Father Stu: dal ring al confessionale il passo è breve per Mark Wahlberg – Recensione
Stuart Long è un pugile dilettante con una difficile situazione familiare alle spalle: suo fratello è morto e non vede suo padre Bill da lungo tempo. La madre inoltre lo spinge ad abbandonare il ring una volta per tutte affinché si cerchi un lavoro serio e sicuro. Il protagonista si trasferisce così in California, nella […]


Stuart Long è un pugile dilettante con una difficile situazione familiare alle spalle: suo fratello è morto e non vede suo padre Bill da lungo tempo. La madre inoltre lo spinge ad abbandonare il ring una volta per tutte affinché si cerchi un lavoro serio e sicuro. Il protagonista si trasferisce così in California, nella speranza di inseguire un’improbabile e tardiva carriera da attore, ma deve accontentarsi di un impiego in un negozio di alimentari.
In Father Stu, in onda stasera su Rai2 in prima visione, Stuart fa dentro e fuori di prigione per via dei suoi problemi con l’alcool, almeno fino a quando non conosce Carmen, che frequenta la parrocchia locale. Per lui è un colpo di fulmine e pur di conquistarla decide di iniziare a frequentare la chiesa, ignaro del destino che lo attenderà una volta aperto il suo cuore a quel Dio che aveva sempre ignorato.
Father Stu, recensione: porgi l’altra guancia
Alla base vi è una drammatica storia vera ed è proprio nella sua attinenza con quanto effettivamente accaduto che il film trova una sua forza, per quanto la sceneggiatura rischi spesso di cadere in soluzioni fin troppo scontate e retoriche. Dopo una prima parte moderata e relativamente equilibrata, sia a livello di ritmo che di eventi, prende infatti il sopravvento un enfatizzato patetismo, che asseconda il diktat narrativo seguendo la scia dei tanti, cosiddetti, christian-movie che vengono realizzati Oltreoceano.
Solitamente produzioni di nicchia rivolte ad un pubblico ristretto, ma non in questo caso visto che il cast vanta due pezzi da novanta del calibro di Mark Wahlberg e Mel Gibson, recentemente riunitisi per l’ultimo lavoro da regista del secondo, il thriller ad alta quota Flight Risk (2025), di prossima uscita nelle sale italiane.
Fino all’ultimo respiro
In Father Stu danno vita ad un contrastato rapporto padre-figlio relativamente tagliato con l’accetta, da quella ruvidità iniziale ad un progressivo smussamento che ha luogo prima con la rocambolesca conversione del protagonista e in seguito con quell’evento tragico che ricambia totalmente l’ottica del racconto e che tinge la mezzora finale di lacrime dolci-amare, con tanto di filmati di repertorio del reale Stuart Long.
Una figura al quale Wahlberg si è approcciato con tutto se stesso, non soltanto contribuendo attivamente in fase produttiva ma anche ingrassando ben 14 kg per interpretare le ultime fasi della vita di questo prete improvvisato, boxeur redento che ha trovato nella fede la forza di riscattarsi salvo dover comunque fare i conti con un destino più crudele di quanto potesse aspettarsi.
Conclusioni finali
La vera storia di Stuart Long, pugile dilettante con una carriera mai decollata che ha trovato un’inaspettata vocazione diventando sacerdote, rivive in un bio-pic che si appesantisce eccessivamente di retorica nella seconda metà, quando il dramma reale viene prepotentemente espresso su schermo.
Mark Wahlberg ci mette anima e corpo – letteralmente – con Mel Gibson quale alcolizzato genitore, in un film pensato principalmente per un determinato target, uscito non a caso negli devoti Stati Uniti durante la Settimana Santa. Father Stu ha qualche buono spunto, soprattutto a livello attoriale, ma resta una produzione alquanto convenzionale, che non offre grosse sorprese di sorta nel raccontare il percorso di caduta, riscatto ed estrema redenzione a venire.