privilegiati, oggi dalle ore 15 alle ore 20 #Siamoaititolidicoda ha organizzato un “presidio”, proprio a pochi metri dall’ingresso dei “vips” (sic) in via Tuscolana. Scrivono a chiare lettere: “dal 1° gennaio 2024, il settore è precipitato in una crisi occupazionale profonda e molte maestranze che svolgono questo unico lavoro da tempo non hanno avuto la possibilità di esercitare la propria professione… questa riforma del ‘Tax Credit’ e dei ‘contributi selettivi’ viene presentata solo durante l’estate 2024 e poi impugnata da un gruppo di produttori, che ne ottengono il ricorso al Tar con udienza il 4 marzo 2025 poi rinviata al 27 maggio 2025… ci vorrà tempo prima che il motore si riavvii e possa generare lavoro per tutte le lavoratrici ed i lavoratori del settore”.
Hanno perfettamente ragione, questi lavoratori non irriggimentati nei sindacati tradizionali. Il tanto atteso decreto – anticipato in bozza da Leonardo Bison su il Fatto del 23 marzo 2025 – è stato firmato da Alessandro Giuli (Mic) e da Giancarlo Giorgetti (Mef) il 18 aprile 2025, è stato sì protocollato il 22 aprile, ma circola ancora clandestinamente: forse qualcuno ha pensato che potesse disturbare la “festa” del David?! Si tratta di un decreto che comunque non scardina l’assetto patologico del sistema, ma consolida le posizioni dominanti, ri-sostiene i “big player” e penalizza i produttori indipendenti, non stimola la creatività.
Insomma, anche se “la macchina” si rimetterà in moto nelle prossime settimane, è destinata ad essere guidata nuovamente da un conducente ubriaco, anzi incosciente. Il danaro pubblico viene disperso attraverso un “tax credit” totalmente privo di controlli, a beneficio di un manipolo di imprese (per lo più in mani straniere); la produzione indipendente non viene stimolata adeguatamente; la ricerca e la sperimentazione vengono sostanzialmente ignorate…
Basti ricordare che centinaia e centinaia di milioni di euro vanno a favore di un credito d’imposta per film spesso dai budget gonfiati… e poche briciole (nemmeno una decina di milioni di euro l’anno!) destinati a sostenere le centinaia di festival cinematografici che caratterizzano il panorama culturale dell’intero Paese: distorsioni, squilibri, asimmetrie…
Senza dimenticare che la fruizione di cinema “theatrical” continua a scemare, nonostante le fanfare trionfali della campagna “Cinema Revolution”, tanto cara alla Sottosegretaria quanto misteriosa nella sua gestione (ancora senza risposta un’interrogazione parlamentare a risposta scritta del deputato Gaetano Amato del Movimento Cinque Stelle e nulla si sa ancora di una prospettata indagine della Procura di Roma).
Da ricercatore sociale specializzato sulle politiche culturali e le economie mediali e le dinamiche sociali, prima che da giornalista investigativo, non posso non notare le tante contraddizioni del sistema, ovvero la nebbia che prevale anche rispetto ad atti amministrativi che pure sono ben importanti.
Rispetto al “David di Donatello”, nessuno pare abbia il coraggio di denunciare il deficit di trasparenza nei processi elettorali ovvero nei meccanismi di votazione, ma, ancor più (e prima), nei criteri con i quali vengono cooptati (sic) i circa 1.700 (dicesi millesettecento!) membri della Giuria. Chi osa criticare le metodiche e chiede un minimo di (decente) trasparenza viene considerato un sovversivo.
E poi c’è chi – guardando alle stelle – teorizza simpaticamente un “Ministero per il Cinema, l’Audiovisivo e il Digitale” (Forza Italia) se non almeno una “Agenzia per il Cinema e l’Audiovisivo” (Partito Democratico). Scrivevo il 21 aprile su questo blog: nessuna delle due iniziative propone un incremento dei fondi pubblici a favore del settore, né propone meccanismi tecnocratici e trasparenti nella gestione delle risorse, né auspica processi decisionali improntati al pluralismo ed al coinvolgimento attivo dei rappresentanti del settore (autori, produttori, artisti, tecnici, lavoratori)… L’attuale gravissimo deficit di strumentazione cognitiva resterebbe immutato, consentendo di fatto la riproduzione degli errori del passato: spreco di risorse pubbliche ed ingerenze della politica, deficit di pluralismo espressivo e di democrazia culturale.
Ed il 29 aprile la “valutazione di impatto” della Legge Cinema e Audiovisivo (relativa – ahinoi – all’anno 2023) è stata pubblicata, ancora una volta in sordina, sul sito web della Direzione Cinema e Audiovisivo del Ministero della Cultura (con una curiosa retrodazione all’8 aprile), ma la stessa, pur trasmessa dal Ministro Alessandro Giuli a Camera e Senato tra il 1° ed il 2 aprile, non è ad oggi pubblicata sui siti web delle due Camere. Ancora una volta, un report insipido e all’acqua di rose. Tanto, nessuno lo legge (a Montecitorio e Palazzo Madama) e nessun operatore del settore ne conosce l’esistenza (e ciò basti)…
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