I giorni di passione dei mercati, ecco cosa provoca le rapidissime e violente oscillazioni degli indici
Lunedì, in meno di mezz’ora, a Wall Street si sono mossi oltre 6mila miliardi di dollari (tre volte il Pil italiano). L’indice S&P500, il più importante al mondo, si è “spostato” di circa 8 punti percentuali, da – 4% a + 4%. Più un indice è capitalizzato, più “forza” serve per farlo muovere, un po’ […] L'articolo I giorni di passione dei mercati, ecco cosa provoca le rapidissime e violente oscillazioni degli indici proviene da Il Fatto Quotidiano.

Lunedì, in meno di mezz’ora, a Wall Street si sono mossi oltre 6mila miliardi di dollari (tre volte il Pil italiano). L’indice S&P500, il più importante al mondo, si è “spostato” di circa 8 punti percentuali, da – 4% a + 4%. Più un indice è capitalizzato, più “forza” serve per farlo muovere, un po’ come spostare una 500 (tipo la borsa italiana) oppure un tir con rimorchio (la borsa di New York). Significa che sul listino di Manhattan sono arrivati moltissimi ordini di acquisto, dando vita a quello che è stato il movimento più brusco nella storia di Wall Street. Acquisti innescati da una “voce”, poi smentita, secondo cui i dazi Usa sarebbero rimasti sospesi per 90 giorni. Chiarito l’equivoco tutto è tornato come prima in soli 20 minuti.
Sono, in generale, giornate ad altissima volatilità con i listini che oscillano paurosamente. Lunedì la borsa di Hong Kong, altro peso massimo dei mercati finanziari, è crollata del 13%, quella di Taipei di quasi il 10%, il peggior calo della sua storia. Per quel poco che vale, i commentatori amano citare il cosiddetto Vix, soprannominato, in modo suggestivo, “indice della paura”. È un indicatore che misura appunto la volatilità, ovvero la violenza e la rapidità delle variazioni dei listini, e che, tra il 3 e il 7 aprile, è raddoppiato, avvicinandosi a valori che non si vedevano dai giorni dell’inizio della pandemia.
Comprare un’azione è, fondamentalmente, una scommessa sul futuro: in sostanza si tratta di un diritto sui guadagni che farà un’azienda. Quando all’orizzonte compaiono nubi, le prospettive si fanno meno rosee. L’annuncio dei dazi con un probabile effetto di freno all’economia è stato come trovarsi di fronte un uragano. Ai mercati viene attribuita, spesso a torto, una certa intrinseca saggezza. Il prezzo delle azioni incorpora le informazioni disponibili.
Questo è il motivo per cui i titoli si muovono soprattutto quando dati e notizie sono diversi da quelli attesi, come tali già “prezzati”. Trump ha annunciato misure più dure di quelle previste e ciò ha spiazzato i mercati, speranzosi fino all’ultimo che dalle minacce non si sarebbe passati ai fatti. Le prospettive di una recessione (e quindi meno guadagni in futuro per le società quotate e i loro azionisti) ha comportato un’ondata di vendite, fino a che i prezzi delle azioni non si sono posizionati su valori compatibili con il nuovo scenario. Il fatto che la Cina abbia risposto con decisione e reciprocità e che anche l’Europa sembri orientata a seguire un approccio piuttosto combattivo, hanno peggiorato la situazione.
Spesso gli investitori subiscono l’effetto gregge. Quando tanti si accalcano per uscire, la fuga diventa generalizzata anche se non si sa bene perché si scappi o se convenga davvero farlo. È un’altra circostanza che amplifica i movimenti sui listini in un movimento che si autoalimenta e rinforza. Non si dimentichi poi che, ormai da anni, gli scambi azionari sono cambiati, affidati per oltre il 70% ad algoritmi automatizzati. Per quanto in teoria “freddi calcolatori”, questi programmi sembrano particolarmente vulnerabili all’effetto gregge.
Forti movimenti, sia al rialzo che al ribasso, sono comunque una festa per investitori esperti delle sale operative. Con i listini in discesa si possono fare tanti soldi quanto quelli garantiti da indici in rialzo, servono solo strategie un poco più complesse come le vendite allo scoperto, difficilmente accessibili ai normali risparmiatori. In sostanza si vendono titoli anche senza possederli ma facendoseli prestare. Quando arriva il momento di saldare, e se nel frattempo il valore delle azioni è sceso, comprarle sul mercato costa meno e la differenza è tutto guadagno. Siamo nel più classico gioco speculativo che, a sua volta, ha l’effetto di esasperare i movimenti degli indici. Queste operazioni possono avere anche durate significative, di giorni o mesi, ma, con l’avvento delle nuove tecnologie, questo avviene ormai nel giro di secondi o frazioni.
Esistono pure algoritmi che sono in grado di “fiutare” i grossi ordini. Vendite o acquisti di azioni per importi significativi non avvengono in un’unica soluzione ma spezzettate in più ordini, seppur estremamente ravvicinatissimi. Quando l’algoritmo si accorge che la grossa vendita (o l’acquisto) sta iniziando, si accoda per approfittare del movimento nel valore del titolo che provoca una maxi operazione. Venendo prima che il valore scenda o acquistando prima che salga. Tutto si gioca sui millisecondi. Ecco perché 30 minuti, che per noi sembrano un tempo incredibilmente breve per perdere o guadagnare 6mila miliardi di dollari, sono in realtà un tempo quasi biblico sui mercati finanziari moderni.
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