Emanuela Orlandi, il nuovo appello del fratello Pietro a Papa Francesco: “Scriva ciò che tutti noi aspettiamo, lo faccia per mia madre che non è eterna”

Una richiesta accorata che arriva a una settimana dal precedente appello al Pontefice, ricoverato al Gemelli L'articolo Emanuela Orlandi, il nuovo appello del fratello Pietro a Papa Francesco: “Scriva ciò che tutti noi aspettiamo, lo faccia per mia madre che non è eterna” proviene da Il Fatto Quotidiano.

Mar 10, 2025 - 19:56
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Emanuela Orlandi, il nuovo appello del fratello Pietro a Papa Francesco: “Scriva ciò che tutti noi aspettiamo, lo faccia per mia madre che non è eterna”

Un appello al Papa a dire la verità su quanto è accaduto a Emanuela Orlandi: Pietro Orlandi lo ha lanciato sui profili social, considerate le condizioni critiche ma stabili di Papa Francesco, ricoverato al Gemelli di Roma per una polmonite bilaterale.

Gli appelli
“Papa Francesco oggi ha scritto il testo dell’Angelus. Se ha la forza di scrivere, spero trovi quella di scrivere un altro testo, quello che noi tutti aspettiamo. Almeno lo faccia per mia madre cha ha qualche anno in più di lui e non può aspettare in eterno, perché nessuno è eterno”: questo l’appello di ieri del fratello della cittadina vaticana scomparsa il 22 giugno del 1983 a Roma, che alcuni attivisti che seguono la vicenda hanno iniziato a condividere in segno di solidarietà. Una richiesta accorata che arriva a una settimana dal precedente in cui Pietro Orlandi scriveva: “Oggi Papa Francesco ha scritto il testo dell’Angelus ed è andato anche a Messa. Io gli auguro di guarire quanto prima, nonostante la gravità del quadro clinico ma se così non fosse spero possa trovare anche la forza di scrivere una lettera, se non a me a mia madre, con quella verità che tutti aspettiamo. Un gesto che farebbe la storia del suo pontificato, differenziandosi da chi lo ha preceduto”.

“Emanuela sta in cielo”
Perché Pietro Orlandi crede che Papa Francesco sappia cosa è accaduto a sua sorella? Che il Vaticano abbia non solo delle notizie ma una responsabilità diretta nell’oscuro mistero, è emerso con una certa evidenza attraverso elementi venuti fuori negli anni. A partire da quella prima telefonata dei presunti rapitori alla segreteria di Stato del Vaticano, la stessa sera della scomparsa, prima ancora che i familiari di Emanuela potessero rendersi conto che la ragazza non sarebbe rientrata a casa quella sera: erano appena le otto. Quel giorno, Papa Giovanni Paolo II era in Polonia per sostenere Solidarnosc e rientrò con una certa urgenza in Vaticano da cui, pochi giorni dopo, lanciò un appello per Emanuela durante l’Angelus. Da allora il Vaticano ha sempre mantenuto un forte veto sulla vicenda. Durante il pontificato di Ratzinger, il suo segretario particolare Monsignor Georg ordinò delle indagini sulla vicenda della ragazzina scomparsa. Queste investigazioni confluirono in un rapporto, redatto nel 2012 e mai diffuso dal Vaticano. E infine, a Papa Francesco, la madre di Emanuela insieme a Pietro ha chiesto più volte un incontro che il Papa ha negato perché “Ha troppi occhi puntati addosso”: queste le parole che sarebbero state riferite agli Orlandi circa la motivazione del diniego. Quando venne eletto Papa Francesco, Pietro e sua madre lo incontrarono nella chiesa di Sant’Anna, all’interno del Vaticano e lui disse loro, ben due volte la fatidica frase: “Emanuela sta in cielo”, lasciando intendere sapesse che Emanuela fosse ormai scomparsa. Il Papa non ha mai chiarito il senso di quella frase, alimentando l’impenetrabile mistero del destino della “Vatican girl”. E proprio nella serie Netflix che ha riacceso l’attenzione mondiale sulla complicatissima vicenda, un’amica di Emanuela ha confessato tra le lacrime di aver ricevuto una confidenza dalla cittadina vaticana che, pochi giorni prima di scomparire, le avrebbe detto di essere turbata dalle avances di una persona “molto vicina al Papa”.

“Il silenzio li ha resi complici”
C’è una ragazzina in jeans e maglietta bianca che suona il flauto traverso, su uno sfondo nero come la sorte buia che l’ha inghiottita quel pomeriggio d’estate di 42 anni fa. Di fronte a lei ci sono tre papi: Francesco, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. E una frase a margine di quest’immagine pubblicata sui social da Pietro Orlandi e che anni fa stampata su di uno striscione in occasione di una manifestazione: “Il silenzio li ha resi complici”. Emanuela era una giovane musicista e fu rapita proprio all’uscita della scuola di musica che aveva sede nella Basilica di Sant’Apollinare. Secondo il procuratore Giancarlo Capaldo, era implicato nel sequestro il criminale Enrico de Pedis che proprio in quella Basilica venne seppellito dopo che fu trucidato in uno scontro a fuoco. Pochi giorni fa, è venuta a mancare Sabrina Minardi, che in quegli anni era legata sentimentalmente a de Pedis. Fu lei a far scattare la seconda inchiesta, dopo aver raccontato ai magistrati romani del coinvolgimento di de Pedis e suo nella vicenda. La Minardi confessò di aver gestito alcune fasi del sequestro e di aver poi riconsegnato Emanuela ad un vescovo alle porte del Vaticano. La Minardi non è stata convocata né dalle due procure che da due anni indagano di nuovo sulla vicenda (quella italiana e quella vaticana) né dalla commissione parlamentare di inchiesta che sta cercando di fare luce sulla misteriosa sparizione. Intanto, è morta improvvisamente a soli 65 anni. Come sono ormai scomparse molte persone che hanno avuto un ruolo nella vicenda. Alla luce di quest’ultima perdita che contribuisce ad alimentare il buio, l’appello di Pietro Orlandi al Papa acquisisce ancora più forza perché il tempo che scorre inesorabilmente è nemico della verità che la sua famiglia ha diritto di conoscere.

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