Il metaforico, dissennato, rotolante primissimo film di Bong Joon-ho al Far East Film Festival di Udine

Il cagnetto dove lo metto. Bisogna passare al Far East Film Festival di Udine in questi giorni per recuperare il primissimo film di Bong Joon-ho. Quel Barking dogs never bite (possiamo tradurlo con un Cani che abbaiano non mordono) datato anno 2000, qui in versione restaurata da negativo 35mm originale grazie al lavoro del Korea […] L'articolo Il metaforico, dissennato, rotolante primissimo film di Bong Joon-ho al Far East Film Festival di Udine proviene da Il Fatto Quotidiano.

Apr 30, 2025 - 06:41
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Il metaforico, dissennato, rotolante primissimo film di Bong Joon-ho al Far East Film Festival di Udine

Il cagnetto dove lo metto. Bisogna passare al Far East Film Festival di Udine in questi giorni per recuperare il primissimo film di Bong Joon-ho. Quel Barking dogs never bite (possiamo tradurlo con un Cani che abbaiano non mordono) datato anno 2000, qui in versione restaurata da negativo 35mm originale grazie al lavoro del Korea Film Archive. Altrettanto nobile è la scritta che segue a quella del restauro dove si spiega che nessun animale è stato maltrattato per le riprese di questo film.

Già perché Bong, nel suo film d’esordio, mostra una crudeltà grottesca e beffarda contro tre cagnetti piccini rei di disturbare l’impossibile quiete di Yoon-joo, uno scontento e nevrotico professorucolo (Lee Sung-Jae) che non riesce a far carriera e con la moglie incinta. Le linee spaziali gerarchiche, qui verticali, e le dinamiche classiste che Bong disegnerà ulteriormente nell’oscarizzato successo planetario Parasite (2019), cominciano già qui a vedere la luce grazie a palazzine altissime e imponenti, zeppe di appartamenti cellette, dove appunto il protagonista è subito ossessionato dall’abbaiare canino. Yoon-joo cerca la fonte del fastidio perlustrando gli alti palazzoni con corridoi esterni coperti e lunghissimi e la trova probabilmente in un povero shin-tzu incustodito. L’uomo prova subito a sbarazzarsene provando a lanciarlo già dal tetto, ma desiste; prova infine l’impiccagione nei bui scantinati, ma non riuscendoci lo chiude dentro ad un armadietto della cantina. Quando una bambina piangente affiggerà con l’aiuto di Hyun-nam, la giovane contabile condominiale (Bae Doona), il manifesto con la scomparsa del cane, il protagonista tornerà in cantina ma scoprirà che il custode ci sta pasteggiando con un fumante stufato. Inutile dire che la stessa sorte toccherà ad altri due cagnetti con relativi manifesti, ricerca, crudeltà e crisi di coscienza.

Barking dogs never bite è un metaforico, dissennato, rotolante, folle omaggio di Bong ad un racconto del 1872 che in Corea conoscono e amano anche i sassi – A dog of flanders – e che con il suo solito indisciplinato, sanguinolento, devastante approccio formale richiama l’attenzione sul sadismo e l’orrore subito dai cani, indifesi, ultima ruota del carro, più in basso perfino dei viventi che abitano i sotterranei del palazzo e della città. Nel film comunque non si salva umanamente pressoché nessuno, in un gioco al massacro, in cui appunto, i cani subiscono ogni meschinità possibile. Del resto Bong è autore di un capolavoro animalista come Okja – presentato a Cannes nel 2017, prima ancora del trionfo di Parasite – dove la critica politica e filosofica allo specismo risuona come una bomba nel silenzio generale del cinema sul tema.

Certo, c’è un po’ di affastellamento di sottotrame in scrittura, un commento jazzistico un po’ stiloso, ma lo stile è già così dirompente e accattivante, zeppo di trovate simboliche pop (l’ispirazione è proprio al condominio dove visse Bong e dove sul tetto vide un tizio che stava per gettare un cane nel vuoto), con quella energica impronta nell’osservare i meccanismi classisti delle società moderne, tanto da invitare i friuliani di passaggio e le migliaia di fan del FEFF a guardare e riguardare Bong su grande schermo. La 27esima edizione del Far East Film Festival prosegue pomeriggio e sera fino al 2 maggio con tanto di Gelso d’Oro alla Carriera, massima onorificenza festivaliera, all’immenso Tsui Hark. Il 75enne di Hong Kong, che intraprese la via del wuxia sul finire dei settanta e la innervò di irresistibile fantasy, è ancora oggi in forma smagliante e ancora batte i territori del box office con l’ultimo Legends of the condor heroes: the Gallants. Al FEFF potrete vedere anche il restauro del suo emblematico Shanghai Blues (1984). Tutto il programma di Udine è qui.

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