Ciao machismo: Gerard Depardieu condannato è l’ennesimo re messo a nudo
Gerard Depardieu è stato condannato dal tribunale di Parigi a 18 mesi di carcere e alla menzione nel registro di perpetratori di crimini sessuali. Il processo si presentava difficile per le donne che lo avevano denunciato: la scenografa Sarah e l’assistente alla regia Amelie (sono state protette da anonimato). Le aggressioni erano avvenute nel 2021, […] L'articolo Ciao machismo: Gerard Depardieu condannato è l’ennesimo re messo a nudo proviene da Il Fatto Quotidiano.

Gerard Depardieu è stato condannato dal tribunale di Parigi a 18 mesi di carcere e alla menzione nel registro di perpetratori di crimini sessuali. Il processo si presentava difficile per le donne che lo avevano denunciato: la scenografa Sarah e l’assistente alla regia Amelie (sono state protette da anonimato). Le aggressioni erano avvenute nel 2021, durante le riprese del film Les volets verts. Al fianco di Depardieu, si era schierata Brigitte Bardot e anche il presidente della Repubblica francese.
E’ difficile dire quanto abbia giocato un ruolo nella vicenda di Depardieu, la forza di Giséle Pelicot che ha scosso la coscienza della Francia e non solo, segnando un cambiamento radicale. ‘Finisce l’era degli intoccabili’ ha dichiarato Claude Vincent una delle avvocate della parte civile. L’attore francese ricorrerà in appello ma pendono sulla sua testa altre accuse e il Ministero pubblico parigino ha annunciato che intende processarlo anche per la denuncia di stupro dell’attrice Charlotte Arnould, risalente al 2018.
Un risvolto molto interessante del processo è stata la condanna inflitta a Depardieu per il comportamento processuale del suo avvocato. Jerémié Assous aveva apostrofato come ‘bugiarde’ e ‘isteriche’ le due vittime, sminuendo il loro trauma poi si era rivolto alle avvocate di parte civile con appellativi di stampo sessista, bollandole come ‘piagnone’ e le aveva chiamate ‘signorine’ e ‘care amiche’ in spregio al loro ruolo. Un repertorio misogino che ha avuto conseguenze, finalmente, non sulle parti offese ma sull’imputato.
Depardieu ora dovrà versare tremila euro alle vittime per apologia di sessismo e questa è un’altra importante vittoria per i diritti delle donne. Se non altro in Francia. In Italia non esistono precedenti come questo ma purtroppo ci sono precedenti di vittimizzazione secondaria. Il fenomeno è stato rilevato dalla Commissione femminicidio della precedente legislatura, dalle condanne Cedu e anche dal Grevio che monitora la corretta applicazione della Convenzione di Istanbul.
Le domande impietose rivolte alle vittime di stupro, volte non tanto a chiarire i fatti ma a prostrarle o a screditare la loro testimonianza usando l’arsenale dei pregiudizi sessisti, sono ancora tollerate nelle aule dei tribunali. Usare pregiudizi misogini per difendere uomini che si macchiano di reati misogini può essere efficace perché questo stile di difesa viene ammesso da alcuni magistrati. Nel 2018 fece discutere la lista di 250 domande rivolte alle studentesse americane che avevano denunciato lo stupro di due carabinieri: “Lei indossava solo i pantaloni quella sera? Aveva la biancheria intima? Si ricorda di aver cercato su internet il nome di un anticoncezionale quella mattina? È la prima volta che è stata violentata in vita sua?” (alcune domande furono rigettate, in parte, dal giudice) come sollevarono proteste quelle rivolte alla parte offesa durante il processo a Ciro Grillo, Edoardo Capitta, Vittorio Lauria e Francesco Corsiglia.
Il processo Depardieu è l’ennesima triste parabola di un re messo a nudo, un uomo che fino a ieri si era fatto scudo col proprio mito. Ne abbiamo visti altri prima di lui, Weinstein, Strauss Khan ecc ma ci ha mostrato anche la triste entrata in scena di una attrice famosa, Fanny Ardant, che ha speso il suo prestigio in favore dell’amico con una testimonianza che è servita più a comprometterlo che ad attenuarne le responsabilità.
Dovremmo cominciare a guardare alla miseria delle donne, all’omertà e al ruolo ancillare che le fa scagliare contro le vittime di violenza per difendere amici, figli, mariti, padri, datori di lavoro anche quando i comportamenti prevaricanti o violenti sono di dominio pubblico e ciò che è visibile diventa invisibile.
Sono difese a oltranza che non si basano su dati oggettivi “ero presente e non è accaduto quanto riferito da chi accusa” ma dettate da un sessismo e da una subalternità interiorizzate e talvolta anche dalla gratificazione di ricoprire un ruolo salvifico e oblativo. Le parole di Fanny Ardant sono un mix di manipolazione, captatio benevolentiae, negazione e legittimazione della violenza. Tutto in nome della clara fama di Depardieu o della garanzia della sua personale e prestigiosa amicizia: “Dirò perché Gérard è un attore così grande. Qualsiasi forma di genio porta in sé qualcosa di stravagante, di indomabile, di pericoloso, di incarnato. E’ il mostro e il santo. E Gérard ha interpretato tutti questi personaggi dando tutto di sé. Con il peggio e con il meglio. Lo conoscono da Cuba a Vladivostok. Perché il pubblico di tutto il mondo si è riconosciuto nei personaggi che interpreta. Tutti hanno potuto identificarsi nei suoi ruoli”.
E’ stato un grande attore, ha interpretato straordinari personaggi che resteranno nella storia del cinema. Ma tutto questo non rende Depardieu immune dalla sue responsabilità, né lo innalza al di sopra della legge. Né lui, né chiunque. O così dovrebbe essere.
@nadiesdaa
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