Due secoli con Fattori. I soldati e la sua Maremma. Risorgimento malinconico

Esposizione a Piacenza con 170 opere di Fattori, tra cui disegni inediti, per il bicentenario dell'artista livornese.

Mar 29, 2025 - 06:57
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Due secoli con Fattori. I soldati e la sua Maremma. Risorgimento malinconico

I soldati a cavallo sono In vedetta, in una giornata di sole silenziosa, immota, con le ombre che si stagliano contro un muro bianco, e sullo sfondo un cielo senza nuvole. Questa tela che Giovanni Fattori dipinse nel 1874 è come un’icona e molti ritengono che abbia ispirato perfino l’immaginario del Deserto dei Tartari di Dino Buzzati: uno di questi cavalieri – chissà – potrebbe essere proprio il tenente Drogo che alla fortezza Bastiani attende un nemico che non arriva mai.

Fattori non fu mai soldato, non imbracciò mai un fucile, eppure per gran parte della sua vita dipinse militari, ma non al modo glorioso di Jacques-Louis David o Eugène Delacroix: "Fattori, nei suoi soldati, vedeva giovani pronti a spendere la vita per la causa dell’Unità d’Italia. Popolani, come i butteri o gli spaccapietre e i contadini, che lui osservava nella vita ordinaria, le attese al campo, l’arrivo di una lettera, la cura dei cavalli. Di loro coglieva l’umanità e non l’enfasi", spiega Elisabetta Matteucci che con Fernando Mazzocca e Giorgio Marini cura la grande mostra (promossa da Rete Cultura Piacenza e prodotta da Dario Cimorelli editore) che apre oggi presso XNL, centro d’arte contemporanea di Piacenza. Aperta fino al 29 giugno, con 170 opere (fra cui 70 disegni e incisioni inedite dall’Istituto per la Grafica di Roma), l’esposizione avvia le celebrazioni per il bicentenario della nascita dell’artista livornese.

Giovanni Fattori – sottolineano i curatori – è una delle personalità "più affascinanti e coerenti del panorama europeo fra Ottocento e Novecento". A partire da una rivoluzione, quella della ‘macchia’, di cui fu uno dei promotori: con gli amici artisti che si riunivano al Caffè Michelangiolo di Firenze, Fattori iniziò a sperimentare un nuovo concetto di pittura, secondo cui le forme venivano create dalla luce attraverso piccole macchie di colore, accostate o sovrapposte. Divenne così il ‘genio’ dei Macchiaioli.

La piccola tavola con I soldati del ‘59 (i militari francesi giunti a Firenze nel giugno 1859, al comando di Girolamo Bonaparte, durante la Seconda guerra d’Indipendenza) fu il manifesto di questa tecnica minuziosa e sorprendente: Fattori continuò a svilupparla negli anni, anche nei dipinti monumentali, con l’epica delle battaglie risorgimentali.

La mostra documenta il percorso dell’artista che anche nella ritrattistica mantenne una puntuale insistenza al ‘vero’ (nel quadro con I fidanzati sono stati riconosciuti Argia Bongiovanni, cugina dell’artista, con Valfredo Carducci, fratello di Giosuè) e l’attenzione per l’umanità quotidiana. L’opera e la vita dell’artista si intrecciano: la malattia della giovane moglie Settimia Vannucci, affetta da tubercolosi, lo portò a ‘scoprire’ il paesaggio della campagna livornese en plein air, poi la morte prematura della consorte, nel 1867, lo condusse a Castiglioncello, ospite dell’amico Diego Martelli, dove Fattori – fra la terra e l’acqua della Maremma – trovò nuova linfa per la sua arte.

Fattori ottenne numerosi riconoscimenti, perfino la regina Margherita apprezzò le sue opere, e dopo la sua morte (avvenuta nel 1908) continuò a ispirare scrittori e registi, in primis il Visconti di Senso e del Gattopardo. Ma neppure la fama riuscì a toglierlo da "un’onorata povertà" di cui scrisse anche Ugo Ojetti. Nei paesaggi maremmani dei suoi ultimi anni, con i ‘bovi’, i cavalli, la natura selvaggia e autentica (contrapposta alla metropoli "che sotto nasconde tutte le miserie"), si rispecchia la sua malinconia.

"Le scene militari tuttavia non scomparvero mai dal suo orizzonte", annotano i curatori. Continuò a dipingere i ‘suoi’ soldati, "per mettere sulla tela le sofferenze fisiche e morali di tutto quello che disgraziatamente accade", disse. Continuò a rendere omaggio a una generazione di giovani che aveva speso energia e vita per un sogno, anche se l’Italia unita nata dal sogno risorgimentale lo aveva amareggiato e deluso. Come una macchia sul suo animo.