Giorno di lotta, non di festa: dobbiamo recuperare il vero significato dell’8 marzo
Meno 20% su un’ampia gamma di profumi. Un ingresso omaggio per un trattamento rilassante. Spedizione gratuita su tutti gli ordini che includono un paio di scarpe. Non è il Black Friday: è la Giornata Internazionale della Donna, o quel che ne resta oggi, nonostante sia una ricorrenza riconosciuta dall’Onu nel 1975 e celebrata in tutto […] The post Giorno di lotta, non di festa: dobbiamo recuperare il vero significato dell’8 marzo appeared first on The Wom.


Meno 20% su un’ampia gamma di profumi. Un ingresso omaggio per un trattamento rilassante. Spedizione gratuita su tutti gli ordini che includono un paio di scarpe. Non è il Black Friday: è la Giornata Internazionale della Donna, o quel che ne resta oggi, nonostante sia una ricorrenza riconosciuta dall’Onu nel 1975 e celebrata in tutto il mondo.
Oggi tendiamo a vivere questa giornata come la “Festa della donna”, un’occasione per gli uomini per omaggiare le donne presenti nelle loro vite e per le donne stesse di celebrarsi in quanto donne, ma le sue origini sono ben diverse, e non hanno nulla a che fare con l’incendio della fabbrica di camicie Triangle a New York (che si verificò il 25 marzo 1911 e non l’8), che spesso si cita come origine della ricorrenza.
Le vere origini della Giornata Internazionale della donna
L’idea di dedicare una giornata del calendario alle donne nacque invece in Russia oltre un secolo fa, quando l’8 marzo del 1917 un gruppo di donne socialiste organizzò una manifestazione per chiedere la fine del conflitto mondiale. Dopo la Rivoluzione, la ricorrenza si trasformò nella “Giornata dell’Operaia”, finché nel 1975 non fu adottata anche dalle Nazioni Unite tra le iniziative del “Decennio delle donne”. Quell’anno infatti alcune politiche sovietiche ebbero l’idea di creare una grande conferenza internazionale, da tenere ogni cinque anni fino al 1985, per discutere dei problemi che affliggevano le donne in tutto il mondo.
La “Giornata della donna” fu portata in Italia dall’UDI, l’Unione Donne Italiane nata con la Resistenza, e si celebrò per la prima volta nel 1946 con una dimostrazione di piazza.
Si scelse come simbolo la mimosa, un fiore giallo, di scarso valore e facilmente reperibile che poteva essere alla portata di tutte
Nel 1972, il nascente movimento delle donne scelse proprio l’8 marzo per organizzare la prima grande manifestazione del femminismo italiano, a Campo de’ Fiori a Roma, che fu duramente repressa dalla polizia. Nel corso degli anni però la Giornata ha perso i connotati di un momento di rivendicazione politica e si è progressivamente trasformata in una festa sempre più commerciale, soprattutto in Italia, che richiede auguri e regali da parte degli uomini o festeggiamenti tra donne.
La commercializzazione dell’8 marzo
Nonostante gli sforzi del movimento femminista di ridare a questo giorno il suo significato originario, come fa da anni la rete Non Una Di Meno organizzando uno sciopero dal lavoro produttivo e riproduttivo, sembra un’impresa sempre più difficile. Negli ultimi tempi infatti alla normale mercificazione si è unito anche il pinkwashing, che tenta di tenere insieme marketing e ammiccamenti agli ideali dell’empowerment e della libertà femminile.
L’8 marzo diventa così una giornata per approfittare di sconti e promozioni per “celebrare la forza delle donne”, con messaggi rivolti non più tanto agli uomini che non devono scordarsi di portare una mimosa alla moglie, ma alle donne stesse, cui viene ricordato costantemente quanto sono libere e resilienti
Ma se il destinatario del messaggio è cambiato, l’obiettivo è sempre lo stesso: che sia una scatola di cioccolatini per la propria partner o una borsetta per sé stesse, l’importante è che qualcuno compri qualcosa, anche l’8 marzo.
Se inquadrare l’8 marzo come una “festa” era un problema già in passato, negli ultimi anni questa associazione sembra ancora più stridente. Il recente Rendiconto di genere dell’Inps ci restituisce l’immagine di un’Italia attraversata da profonde disuguaglianze, dove le donne lavorano e guadagnano meno degli uomini e in generale hanno meno possibilità di realizzare i propri desideri e progetti di vita.
E l’assemblea delle donne delle Nazioni Unite proprio in occasione della Giornata della donna ha lanciato un grido d’allarme, dal momento che nell’ultimo anno un Paese su quattro è indietreggiato sul fronte dei diritti delle donne
Già diffondere consapevolezza su cosa significa davvero questa data sarebbe un passo avanti. Al collega che ci fa gli auguri, rispondiamo che ci auguriamo piuttosto di vivere in un Paese in cui guadagniamo quanto lui. Al fidanzato che ci regala un mazzo di mimose, ricordiamo che quel fiore ha un preciso valore politico. Alla nonna che ci invia un buongiornissimo su WhatsApp con in sottofondo “Quello che le donne non dicono” di Fiorella Mannoia, diciamo grazie per aver resistito in un’epoca in cui era difficilissimo essere una donna. E i soldi risparmiati non approfittando degli sconti “per tutte le donne” doniamoli a un centro antiviolenza.
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