Ci troviamo davvero all’interno di un buco nero? L’affascinante scoperta del telescopio spaziale Webb
La galassie del nostro immenso Universo hanno una direzione preferenziale di rotazione: circa due terzi di loro ruotano infatti in senso orario, mentre l’altro terzo in senso antiorario. Questo vale almeno per le galassie osservate in questi tre anni di attività il James Webb Space Telescope (JWST), il telescopio spaziale Webb. E queste osservazioni, secondo...

La galassie del nostro immenso Universo hanno una direzione preferenziale di rotazione: circa due terzi di loro ruotano infatti in senso orario, mentre l’altro terzo in senso antiorario. Questo vale almeno per le galassie osservate in questi tre anni di attività il James Webb Space Telescope (JWST), il telescopio spaziale Webb. E queste osservazioni, secondo gli scienziati della Kansas State University (Usa, indicherebbero che potremmo essere tutti all’interno di un buco nero.
Il JWST ha davvero rivoluzionato l’osservazione e lo studio dello spazio profondo, riuscendo a scavare galassie prima di lui impensabili da scovare, l’ultima pochi mesi fa, la JADES-JS-z-14-0, la galassia più lontana attualmente conosciuta, a “soli” duecentonovanta milioni di anni dopo il Big Bang.
Leggi anche: Straordinario Webb! Il telescopio spaziale ha trovato la galassia più lontana mai scoperta prima
Una direzione preferenziale di rotazione
In un universo casuale, gli scienziati si aspetterebbero infatti di trovare il 50% delle galassie che ruotano in un modo, e l’altro 50% in senso opposto. Ma a quanto pare non è così: le nuove osservazioni di Webb suggeriscono che esiste una direzione preferita per la rotazione galattica.
Nelle immagini dell’Universo profondo scattate su 263 galassie dal James Webb Space Telescope Advanced Deep Extragalactic Survey (JADES) si vede infatti che circa due terzi delle galassie ruotano in senso orario, mentre circa un terzo delle galassie in senso antiorario.

©Kansas State University
L’analisi delle galassie è stata fatta tramite analisi quantitativa delle loro forme, ma la differenza è così ovvia che chiunque guardi l’immagine può vederla – spiega l’autore del lavoro Lior Shamir – Non c’è bisogno di abilità o conoscenze speciali per vedere che i numeri sono diversi. Con la potenza del telescopio spaziale James Webb, chiunque può vederlo
Cosa provoca questa “preferenza”? Siamo davvero tutti dentro un immenso buco nero?
Non è ancora chiaro cosa causi questo, ma ci sono due possibili spiegazioni principali: il fenomeno si può spiegare se si ammette che l’Universo è nato ruotando. Questa spiegazione concorda con teorie come la cosmologia dei buchi neri, che postula come l’intero universo si trovi all’interno di un buco nero. Ma se l’Universo è effettivamente nato ruotando, significa che le teorie esistenti sul cosmo sono incomplete
La Terra ruota, infatti, anche attorno al centro della Via Lattea e i ricercatori si aspettano che la luce proveniente dalle galassie che ruotano in senso opposto alla rotazione terrestre sia generalmente più luminosa.

©INAF
Questo a causa dell’effetto Doppler, fenomeno per il quale, rispetto ad un osservatore fermo, la lunghezza d’onda della luce emessa da una sorgente in movimento aumenta o diminuisce a seconda che la sorgente si allontani o si avvicini.
L’effetto vale per qualsiasi tipo di onda, e, nella vita quotidiana spesso lo osserviamo con le onde sonore, per esempio quando si sta per avvicinare a noi un’ambulanza. Ma vale anche per le onde luminose, ed è infatti fondamentale per gli studi astronomici.
Questo, in realtà, potrebbe spiegare perché le galassie che ruotano in senso opposto sono sovrarappresentate nelle osservazioni del telescopio, emettendo più luce “agli occhi di Webb”. Ma a questo punto gli astronomi dovrebbero riconsiderare l’effetto della velocità di rotazione della Via Lattea, tradizionalmente considerata troppo lenta e trascurabile rispetto ad altre galassie, sulle loro misurazioni.
Leggi anche: Scoperta una nuova galassia “gemella” della Via Lattea, che ribalta le nostre conoscenze dell’universo

Canva
Se è davvero così, dovremo ricalibrare le nostre misurazioni della distanza per l’universo profondo – conclude Shamir – La ricalibrazione delle misurazioni della distanza può anche spiegare diverse altre questioni irrisolte in cosmologia, come le differenze nei tassi di espansione dell’Universo e le grandi galassie che, secondo le misurazioni della distanza esistenti, si prevede siano più vecchie dell’Universo stesso
Lo studio è stato pubblicato su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society.
Non vuoi perdere le nostre notizie?
- Iscriviti ai nostri canali Whatsapp e Telegram
- Siamo anche su Google News, attiva la stella per inserirci tra le fonti preferite
Fonti: Kansas State University / Monthly Notices of the Royal Astronomical Society
Leggi anche: