Don Nicola arrestato per omicidio stradale: “Fabiana Chiarappa era viva quando è stata investita. Il prete era al cellulare”
Fabiana Chiarappa sarebbe morta investita dall’auto di don Nicola D’Onghia, il parroco che questa mattina, 29 aprile, è stato arrestato e posto ai domiciliari con accusa di omicidio stradale aggravato da fuga e omissione di soccorso. Il giudice per le indagini preliminari di Bari, Nicola Bonante, nell’ordinanza di custodia cautelare a carico del prete 54enne, […] L'articolo Don Nicola arrestato per omicidio stradale: “Fabiana Chiarappa era viva quando è stata investita. Il prete era al cellulare” proviene da Il Fatto Quotidiano.

Fabiana Chiarappa sarebbe morta investita dall’auto di don Nicola D’Onghia, il parroco che questa mattina, 29 aprile, è stato arrestato e posto ai domiciliari con accusa di omicidio stradale aggravato da fuga e omissione di soccorso. Il giudice per le indagini preliminari di Bari, Nicola Bonante, nell’ordinanza di custodia cautelare a carico del prete 54enne, riporta l’ipotesi degli inquirenti ovvero che la vittima fosse “ancora viva” dopo la caduta autonoma dalla moto e sia morta “solo a causa” dello “schiacciamento” provocato dalla Fiat Bravo del sacerdote.
“D’Onghia – si legge nelle 31 pagine del provvedimento che ha accolto la richiesta della pm Ileana Ramundo e dell’aggiunto Ciro Angelillis – stava utilizzando il proprio telefono cellulare mentre si trovava alla guida”. Circostanza confermata anche dall’analisi dei tabulati che hanno fatto emergere “l’uso continuativo e costante del cellulare alla guida” da parte del prete, “impegnato in conversazioni e tentativi di chiamata fino a 11 secondi prima dell’investimento”.
Secondo la ricostruzione degli inquirenti, la vettura del prete avrebbe sormontato, con la parte anteriore destra, il corpo della donna riverso per strada, provocandone la morte per schiacciamento e sfondamento del cranio, del torace e degli organi interni, e lo avrebbe trascinato sull’asfalto per alcuni metri. L’impatto tra l’auto e il corpo della vittima sarebbe avvenuto 20 secondi dopo la caduta dalla moto. Secondo la Procura della Repubblica di Bari, il pubblico ministero e il procuratore aggiunto, il parroco indagato avrebbe guidato ad una velocità “non adeguata” né “all’ora notturna” né alle condizioni della strada, così descritta: “sede stradale ristretta e scarsamente illuminata, asfalto bagnato e scivoloso per via dell’umidità”. Il prete, poco prima dell’impatto, avrebbe utilizzato il proprio cellulare sia per “una conversazione” con una persona, sia per “provare a contattare ripetutamente” un’altra persona. Fatto che, per gli investigatori, non solo avrebbe ridotto “la sua soglia di attenzione verso la strada” ma lo avrebbe costretto “a tenere lontane le mani dal volante”.
La vittima, che percorreva lo stesso senso di marcia di d’Onghia verso Turi subito dopo la caduta dalla sua moto Suzuki, avrebbe cercato “di allontanarsi dalla carreggiata” prima dell’investimento. A quel punto, il sacerdote avrebbe proseguito la corsa senza prestare soccorso fermandosi, 238 metri dopo il luogo dell’incidente stradale, nell’area di servizio ‘Blu Track’. Qui, dopo aver notato i danni alla macchina, avrebbe chiamato la sorella per chiedere aiuto. Tre quarti d’ora dopo, cioè alle 21.14, il prete si sarebbe allontanato definitivamente, presentandosi alla Caserma dei carabinieri solo il giorno dopo, 3 aprile. Al momento della deposizione, l’uomo ha riferito di aver percorso quel tratto di strada ma di non aver visto nulla, solo sentito “un botto sotto la macchina” con conseguente sobbalzo. “Ho pensato: ‘Chissà che cosa ho preso’, una pietra”, ha dichiarato d’Onghia nel corso dell’interrogatorio ai pubblici ministeri di Bari, aggiungendo di non aver dato “peso a ciò che che avessi potuto prendere, ma ai danni che avevo subìto e al fatto che ero preoccupato di come tornare a casa”. Il prete dichiara di non aver messo “in relazione” quanto “accaduto”, nemmeno quando ha visto “in lontananza i lampeggianti” dei soccorritori giunti sul posto.
Per gli inquirenti, le dichiarazioni del 54enne sono “inverosimili”: non è “assolutamente possibile” scrive il gip nell’ordinanza di custodia cautelare, che abbia “scambiato ‘per una pietra’ ” il corpo della 32enne dopo averlo sormontato “trascinandolo”. Inoltre, secondo gli investigatori, dopo aver visto che sulla strada si creava traffico e dopo aver notato le sirene blu di ambulanze e auto dei carabinieri, il prete non si sarebbe preoccupato di verificarne il motivo, decidendo di rientrare a casa insieme alla sorella e al cognato. Per questi motivi, il gip ha ritenuto esistenti, nei confronti del 54enne, i pericoli di inquinamento delle prove e reiterazione di reato.
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