Draghi al Parlamento europeo: “Fate qualcosa! L’Ue deve agire come un unico Stato. Noi e l’Ucraina lasciati soli dagli Usa”
Draghi al Parlamento europeo: “Fate qualcosa! L’Ue deve agire come un unico Stato. Noi e l’Ucraina lasciati soli dagli Usa” “È sempre più chiaro che dobbiamo agire sempre di più come se fossimo un unico Stato”. Lo dice Mario Draghi intervenendo al Parlamento europeo di Bruxelles in occasione della Settimana parlamentare 2025. Nel suo discorso, l’ex […]

Draghi al Parlamento europeo: “Fate qualcosa! L’Ue deve agire come un unico Stato. Noi e l’Ucraina lasciati soli dagli Usa”
“È sempre più chiaro che dobbiamo agire sempre di più come se fossimo un unico Stato”. Lo dice Mario Draghi intervenendo al Parlamento europeo di Bruxelles in occasione della Settimana parlamentare 2025.
Nel suo discorso, l’ex presidente della Banca centrale europea ed ex presidente del Consiglio italiano affronta vari temi – dalla guerra in Ucraina ai dazi in arrivo dagli Stati Uniti, dalla questione energetica alle difficoltà dell’industria europea – sottolineando sempre la necessità di una Unione europea più coesa, più autonoma e più tempestiva nel prendere decisioni ormai non rinviabili, in un contesto globale sfibrato dalla competizione tra Stati Uniti e Cina.
“La complessità della risposta politica, che coinvolge ricerca, industria, commercio e finanza, richiederà un livello di coordinamento senza precedenti tra tutti gli attori: governi e parlamenti nazionali, Commissione e Parlamento europeo”, sottolinea Draghi. “Questa risposta deve essere rapida, perché il tempo non è dalla nostra parte, con l’economia europea che ristagna mentre gran parte del mondo cresce. La risposta deve essere commisurata alla portata delle sfide. E deve essere focalizzata sui settori che guideranno un’ulteriore crescita. Velocità, scala e intensità saranno essenziali”.
Guerra in Ucraina e riarmo
Draghi commenta con amarezza il dialogo aperto tra Usa e Russia per porre fine alla guerra in Ucraina: “Possiamo aspettarci di essere lasciati in gran parte soli a garantire la sicurezza in Ucraina e nella stessa Europa”, afferma.
“Il sistema di difesa dell’Ue è una delle nostre diverse vulnerabilità: la frammentazione della capacità industriale lungo le linee nazionali impedisce la necessaria scala”, dice l’ex premier.
“Anche se siamo collettivamente il terzo Paese al mondo per spesa, non saremmo in grado di soddisfare un aumento della spesa per la difesa attraverso la nostra capacità produttiva”, fa notare Draghi, sottolineando che i “nostri sistemi di difesa nazionali non sono né interoperabili né standardizzati in alcune parti chiave della catena di fornitura”. “Questo è uno dei tanti esempi in cui l’Ue è inferiore alla somma delle parti”, chiosa l’ex numero uno della Bce.
I dazi di Trump e le ricadute cinesi sull’Ue
Draghi cita il Rapporto sulla competitività dell’Ue da lui stesso presentato lo scorso settembre, nel quale stimava la necessità di investimenti per circa 800 miliardi di euro per sostenere l’industria europea.
“Quando è stato scritto il rapporto, il tema geopolitico principale era l’ascesa della Cina”, fa notare. “Ora, l’Ue dovrà affrontare tariffe da parte della nuova amministrazione statunitense nei prossimi mesi, ostacolando il nostro accesso al nostro più grande mercato di esportazione”.
Il riferimento è dazi annunciati dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump che colpiranno anche le imprese del vecchio continente: “Le tariffe statunitensi più elevate sulla Cina reindirizzeranno la sovraccapacità cinese in Europa, colpendo ulteriormente le aziende europee”, analizza l’ex premier italiano. “In effetti, le grandi aziende dell’Ue sono più preoccupate per questo effetto che per la perdita di accesso al mercato statunitense”.
La politica energetica dell’Ue
“Dobbiamo abbassare i prezzi dell’energia”, esorta Draghi. “Ciò è diventato imperativo non solo per le industrie tradizionali, ma anche per le tecnologie avanzate. Si stima che il consumo di energia dei data-center in Europa più che triplicherà entro la fine del decennio. Ma è anche sempre più chiaro che la decarbonizzazione stessa può essere sostenibile solo se i suoi benefici vengono anticipati”.
L’ex presidente del Consiglio ricorda che il suo rapporto “identifica una serie di ragioni per gli alti prezzi dell’energia in Europa, oltre al fatto che l’Ue non è un importante produttore di gas naturale: il coordinamento limitato dell’approvvigionamento di gas naturale, il funzionamento del mercato energetico, i ritardi nell’installazione di capacità rinnovabili, reti sottosviluppate, elevata tassazione e margini finanziari”.
“Questi e altri fattori sono tutti di nostra creazione e pertanto possono essere cambiati se abbiamo la volontà di farlo”, sottolinea Draghi. “Il rapporto propone diverse misure a questo proposito: riforma del mercato energetico, maggiore trasparenza nel commercio di energia, uso più esteso di contratti energetici a lungo termine e acquisti a lungo termine di gas naturale e massicci investimenti in reti e interconnessioni. Inoltre, chiede non solo un’installazione più rapida delle energie rinnovabili, ma anche investimenti nella generazione di base pulita e soluzioni di flessibilità a cui possiamo attingere quando le energie rinnovabili non generano energia”.
“Dobbiamo garantire condizioni di parità per il nostro settore innovativo delle tecnologie pulite, in modo che possa beneficiare delle opportunità della transizione”, è la tesi dell’ex presidente della Bce. “La decarbonizzazione non può significare la perdita di posti di lavoro verdi, perché le aziende dei Paesi con un maggiore sostegno statale possono conquistare quote di mercato”.
Le politiche europee che danneggiano l’industria
Secondo Draghi, le politiche regolatorie adottate finora nell’Ue hanno finito per danneggiare le imprese europee. “Dobbiamo creare le condizioni affinché le aziende innovative crescano in Europa piuttosto che rimanere piccole o trasferirsi negli Stati Uniti”, dice. “Ciò significa abbattere le barriere interne, standardizzare, armonizzare e semplificare le normative nazionali e spingere per un mercato dei capitali più basato sul capitale azionario”.
“Spesso siamo noi stessi i nostri peggiori nemici in questo senso”, osserva l’ex premier italiano. “Abbiamo un mercato interno di dimensioni simili a quello degli Stati Uniti. Abbiamo il potenziale per agire su larga scala. Ma il Fondo Monetario Internazionale stima che le nostre barriere interne equivalgano a una tariffa di circa il 45% per la produzione e del 110% per i servizi. E abbiamo scelto un approccio normativo che ha dato priorità alla precauzione rispetto all’innovazione, soprattutto nel settore digitale. Ad esempio, si stima che il Gdpr abbia aumentato i costi dei dati del 20% per le aziende dell’Ue”.
“Fate qualcosa”
“Contiamo sul fatto che il Parlamento agisca da protagonista: per costruire l’unità politica, per creare lo slancio per il cambiamento, per chiedere conto ai politici delle loro esitazioni e per realizzare un ambizioso programma d’azione”, dice Draghi. “Possiamo far rivivere lo spirito innovativo del nostro continente. Possiamo recuperare la capacità di difendere i nostri interessi. E possiamo dare speranza ai nostri popoli”.
“L’Ue – continua l’ex presidente del Consiglio italiano – è stata creata per garantire pace, indipendenza, sicurezza, sovranità e poi sostenibilità, prosperità, democrazia, equità. Di base siamo riusciti a garantire tutto questo. Ora il mondo confortevole è finito: dobbiamo chiederci, vogliamo difendere questi valori o dovremmo andarcene, e andarcene dove?”.
“Non si può dire no a tutto”, conclude Draghi: “Altrimenti bisogna ammettere che non siamo in grado di mantenere i valori fondamentali dell’Ue. Quindi, quando mi chiedete ‘cosa è meglio fare ora’, dico che non ne ho idea, ma fate qualcosa!”.