Europa: programma di FdI e Manifesto di Ventotene a confronto

Qual è l'idea di Fratelli d'Italia sul futuro dell'Europa. Un approfondimento di Stefano Feltri su Appunti dopo le polemiche sul Manifesto di Ventotene.

Mar 23, 2025 - 09:46
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Europa: programma di FdI e Manifesto di Ventotene a confronto

Qual è l’idea di Fratelli d’Italia sul futuro dell’Europa. Un approfondimento di Stefano Feltri su Appunti dopo le polemiche sul Manifesto di Ventotene

Si trovano i video su Youtube: dieci anni fa Giorgia Meloni spiegava all’agenzia Vista, che la intervistava, tutte le ragioni per le quali l’euro andava abbandonato. C’erano perfino dei piani precisi che Fratelli d’Italia e i suoi alleati europei volevano sottoporre alla Commissione europea per uno scioglimento controllato della moneta unica.

Anni dopo Meloni ha negato di aver sostenuto quelle cose, ma nell’età digitale è difficile che la memoria svanisca dagli archivi del web.

Se poi prendiamo il programma di Fratelli d’Italia per le elezioni europee del 2024, quando Meloni era già al governo da quasi due anni, si legge che il partito della premier è a favore di un’Europa “confederale”, cioè composta di governi ma priva di una dimensione istituzionale davvero autonoma e sovranazionale, e che la priorità per la destra di cui Meloni è leader è “fare meno, fare meglio”.

Insomma, lo stupore e l’indignazione che da due giorni circondano l’attacco di Giorgia Meloni al Manifesto di Ventotene in aula dimostrano che forse in pochi hanno letto quel testo di Eugenio Colorni, Ernesto Rossi e Altiero Spinelli, ma ancora meno hanno letto i programmi di Fratelli d’Italia

Il Manifesto è la base di un’idea federalista di Europa, cioè di una progressiva cessione di sovranità da livello nazionale a quello europeo. Riguardo ai temi di questi giorni, cioé difesa e riarmo, si legge per esempio che:

“I poteri di cui l’autorità federale deve disporre sono quelli che garantiscono la fine definitiva delle politiche nazionali esclusiviste. Però la federazione deve avere l’esclusivo diritto di reclutare e di impiegare le forze armate (le quali dovrebbero avere anche il compito di tutela dell’ordine pubblico interno) e di condurre la politica estera”.

Giorgia Meloni non è distante dalle idee del Manifesto di Ventotene per le sue parti più datate che ha citato in aula, ma anche per quelle che continuano a essere considerate da molti europeisti l’orizzonte verso cui tendere.

Cioè l’idea che per avere una Europa forte, serva un’Unione europea con più, e non meno, competenze esclusive, anche e soprattutto sui temi dai quali dipende la nostra sicurezza.

Con una certa coerenza con il suo percorso politico sui temi europei, anche se in contrasto con il profilo di leader affidabile che ha cercato di costruire da palazzo Chigi, Giorgia Meloni difende anche la regola delle decisioni all’unanimità nel Consiglio europeo, cioè il potere di veto di ogni singolo Stato sulle decisioni comuni.

Addirittura, in un dibattito al Senato di qualche tempo fa, ha risposto a un intervento di Mario Monti sostenendo che anche i Paesi nuovi entranti nell’Unione dopo il prossimo allargamento dovrebbero avere diritto di veto, per non essere discriminati rispetto ai vecchi Stati membri che per tanto tempo ne hanno goduto.

Un’Unione europea più larga, con dentro Ucraina, Georgia, Moldavia, e governata con l’unanimità sarebbe “grande da morire”, per citare il titolo del libro appena pubblicato per il Mulino dall’ex eurodeputata Sylvie Goulard. Cioè sarebbe un’Europa incapace di funzionare, altro che Europa federale, e dunque costretta a lasciare sempre più competenze ai governi nazionali.

E questo è quanto Giorgia Meloni auspica, non segretamente, ma lo mette perfino per iscritto nei programmi di Fratelli d’Italia.

La scelta di deridere il Manifesto di Ventotene ha però due spiegazioni contingenti. La prima è che nel giorno della manifestazione in piazza del Popolo di sabato 15 marzo il quotidiano la Repubblica distribuiva copie del Manifesto, che è stato citato fin dal primo intervento sul palco da Renata Colorni, figlia di uno degli autori.

Con un qualche fondamento, Meloni ha concluso che quella fosse una piazza ostile alla sua idea di Europa e alla sua idea di posizionamento dell’Italia, cioè non schierata con l’Europa ma in mezzo tra Bruxelles e Washington, a presidio di un Occidente unitario che però Donald Trump sta frantumando con le sue scelte di politica estera e commerciale.

La seconda ragione dell’attacco di Meloni è che quel Manifesto, come del resto la Costituzione italiana, è espressione di un incrocio di culture socialiste e liberali nelle quali la destra italiana non si può riconoscere, perché invece è erede di un’esperienza post-fascista che era – e si considerava – esclusa dall’arco costituzionale, in quanto antitetica rispetto alla Resistenza e ai suoi valori.

Insomma, Meloni con il Manifesto di Ventotene non c’entra nulla, è all’opposizione di quell’idea di Europa.

La cosa singolare da notare, semmai, è che per diventare presidente del Consiglio ed estendere il consenso di Fratelli d’Italia Meloni abbia dovuto rivedere molte delle sue posizioni ma non quelle sull’Europa confederale, sull’Unione da paralizzare invece che da rendere più efficace ed efficiente.

La colpa, insomma, non è sua, ma degli elettori che sono così indifferenti alla visione europea dei loro leader.

Per una curiosa coincidenza, però, proprio nella sera dell’attacco di Meloni al Manifesto di Ventotene, la Rai ha trasmesso uno spettacolo di Roberto Benigni che quel Manifesto celebrava e sintetizzava in un modo che ne enfatizza la dimensione inevitabilmente condivisa, e rende assai difficile giustificare la presa di distanza.

C’è un aspetto di contraddizione interna nelle idee della destra sull’Europa. L’idea confederale che propone Fratelli d’Italia prevede in realtà che l’Unione si concentri proprio sulle materie oggi oggetto di discussione, cioè politica estera e difesa.

Leggiamo ancora il programma per le ultime elezioni europee di Giorgia Meloni:

“Siamo convinti che l’Unione Europea debba occuparsi delle grandi questioni del nostro tempo: la politica estera, la difesa, la sicurezza dei confini esterni, la regolamentazione del fenomeno migratorio, il mercato unico e l’energia, lasciando le politiche nazionali alle competenze dei singoli Stati”.

In un altro passaggio, c’è l’invito a rafforzare una politica di difesa comune, soprattutto per quanto riguarda la politica industriale:

“Costruire una politica industriale comune nel settore della difesa, aumentando la collaborazione in una logica di sovranità europea, potenziando la base industriale sia in termini di produzione che di ricerca e sviluppo, e consolidare un’industria della difesa tecnologicamente avanzata, libera da dipendenze esterne ma integrata con la NATO”.

Non solo, si legge anche che Fratelli d’Italia chiede che le spese per la difesa vengano scorporate dal deficit che è rilevante per misurare il rispetto dei parametri del Patto di stabilità e crescita:

“Escludere dal computo di deficit e debito le spese per investimento collegate alla transizione verde e digitale, nonché quelle per la difesa”

In pratica, nel programma di Fratelli d’Italia e di Giorgia Meloni – che era pure candidata in prima persona – per le europee 2024 c’erano i due pilastri del piano Rearm Europe: una politica industriale nel settore della difesa a livello comunitario e la possibilità per gli Stati di fare deficit per le spese militari senza trovarsi sanzionati dalla Commissione, che ha concesso quella si chiama “clausola di fuga”, cioè una deroga per la situazione di emergenza.

Emerge così il paradosso di questa situazione. Giorgia Meloni attacca un testo sacro per l’opposizione europeista nell’ambito di una polemica intorno al piano Rearm Europe al quale però la destra confederata ed euroscettica è a favore, mentre la linea ufficiale di Elly Schlein e del Partito democratico che si commuove al ricordo di Spinelli, Colorni e Rossi è di forte critica e opposizione al piano e in particolare al deficit per favorire le spese degli Stati membri.

La buona notizia è che finalmente di Europa si discute, la cattiva è che il dibattito è assurdo.

Lorenzo Castellani è un politologo dell’Università Luiss che ben conosce il pensiero conservatore. Perché Giorgia Meloni ha sollevato questa polemica sul Manifesto di Ventotene? Che obiettivo aveva?

Penso che Meloni, oggi, sia sufficientemente forte sul piano politico interno per provare, da un lato, a colpire l’opposizione (che si richiama al Manifesto di Ventotene), mostrando di continuare a sfidare una certa visione dell’integrazione europea.

Dall’altro lato, credo si tratti anche di un diversivo, dato che Meloni è pressata da varie questioni economiche internazionali – dai dazi di Trump alle difficoltà sul riarmo, fino al rallentamento dell’economia – e, con questo espediente, spinge l’opposizione a discutere di un tema che distoglie il dibattito dalle questioni concrete. In questo modo ottiene due effetti: da un lato distrae l’opposizione, dall’altro riesce a ravvivare l’entusiasmo dei suoi sostenitori più convinti nel centrodestra, i quali credono in un’idea d’Europa priva di una matrice socialista.

Per quanto riguarda le proposte del centrodestra sull’Europa, fino a oggi sono state prevalentemente reattive, ossia tendenti a rifiutare un’ulteriore integrazione politica dopo quella economica.

Dal pensiero del gruppo dei Conservatori (a cui aderisce anche Fratelli d’Italia) emerge l’idea di un’Europa che faccia di meno sul piano politico, concepita in forma confederale, basata sulle negoziazioni tra Stati nazionali e unita principalmente da un mercato unico interno condiviso.

Tutto il resto – dalla giustizia europea (spesso oggetto di polemiche) fino ai programmi di ulteriore integrazione politica che prevedono il superamento dell’unanimità – viene considerato con insofferenza o respinto.

Secondo Fratelli d’Italia e i conservatori, infatti, l’Europa dovrebbe fondarsi sulle singole nazioni e sulle loro reciproche trattative, all’interno di uno spazio economico comune.

Ma quali sono le idee di Europa nel centrodestra e dentro Fratelli d’Italia?

Fino ad oggi sono state idee probabilmente reattive, cioè di rifiuto dell’integrazione politica dopo l’integrazione economica.

Quella che emerge dal pensiero del gruppo a cui aderisce Fratelli d’Italia, il gruppo dei Conservatori, è un’idea d’Europa che faccia di meno dal punto di vista politico, un’Europa concepita in maniera confederale, fondata sulle negoziazioni degli Stati nazionali e che resti unita solamente attraverso un mercato unico interno condiviso.

Tutto il resto è qualcosa che viene vissuto con insofferenza o che anche deve essere rigettato, allentato, basti pensare alla giustizia europea con cui spesso c’è stata polemica, a programmi di integrazione politica ulteriori fondati sul superamento della regola dell’unanimità.

Sono tutti elementi che i Fratelli d’Italia e i Conservatori non reputano positivi per l’Europa che è un’Europa fondata sulle nazioni e sulle negoziazioni tra di esse in uno spazio economico comune.