Con la manifestazione per l’Europa si risveglia la coscienza morale collettiva

E’ molto positivo che, con un risveglio pressoché improvviso e istintivo della coscienza morale collettiva, che invero sembrava sopita, molti cittadini italiani, al di fuori di ogni organizzazione politica, e per spontanea iniziativa di gruppi e associazioni di vario genere e persino di Enti comunali, rappresentativi delle relative comunità, abbiano deciso di riunirsi in piazza […] L'articolo Con la manifestazione per l’Europa si risveglia la coscienza morale collettiva proviene da Il Fatto Quotidiano.

Mar 14, 2025 - 10:00
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Con la manifestazione per l’Europa si risveglia la coscienza morale collettiva

E’ molto positivo che, con un risveglio pressoché improvviso e istintivo della coscienza morale collettiva, che invero sembrava sopita, molti cittadini italiani, al di fuori di ogni organizzazione politica, e per spontanea iniziativa di gruppi e associazioni di vario genere e persino di Enti comunali, rappresentativi delle relative comunità, abbiano deciso di riunirsi in piazza per protestare contro la imprevista e poco approfondita risoluzione della Commissione Europea, approvata dal Palamento, di rispondere, con un riarmo dell’Europa da 800 miliardi di euro, all’abbandono da parte di Trump della protezione militare dell’Europa e della Ucraina.

Ed è molto importante rilevare che in questa protesta quello che emerge è proprio un comune sentire contro la guerra, la peggiore catastrofe umana e ambientale che si possa immaginare, e che, si badi bene, non è mai voluta dal popolo, ma solo dalle classi dominanti, sostenute oggi, in Europa, come in America, da quei partiti populisti e sovranisti di destra, connotati da un forte anti intellettualismo e da un malinteso nazionalismo, che in sostanza mira alla distruzione della democrazia e alla presa del potere da parte degli oligarchi, ai quali soltanto, in fin dei conti, giovano le guerre.

E’, ovviamente, ancora oscuro e incerto quale sarà il risultato pratico di questa manifestazione, ma ci viene incontro in proposito l’acuta considerazione del filosofo e storico Antonin Dalmage Sertillanges, che in quel meraviglioso libro dal titolo La vita intellettuale ci ricorda che è proprio in questi casi che si disvela l’importanza della funzione dell’intellettuale, il quale, con la sua costante dedizione alla ricerca della verità, è in grado di indicare quali azioni occorre mettere in pratica per risolvere i problemi che, in certi momenti della Storia, la massa delle persone semplicemente avverte senza pienamente comprenderli. Dunque, il primo risultato che ci si aspetta da questo incontro è innanzitutto il coordinamento di molti intellettuali di tutte le parti d’Italia, i quali vogliano impegnarsi nel senso appena descritto.

In ogni caso appare doveroso precisare che la predetta risoluzione sul riarmo riguarda una istituzione, l’Unione Europea, che è poco più di una unione monetaria, e non una Federazione di Stati capace di porre in essere una politica militare comune e un unico comando, indispensabile per le azioni di guerra (come tanto insisté Jean Monnet nella seconda guerra mondiale). Una risoluzione, dunque, alquanto velleitaria e di molta difficile attuazione. Ciò pone in evidenza che il vero problema è la costituzione della unione politica dell’Europa, come del resto volevano i suoi ideatori Altiero Spinelli e Ernesto Rossi.

E allora ciò che deve chiedersi agli intellettuali è innanzitutto di individuare, nel quadro dell’attuale fragilità politica dell’intero occidente, le cause che hanno ritardato l’unità europea e, di conseguenza, le azioni da porre in essere per realizzarla. E, a tal fine, non si potrà fare a meno di sottoporre a un molto serio esame critico, l’attuale, dominante sistema economico neoliberista sancito dal Trattato di Maastricht del 1992, il quale si fonda non più sull’economia dello scambio ma sull’economia della concorrenza. Si sa bene, infatti, che la concorrenza tra Stati porta alla divisione e non certo alla cooperazione, e quindi all’unità. La quale invece si sarebbe potuta agevolmente raggiungere con il precedente sistema economico produttivo di stampo keynesiano, fondato sulla solidarietà, sulla distribuzione della ricchezza tra tutti e sull’intervento dei popoli nell’economia.

Solo allora sarà possibile parlare di difesa militare, e, sia ben chiaro, nei ristretti limiti della difesa dell’indipendenza, della libertà e della democrazia dell’Europa.

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