Assegno non pagato, quali rischi comporta e come farsi pagare il dovuto?
Un assegno non pagato può mettere a rischio il credito: se non si rispettano i termini per il protesto si perde il diritto di regresso e la possibilità di agire in via esecutiva.

Nonostante la digitalizzazione finanziaria abbia ridimensionato il loro uso, gli assegni sono ancora diffusi soprattutto nei rapporti tra privati e nelle transazioni commerciali tra piccole imprese. Le Camere di Commercio nel primo trimestre del 2025 hanno registrato un sensibile aumento dei protesti, i dati mostrano un’impennata di oltre il 12% rispetto allo stesso periodo del 2024, con picchi più marcati in alcune regioni del Centro-Sud, dove il tessuto economico risulta più vulnerabile. Pertanto, il rischio connesso alla possibilità di ricevere un assegno scoperto è tutt’altro che marginale, e può tradursi in gravi conseguenze economico-legali per il beneficiario.
Quali rischi comporta l’accettazione di un assegno scoperto?
Accettare un assegno scoperto comporta come primo rischio quello di non incassare quanto dovuto. L’assegno, infatti, è un titolo di credito che contiene un ordine di pagamento, ma il suo valore effettivo dipende dalla disponibilità di denaro sul conto dell’emittente al momento dell’incasso. Pertanto, chi riceve un assegno scoperto si espone a una serie di possibili rischi, tra le quali:
- la perdita temporanea del credito. Il creditore dovrà attivarsi legalmente per recuperare la somma, affrontando tempi e costi aggiuntivi;
- difficoltà probatorie. In mancanza di altre prove del debito, l’assegno può diventare l’unico documento su cui fondare un’azione legale;
- decadenza dal diritto di regresso. Chi riceve l’assegno e non attiva le procedure nei tempi previsti può perdere il diritto di agire contro altri obbligati (in caso di assegno trasferibile);
- incertezza per il recupero del credito. Senza fondi sul conto, il recupero della somma può richiedere un decreto ingiuntivo o un’esecuzione forzata, con l’aggravio di costi legali e difficoltà sull’effettiva soddisfazione del credito.
Come verificare la mancanza di fondi sul conto dell’emittente?
Purtroppo, non esiste un modo diretto per verificare la mancanza di fondi sul conto dell’emittente. Le banche, infatti, non possono fornire informazioni sul saldo o sulla disponibilità del conto corrente dell’emittente, nemmeno in riferimento a un assegno specifico, perché si tratta di dati coperti dal segreto bancario.
Quindi, è possibile valutare l’affidabilità dell’emittente solo se si conosce personalmente, o in base a precedenti rapporti. Tuttavia, nel caso si tratti di un soggetto sconosciuto è possibile chiedere delle garanzie, ad esempio, che l’assegno venga accompagnato da una scrittura privata con cui l’emittente riconosce il debito e si obbliga a garantirne il pagamento anche in caso di mancato incasso dell’assegno. Questo documento non garantisce la copertura del titolo ma può rafforzare la prova del rapporto causale sottostante l’emissione dell’assegno.
Inoltre, il Registro Informatico dei Protesti (RIP), consente di verificare se una persona ha precedenti protesti o segnalazioni negative in tema di pagamenti. Questo strumento non permette di sapere se un assegno specifico sarà coperto, ma può offrire indizi sull’affidabilità finanziaria dell’emittente. È gestito dalle Camere di Commercio e consultabile anche da cittadini privati. La visura si può richiedere online tramite servizi accreditati o direttamente allo sportello camerale. Il risultato riporterà eventuali protesti fino agli ultimi 5 anni e se sono stati poi cancellati, (ad esempio, per pagamento tardivo).
È necessario contattare immediatamente l’emittente dell’assegno?
Il rifiuto di pagamento da parte della banca non sempre significa malafede o intenzione di non pagare. Può trattarsi di un ritardo nel versamento di fondi, un disguido temporaneo o una dimenticanza dell’emittente. Contattare subito l’emittente può favorire un chiarimento immediato e consentire un pagamento alternativo. Però, è preferibile farlo con comunicazioni tracciabili (PEC o raccomandata), così da avere prove, per dimostrare di aver richiesto il pagamento.
N.B. Va precisato che, contattare l’emittente non esonera, il beneficiario dell’assegno, dal rispettare i termini di decadenza. Se l’assegno resta “non pagato” si corre il rischio di perdere il diritto di rivalersi non solo contro l’emittente, ma anche contro eventuali giranti o coobbligati. Inoltre, se non si chiede il protesto entro i termini, l’assegno perde forza esecutiva, ma il credito sottostante può ancora essere fatto valere tramite ordinaria azione giudiziaria.
Cos’è il protesto e quando è necessario effettuarlo?
Non si tratta di un semplice reclamo o di una diffida, ma di un atto formale e pubblico con il quale viene certificato ufficialmente che l’emittente non ha onorato il pagamento.
Il suo effetto è quello di conferire pieno valore probatorio all’inadempimento e di trasformare l’assegno in un titolo esecutivo utilizzabile in giudizio. Ciò comporta che:
- il beneficiario può agire direttamente in via esecutiva (es. pignoramento) senza dover prima ottenere una sentenza;
- il debitore viene iscritto nel Registro Informatico dei Protesti, con conseguenze negative sulla sua reputazione creditizia;
- si mantiene il diritto di regresso verso altri soggetti eventualmente obbligati (es. giranti).
Inoltre, in caso di fallimento dell’emittente, l’assegno protestato attribuisce al beneficiario valore privilegiato per l’ammissione al passivo.
Quali sono le tempistiche per richiedere il protesto di un assegno scoperto?
Il protesto va richiesto subito dopo che l’assegno è stato rifiutato. Il termine tecnico è entro l’ultimo giorno utile per la presentazione all’incasso. Pertanto, i termini da rispettare per presentare l’assegno all’incasso e poter poi protestare, sono:
- 8 giorni dalla data di emissione, se l’assegno è pagabile nello stesso Comune in cui è stato emesso;
- 15 giorni se l’assegno è pagabile in un Comune diverso;
- 20 giorni se si tratta di assegni esteri emessi in Europa e pagabili in Italia;
- 60 giorni se l’assegno proviene da Paesi extraeuropei.
Questi termini decorrono dalla data indicata sull’assegno e non da quando si riceve.
Chi può eseguire il protesto e qual è la procedura da seguire?
La richiesta può essere fatta tramite la banca (che si occuperà di trasmettere l’assegno e l’esito negativo a un pubblico ufficiale), oppure personalmente, rivolgendosi a un notaio o all’ufficio protesti presso il Tribunale o la Camera di Commercio. Il pubblico ufficiale una volta verificati i requisiti formali e il rispetto dei termini, redige il protesto, secondo quanto previsto dagli artt. 55 ss. della legge assegni (R.D. 1736/1933), e lo trasmette alla Camera di Commercio territorialmente competente.
Con l’assegno regolarmente protestato sarà possibile procedere direttamente all’azione esecutiva, che inizia con la notifica dell’atto di precetto, ovvero, un’intimazione formale al debitore a corrispondere la somma dovuta entro 10 giorni. In caso di ulteriore inadempimento, si può procedere con il:
- pignoramento del conto corrente presso la banca;
- pignoramento dello stipendio o della pensione, nei limiti di legge;
- pignoramento di beni mobili o immobili di proprietà.
L’assegno protestato consente, pertanto, l’avvio di una procedura immediata ed efficace di recupero coattivo del credito, senza la necessità di una preventiva pronuncia giudiziale di condanna.