Dazi Usa: a rischio l’export di vini, sidro e formaggi Made in Italy | L’allarme di Cia-Agricoltori Italiani

Tra 10 giorni, il 2 aprile, gli Stati Uniti dovrebbero chiarire l’entità dei possibili dazi applicati all’Europa. Secondo alcuni studi, il comparto del Made in Italy più a rischio di ripercussioni è quello agroalimentare, con alcune produzioni di qualità maggiormente esposte poiché dipendenti dall’export verso gli USA. Proprio per questo, l’Italia potrebbe essere uno dei […] L'articolo Dazi Usa: a rischio l’export di vini, sidro e formaggi Made in Italy | L’allarme di Cia-Agricoltori Italiani proviene da Osservatorio Riparte l'Italia.

Mar 25, 2025 - 10:29
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Dazi Usa: a rischio l’export di vini, sidro e formaggi Made in Italy | L’allarme di Cia-Agricoltori Italiani

Tra 10 giorni, il 2 aprile, gli Stati Uniti dovrebbero chiarire l’entità dei possibili dazi applicati all’Europa.

Secondo alcuni studi, il comparto del Made in Italy più a rischio di ripercussioni è quello agroalimentare, con alcune produzioni di qualità maggiormente esposte poiché dipendenti dall’export verso gli USA.

Proprio per questo, l’Italia potrebbe essere uno dei Paesi UE più svantaggiati dalle nuove tariffe commerciali statunitensi.

Vini, formaggi, olio, aceto e pasta sono tra le merci più esposte ai possibili contraccolpi dei dazi. Secondo un’analisi di Cia-Agricoltori Italiani, Chianti, Amarone, Barbera, Friulano, Ribolla, Pecorino Romano, Prosecco e sidro di mele figurano nell’elenco dei prodotti tricolori più a rischio, mentre tra i territori più esposti vengono annoverati Sardegna e Toscana.

Anche i consumatori americani potrebbero trovarsi di fronte a un cambiamento nei loro prodotti favoriti. Il sidro, specifica lo studio Cia, è una nicchia di eccellenza che destina il 72% del suo export al mercato americano, per un valore di circa 109 milioni di euro nel 2024.

L’Apple Cider, infatti, è tra le bevande più popolari tra i millennial statunitensi e, se il sidro nostrano non venisse più importato, le aziende dovrebbero sostituirlo con altri prodotti.

Stesso discorso per il Pecorino Romano, prodotto al 90% in Sardegna, che registra un export negli USA pari al 57% (quasi 151 milioni di euro) e viene utilizzato soprattutto per insaporire le patatine in busta.

Con eventuali dazi al 25%, il florido settore americano di chips e snack (2,5 miliardi) si troverebbe costretto a rivolgersi ad altri prodotti caseari, magari meno pregiati ma dal prezzo più conveniente.

Le ripercussioni riguarderebbero anche il portafoglio dei consumatori. Coldiretti prevede che, con l’imposizione di una tariffa del 25% sulle esportazioni agroalimentari Made in Italy, gli americani dovranno spendere fino a due miliardi di euro in più.

Il costo per le singole filiere sarebbe di quasi 500 milioni di euro solo per il vino, circa 240 milioni per l’olio d’oliva, 170 milioni per la pasta e 120 milioni per i formaggi.

Finora, gli scambi Italia-USA sono stati floridi. Nel 2024, le vendite di beni italiani negli USA sono state pari a circa 65 miliardi di euro, secondo il Centro Studi di Confindustria, generando un surplus vicino ai 39 miliardi.

Nonostante un calo nell’ultimo anno, il mercato statunitense ha offerto il contributo più elevato in assoluto alla crescita dell’export italiano dal periodo pre-Covid.

L’export italiano è più esposto della media europea al mercato USA, rappresentando il 22,2% delle vendite italiane extra-UE, rispetto al 19,7% delle vendite UE.

Tra i settori maggiormente coinvolti spiccano le bevande (39%), gli autoveicoli e gli altri mezzi di trasporto (rispettivamente 30,7% e 34,0%) e la farmaceutica (30,7%).

Per l’Italia, l’introduzione dei dazi americani, rileva Istat, riveste “una importanza considerevole, perché negli ultimi quindici anni la crescita del nostro sistema produttivo è stata sostenuta prevalentemente dalla domanda estera, a fronte di una domanda interna debole o stagnante”. L’Italia, aggiunge l’istituto di statistica, “ha orientato i propri flussi di export verso i mercati extra-UE, soprattutto quello statunitense”.

Secondo le stime di Svimez, nel 2025, in caso di dazi al 10%, il PIL italiano si ridurrebbe dello 0,1%, con una perdita di 27.000 unità di lavoro a tempo pieno, mentre le esportazioni diminuirebbero del 4,3%.

Il governo, in collaborazione con la UE, segue attentamente gli sviluppi della situazione. “Tariffe doganali e monete virtuali, in modo diverso ma altrettanto efficace, sono mezzi che condizionano non solo l’economia ma anche la politica internazionale. I governi si trovano a dover rispondere a questi cambiamenti adattando le loro politiche interne ed estere, in un mondo in cui l’economia e la politica sono sempre più interconnesse. Dobbiamo evitare che tali ‘armi non convenzionali’ vengano usate in modo da minare la stabilità e la giustizia a livello mondiale”, ha commentato il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti.

I dazi e le criptovalute, aggiunge Giorgetti, sono “strumenti usati come delle vere e proprie ‘armi economiche’, in grado di ridefinire gli equilibri e le dinamiche finanziarie e commerciali globali, ma che stanno anche influenzando profondamente la politica mondiale”.

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