Femminicidio Matteuzzi, i giudici: “Delitto crudo e terribile. Padovani la considerava di sua proprietà”
La vittima – che aveva denunciato l’uomo per stalking – venne uccisa a calci, pugni, martellate e infine colpita con una panchina sotto casa L'articolo Femminicidio Matteuzzi, i giudici: “Delitto crudo e terribile. Padovani la considerava di sua proprietà” proviene da Il Fatto Quotidiano.

Uno stalker da manuale che si è trasformato un assassino perché considerava l’ex fidanzata “un oggetto di sua proprietà”. Un uomo “sano si mente” autore di un “delitto crudo e terribile ” di cui non si è mai pentito. Così i giudici Corte d’Assise d’appello di Bologna motivano la conferma dell’ergastolo per Giovanni Padovani, l’ex calciatore e modello 28enne che massacrò l’ex fidanzata Alessandra Matteuzzi, uccisa a Bologna il 23 agosto 2022. La vittima – che aveva denunciato l’uomo per stalking – venne uccisa a calci, pugni, martellate e infine colpita con una panchina sotto casa. “L’imputato ha considerato la vittima come un oggetto di proprietà, non come una persona a cui riconoscere il diritto di esprimere una scelta di libertà o di dissenso, l’azione omicida è espressione di un intento ritorsivo dell’imputato verso l’insubordinazione della vittima, è una punizione per essere stato lasciato, per i presunti tradimenti da lui ossessivamente contestati alla vittima- scrivono i giudici -. La reazione spropositata alla situazione in cui si trovava dimostra una altissima capacità a delinquere posto che uno stato di prostrazione è sfociato nel delitto crudo e terribile di cui si tratta”.
Sano di mente – I periti psichiatrici nominati dalla Corte in primo grado avevano concluso che Giovanni Padovani non solo è nel pieno della capacità di intendere e volere, “ma ha anche simulato, con alta probabilità, nel corso dei test a lui sottoposti, le risposte, al fine specifico di indurre a credere nella sua instabilità mentali”. In questo quadro, secondo i giudici di appello “tenuto conto del fatto che la conformazione del cervello non appare avere alcuna influenza sulla capacità psichica di un soggetto”, appare “ultronea e inutile qualunque ulteriore indagine clinica”. La Corte di assise di appello ha motivato in questo modo il diniego alla richiesta della difesa (avvocato Gabriele Bordoni) di far svolgere ulteriori esami specifici, come una risonanza magnetica.
La difesa di Giovanni Padovani aveva negato l’aggravante dello stalking basandosi sul fatto che in alcune occasioni l’imputato “aveva dimostrato di essere smarrito, disperato, incredulo di fronte ai comportamenti alterni della Matteuzzi”, ma per i magistrati “tali deboli elementi, collocati nel quadro d’insieme e nella sequenza di condotte tipicamente ossessive e persecutorie poste in essere dal Padovani, scolorano diventando semplici momenti di sfogo, del tutto insufficienti per elidere la tipica, quasi da manuale, condotta di atti persecutori progressivamente più invasiva messa in atto, in modo consapevole da parte del Padovani, al quale la sua vittima aveva varie volte comunicato il suo stato di prostrazione”.
Condotta abietta – Ma non solo l’imputato “il quale come già ampiamente dimostrato non aveva alcuna peculiarità psichica in grado di offuscare la sua capacità di intendere e volere determinati fatti piuttosto che altri, aveva piena coscienza del contesto in cui si muoveva”. Per i giudici, quindi, Padovani era consapevole di essersi andato ad aspettare Alessandra Matteuzzi “sotto casa armato di un martello che nascondeva in una siepe, e non poteva ignorare che ammazzare la persona a cui era legato da ossessione amorosa patologica da tempo, perché lei voleva lasciarlo, era condotta del tutto abietta, ingiustificabile, proprio perché era sano di mente”. E perché, secondo la Corte, Padovani “viveva in un contesto sociale del tutto lineare e privilegiato, in cui era pienamente integrato e in cui svolgeva un ruolo invidiabile e gratificante, essendo un calciatore, con una carriera e una vita piena di future soddisfazioni, a cui non era mancato nulla, avendo anzi avuto molti doni dalla vita, a prescindere da normalissimi possibili incomprensioni – comuni alla generalità delle persone – con il padre”.
Nessun pentimento – L’uomo inoltre non si è mai pentito. “Si reputa che non vi sia stato un reale pentimento in capo all’imputato, ovviamente non nel corso della sua ideazione del crimine, in cui il progredire di un odio crescente contro la vittima non ha avuto flessioni, ma neppure dopo il gesto efferato commesso contro di lei”. I giudici, infatti, ricordano che dopo aver colpito a morte Alessandra con martellate e ‘panchinate’, Padovani si è avvicinato alla donna, “fingendo un briciolo di cura nei confronti del corpo martoriato, per accanirsi con un ultimo violento calcio al volto della vittima e parole di disprezzo; nessun pentimento – sottolinea infine la Corte – Padovani ha mai manifestato nel corso della permanenza in carcere e durante l’evolversi del processo”.
La parte civile – “La Corte d’Assise d’Appello ribadisce che la valutazione psichiatrica di Giovanni Padovani, non lascia dubbi sul fatto che l’imputato non soffriva di alcuna condizione psicopatologica al momento del brutale omicidio: gli accertamenti effettuati hanno dimostrato una tendenza dello stesso a simulare sintomi psicopatologici e neurocognitivi” dicono gli avvocati di parte civile Antonio Petroncini e Chiara Rinaldi, difensori dei familiari di Alessandra Matteuzzi. “La perizia ha escluso la presenza di disturbi di personalità gravi o di altre patologie psichiatriche – sottolineano gli avvocati – che potessero influire sulla sua capacità di intendere e di volere, ed in tal senso, anche, le parole della Corte d’Appello di Bologna sono cristalline (solo per citarne un esempio la perizia d’ufficio segnala che Padovani si è dimostrato un bravo manipolatore la perizia d’ufficio ha di fatto smascherato la diagnosi di disturbo psichiatrico grave in capo al Padovani…”). Per i due legali “Padovani, continuando a sostenere la tesi della propria incapacità, si rifiuta di assumere la piena responsabilità per quello che ha fatto e continua a non mostrare alcun segno di pentimento per l’atrocità commessa, ostinandosi, in maniera pervicace, a sostenere di non aver alcuna colpa. Conforta sapere che è solo lui a sostenere la propria incapacità e che le sentenze lo smentiscono categoricamente“.
La difesa – “La decisione, molto sintetica, risponde in maniera apodittica al tema legato alle condizioni di Padovani al momento del fatto, non dimostrando alcun interesse ad approfondirlo e nemmeno considerandolo in chiave circostanziale – ha detto l’avvocato Gabriele Bordoni, legale di Padovani- Di conseguenza, anche sulle aggravanti risponde negativamente a tutti i quesiti posti con l’appello, esprimendo peraltro logiche e valutazioni diverse rispetto a quelle della sentenza di primo grado. La sottoporrò quindi doverosamente al Giudice di legittimità – ha sottolineato Bordoni – per le affermazioni in diritto che contiene e che meritano di certo un definitivo vaglio interno, anche per la successiva eventuale ottica sovranazionale”.
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