“Attenzione agli psicologi cercati sul web, spesso sono dei chatbot creati con l’AI. Il 20% della Gen Z li usa al posto della terapia” : l’allarme degli esperti
Si presentano in rete con tanto di foto ed espressione rassicurante e autorevole di chi saprà occuparsi dei tuoi problemi psichici. Il problema è che dietro a quelle immagini non c’è una persona in carne e ossa ma un algoritmo, pronto a rispondere su base statistica e probabilistica alle tue sofferenze e ansie interiori. Sono […] L'articolo “Attenzione agli psicologi cercati sul web, spesso sono dei chatbot creati con l’AI. Il 20% della Gen Z li usa al posto della terapia” : l’allarme degli esperti proviene da Il Fatto Quotidiano.

Si presentano in rete con tanto di foto ed espressione rassicurante e autorevole di chi saprà occuparsi dei tuoi problemi psichici. Il problema è che dietro a quelle immagini non c’è una persona in carne e ossa ma un algoritmo, pronto a rispondere su base statistica e probabilistica alle tue sofferenze e ansie interiori. Sono le chatbot, sistemi di intelligenza artificiale (IA) che secondo una stima del professor Mattia Della Rocca, docente di Psicologia degli Ambienti Digitali all’Università di Tor Vergata, circa il 20% della Gen Z avrebbe usato almeno una volta come sostituto della terapia. “L’obiettivo di queste chat – ha dichiarato Della Rocca – è trattenere l’utente nella conversazione fornendo suggerimenti vaghi, statisticamente validi per tutti, privi di efficacia terapeutica”. E purtroppo anche suggerimenti autolesionistici, del tipo: “Sei un peso per la società. Per favore, muori”, come si sarebbe sentito dire da Gemini uno studente del Michigan. “I grandi modelli linguistici possono talvolta rispondere con frasi senza senso. Abbiamo preso provvedimenti per impedirlo”. È stata la risposta di Google. Il mese scorso l’Associazione degli Psicologi Americani ha chiesto alla Federal Trade Commission di indagare sulla grande offerta di chat che si propongono in modo fuorviante come operatori sanitari qualificati. “In Usa e altri Paesi il fenomeno ha raggiunto dimensioni allarmanti e ora si sta diffondendo anche in Italia”, lancia l’allarme David Lazzari, Presidente dell’Ordine degli Psicologi, che al FattoQuotidiano.it sottolinea che “se da noi avrà le stesse dimensioni e caratteristiche ci sono molti rischi perché queste piattaforme presentano molti limiti e lacune, promettono molto ma in sostanza danno poco e spesso male, soprattutto se sono usate come totale alternativa a un esperto. Anziché aiutare ad arginare il disagio psicologico dilagante rischiamo che si amplifichi”.
Perché preferiscono l’IA
Professor Lazzari, perché i ragazzi chiedono consiglio o supporto a sistemi di IA invece di rivolgersi a figure professionali in carne e ossa?
“I motivi sono due: il primo è la carenza drammatica di una rete di psicologia pubblica. Pensiamo solo alla scuola, dove solo in Italia ci sono ancora discussioni surreali mentre all’estero ci sono psicologi per i ragazzi, o alla legge dello psicologo di base ferma da un anno in Parlamento; il secondo è il fascino della tecnologia che offre risposte facili e immediate: se uso IA per fare i compiti è facile finire per usarla anche per altri bisogni, una tecnologia che sempre più sostituisce il rapporto umano, anche nella vita di tutti i giorni”.
I rischi
Quali sono i rischi principali nell’affidarsi a questi sistemi automatici di risposta?
“Le piattaforme hanno caratteristiche e finalità diverse, ma in generale presentano criticità importanti: una cosa è un consiglio generico, altra è un processo di cura, nel quale ogni interazione, parole e silenzi, verbale e non verbale, devono essere tagliati su misura di una specifica persona. L’IA spesso da risposte generiche che creano un’illusione di comprensione e attiva percorsi circolari dove anziché sviluppare autonomia finiscono con alimentare dipendenze. Basti pensare alla figura del terapeuta dell’IA, rappresentato a volte da un orsetto che rimanda al peluche dell’infanzia, o a una riedizione del tamagotchi”.
Le sfumature fondamentali dell’umano
L’IA non è quindi utile in nessun modo?
“In realtà, può essere utile nelle valutazioni diagnostiche, nella prevenzione e empowerment, come complemento in un intervento, ma non può sostituire l’esperto umano, perché l’intelligenza umana non è uguale a quella artificiale e la psiche è un mix di sensazioni corporee, emozioni, vissuti, processi inconsci nei quali il pensiero e la parola sono solo la punta dell’iceberg”.
Come orientare allora un ragazzo verso un percorso di terapia “ortodosso” ed efficace?
“Innanzitutto, rendendo disponibile il terapeuta vero, perché se non c’è o non me lo posso permettere sono costretto a ricorrere all’IA o all’abuso di farmaci e sostanze, come oggi sta accadendo. Voglio sottolineare che la terapia non è solo cura, è anche relazione umana. E oggi c’è bisogno di tornare alle relazioni vere, siamo troppo immersi nei mondi virtuali e sempre più soli emotivamente. Va fatta chiarezza ed educazione sull’uso della tecnologia e dell’IA perché un uso acritico è veramente pericoloso e tra qualche anno rischiamo di dover contare i danni di tutto questo. Gli psicologi scolastici servono anche a questo, ad ascoltare ma anche aiutare i docenti in questo fondamentale obiettivo. La tecnologia deve servire non asservire”.
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