Il conclave alle porte, il peso dei cardinali del Terzo mondo. Rischio Babele per l’elezione del nuovo Papa

Parolin è un nome forte, ma sugli italiani pesa l’ombra del processo Becciu. I conservatori spingono Erdő, i liberal Tagle. Crescono le quotazioni di Grech

Apr 23, 2025 - 03:13
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Il conclave alle porte, il peso dei cardinali del Terzo mondo. Rischio Babele per l’elezione del nuovo Papa

Città del Vaticano, 23 aprile 2025 –  Fortuna che in Cappella Sistina soffierà lo Spirito Santo. Altrimenti per i 134 cardinali elettori sarebbe stata dura (da soli) tirare fuori dal cilindro il nome del successore di Bergoglio. Mai un conclave è stato così internazionale e variegato come quello che inizierà fra il 5 e il 10 maggio. Con i suoi concistori Bergoglio ha accresciuto di gran lunga il peso del global south – terzo mondo –, facendo passare i porporati provenienti da Africa, Asia e America Latina dal 36,5% del conclave, che lo elesse nel 2013, ad oltre il 50%. Se dodici anni fa, i Paesi rappresentati sotto lo sguardo severo degli affreschi di Michelangelo erano 48, fra due settimane o poco più saliranno a 71. Lingue e culture diverse, Chiese locali con sensibilità e priorità anche agli antipodi... Il rischio di una Babele alle urne è dietro l’angolo.

Cardinali in conclave
(FILES) This handout picture released by the Press office shows cardinals chanting the Latin hymn "Veni Creator Spiritus" ("Come Creator Spirit") in the Sistine Chapel before the start of the conclave at the Vatican on March 12, 2013. Pope Francis died on April 21, 2025 aged 88, a day after making a much hoped-for appearance at Saint Peter's Square on Easter Sunday, the Vatican said in a statement. (Photo by OSSERVATORE ROMANO / AFP) / RESTRICTED TO EDITORIAL USE - MANDATORY CREDIT "AFP PHOTO / OSSERVATORE ROMANO - NO MARKETING NO ADVERTISING CAMPAIGNS - DISTRIBUTED AS A SERVICE TO CLIENTS

Poco importa se dei 134 votanti 108 sono stati creati dal Pontefice che ha posto al centro le periferie del mondo, archiviando l’eurocentrismo. I numeri non assicurano di per sé una chiara continuità riformista. Francesco ha puntato sulle persone non sull’idee, ha creato cardinali dei presuli pastori dal tratto sociale più che dei teologi, ma non per forza ha promosso dei sostenitori delle sue riforme. Anzi. L’esempio più calzante è quello dell’ex prefetto del Dicastero per la dottrina della fede, Gerhard Ludwig Müller, amico del fondatore della Teologia della liberazione, il peruviano Gustavo Gutiérrez, e al contempo oppositore delle svolte su divorziati risposati, donne, e gay. Oggi il presule è annoverato fra i kingmaker di punta, insieme agli americani Timothy Dolan e Raymond Leo Burke, di quel fronte conservatore che, con sfumature e accenti diversi, spinge per mitigare la misericordia e la sinodalità impresse da Francesco. Nelle ultime ore, però, la destra ecclesiale ha perso un alto esponente in Cappella Sistina, lo spagnolo Antonio Canizares, 79 anni: non sarà a Roma per motivi di salute.

Sotto il Cupolone stanno giungendo tutti i porporati, elettori e non, per partecipare alle congregazioni generali. Alla prima riunione ieri erano in una sessantina. Hanno deciso la data dei funerali del Papa e a breve scioglieranno le riserve sul giorno del conclave. Questi vertici sono l’occasione propizia per affinare le strategie e definire i candidati di bandiera dei partiti ecclesiali. Un nome forte per il dopo Francesco è quello di Pietro Parolin, 73 anni, segretario di Stato vaticano. Ha il profilo ideale per un ritorno al papato italiano nel segno di una continuità mitigata con Bergoglio. Caldeggiato dal partito romano, potrebbe accontentare sia i conservatori, sia i progressisti, ma forse più i primi che i secondi visto che i rapporti fra lui e Bergoglio dietro le quinte hanno conosciuto dei saliscendi su Trump, sull’Ucraina. E non solo. Il processo al cardinale Angelo Becciu – che, condannato in I grado, dichiara di non aver perso il diritto di voto in conclave –, a lungo sostituto agli affari generali in Segreteria di Stato, potrebbe a suo modo penalizzare Parolin. Almeno agli occhi di quei prelati sensibili a una caricatura opaca del clero italiano.

Questa rischia di non giovare anche a Matteo Maria Zuppi, 69 anni, presidente della Cei, estroverso e pragmatico, sostenuto dai liberal per il suo approccio aperto su gay, conviventi e divorziati – è più freddo sul diaconato femminile –, così come al 60enne Pierbattista Pizzaballa, patriarca di Gerusalemme, contrario all’ordinazione per le donne e alla stretta sulla messa tridentina. Gli altri nomi in lizza sono di respiro internazionale. Da anni i conservatori lavorano per accreditare l’ungherese Péter Erdő, 72 anni, più sensibile alla dottrina che alla pastorale. mentre Luis Tagle, 67 anni, è il Bergoglio asiatico. In questi giorni è virale su Tik Tok un suo video del 2008 contro il capitalismo. Nelle ultime ore salgono le quotazioni del maltese Mario Grech, classe 1957. Francesco l’ha voluto segretario generale del Sinodo. Il fatto che dal letto d’ospedale abbia firmato di suo pugno la proroga fino al 2028 dell’assise sulla sinodalità è più di un attestato di stima. Grech potrebbe far convogliare su di sé i voti del partito romano e dei progressisti.