Chi è l’avvocato arrestato che gestiva i soldi del clan Messina Denaro. “Il boss e l’amante volevano punirlo”
Massone “in sonno”, avrebbe garantito a Matteo Messina Denaro di sopravvivere nella latitanza. Nei pizzini era chiamato 'Solimano’

Palermo, 29 aprile 2025 - E' un massone "in sonno" Antonio Messina, "l'avvocato" che avrebbe gestito i proventi delle attività economiche della famiglia mafiosa di Campobello di Mazara e così garantito a Matteo Messina Denaro di sopravvivere nella latitanza. Messina è stato arrestato nell'ambito di una operazione del Ros. Già latitante e condannato per concorso esterno a Cosa Nostra e narcotraffico, Messina, 79 anni, avrebbe tenuto, secondo gli investigatori, i rapporti con associati mafiosi nel Trapanese.
A promuovere l'affiliazione di Messina a Cosa Nostra sarebbe stato Leoluca Bagarella, cognato di Totò Riina. A carico di Messina sono emersi, spiega il Ros, contatti intessuti con personaggi criminali di diverse aree che hanno portato a operazioni imprenditoriali come la gestione dei proventi dell'oleificio "Fontane d'Oro s.a.s.", allo smaltimento di rifiuti urbani in Brasile, ad attività edili collegate al "superbonus 110%", all'acquisto di strutture immobiliari all'asta o sottoposte a confisca, commercializzazione di carburanti.
Nel linguaggio cifrato che il padrino e la sua amante, Laura Bonafede, usavano nei pizzini il professionista veniva indicato come "Solimano".
Già condannato per narcotraffico, concorso esterno in associazione mafiosa, subornazione di teste e per il sequestro di Luigi Corleo, suocero dell'esattore mafioso Nino Salvo, Messina sarebbe stato formalmente affiliato a Cosa nostra, come da lui stesso ammesso in un'intercettazione, su proposta del boss Bagarella e avrebbe stretto rapporti oltre che con Messina Denaro, con gli esponenti mafiosi più importanti del trapanese dell'ultimo ventennio come Domenico Scimonelli, Giovanni Vassallo, Franco Luppino, Jonn Calogero Luppino. Legami tutti finalizzati ad acquisire attività economiche da utilizzare anche per garantire a Matteo Messina Denaro il denaro necessario alla sua clandestinità.
"Personaggio assolutamente versatile e poliedrico, uno dei maggiori protagonisti (in negativo) di questo processo. Da un lato svolge l'attività professionale di avvocato, patrocinando mafiosi e delinquenti comuni (tra i quali proprio quel Rosario Spatola che poi diverrà il suo principale accusatore); dall'altro risulta attivo in vari campi del crimine e coltiva rapporti con esponenti di primo piano della delinquenza organizzata", scrisse di lui già anni fa, la corte d'assise di Trapani.
“Denaro e la sua amante volevano punirlo”
Da un pizzino trovato nel covo del boss Messina Denaro scritto dalla sua amante storica, Laura Bonafede, emerge che i due insieme avevano progettato di intimidirlo pesantemente, ritenendo che avesse violato accordi economici. "Che Solimano (pseudonimo usato per indicare il legale, ndr) tenesse tanto al denaro l'ho sempre capito, gli piace spendere e fare soldi facili ma mai avrei potuto pensare che arrivasse a tanto. Quando dici che gliela farai pagare, che non ti fermi, ti posso dire che ne sono certa, ti conosco anche sotto questo aspetto. Non ti nego che mi sarebbe piaciuto che avessi fatto 'due piccioni con una fava'; Solimano e Pancione. Ma Pancione (il mafioso Epifanio Napoli, ndr) ci sta pensando da solo, mangia come un porco, nemmeno può camminare più". Dal tenore del biglietto "si comprendeva che, evidentemente, - scrivono i pm nella richiesta di arresto di Messina - entrambi avevano già in passato ricevuto denaro da Solimano, ma l'avidità, l'ingordigia del Messina e il suo mancato rispetto di precedenti accordi o prassi (da leggersi univocamente nei termini di un precedente sovvenzionamento della latitanza di Matteo Messina Denaro e della famiglia di Campobello di Mazara) si erano verificati anche in passato, tanto da costringere Depry (nomignolo con il quale veniva indicato dalla donna proprio il capo mafia latitante), a lanciare un avvertimento a Solimano in modo da fargli avere paura". E in effetti Messina nel tempo ha subito diversi episodi intimidatori. In un alto pizzino sempre la Bonafede manifesta il suo risentimento verso l'avvocato senza giri di parole: "Quel solimano di merda ci ha distrutti”, scrive.