Arnaldi: “Battere Djokovic mi ha ricordato qual è il mio obiettivo. Io sono un lottare, da papà ho imparato il valore della fatica”
Sconfiggere il proprio idolo è un’impresa ardua per chiunque, ancor di più se si chiama Novak Djokovic ed è una delle leggende del tennis e dello sport in generale. Matteo Arnaldi, però, ci è riuscito al Master 1000 di Madrid, dove si è spinto fino ai quarti di finale. “Battere un campione come lui mi […] L'articolo Arnaldi: “Battere Djokovic mi ha ricordato qual è il mio obiettivo. Io sono un lottare, da papà ho imparato il valore della fatica” proviene da Il Fatto Quotidiano.

Sconfiggere il proprio idolo è un’impresa ardua per chiunque, ancor di più se si chiama Novak Djokovic ed è una delle leggende del tennis e dello sport in generale. Matteo Arnaldi, però, ci è riuscito al Master 1000 di Madrid, dove si è spinto fino ai quarti di finale. “Battere un campione come lui mi ricorda qual è il mio obiettivo”: a spiegarlo è proprio il tennista sanremese, numero 37 del ranking mondiale, che dopo l’esperienza in Spagna è pronto a scendere in campo agli Internazionali d’Italia, il torneo di casa in cui esordirà proprio oggi, 7 maggio, contro lo spagnolo Roberto Bautista–Agut.
LE DATE – Il calendario degli Internazionali
A Madrid sei riuscito a sconfiggere Djokovic. Quanto vale quella vittoria e quanto pensi possa aiutarti nel tuo percorso di crescita?
È stata una giornata speciale, una partita davvero unica. Novak è sempre stato il mio idolo, ho cercato fin da piccolo di ispirarmi a lui, di apprendere il più possibile guardandolo. Come credo faccia la maggior parte dei tennisti, provare a imitare ciò che ha fatto nel nostro sport è un sogno, anche se so quanto sia difficile. Quella vittoria per me ha un valore enorme, soprattutto perché è arrivata in un torneo così importante come Madrid, dove poi sono riuscito a proseguire con buoni risultati. Mi aiuterà tanto nei momenti complicati, a livello emotivo e motivazionale: sapere di aver affrontato e battuto un campione come lui mi dà fiducia e mi ricorda ogni giorno dove voglio arrivare e qual è il mio obiettivo finale.
Sei alla quarta partecipazione agli Internazionali. Quanto incide la spinta del pubblico di casa?
Avere il pubblico dalla tua parte è come avere un giocatore in più in campo. Ti spinge, ti dà forza nei momenti difficili, ti rimette in piedi quando le cose non vanno e ti esalta quando stai giocando bene. Negli ultimi mesi ho avuto la fortuna di sentire grande affetto anche all’estero, come a Barcellona, Madrid e negli Stati Uniti: tanti italiani che mi hanno sostenuto, e spero davvero di averli fatti appassionare e divertire. Ma Roma è Roma, e giocare in casa ha sempre un significato speciale.
SCHEDA – Chi sono i 23 azzurri agli Internazionali
Qual è la tua routine poco prima di una partita?
Ascolto sempre musica fino all’ultimo, anche quando entro in campo ho le cuffie: mi aiuta a trovare concentrazione, ritmo, la mentalità giusta per affrontare la partita. Non ho particolari riti scaramantici, preferisco concentrarmi su una routine ben definita: riscaldamento, stretching, musica e poi si va in campo con la testa al 100%.
Tuo padre è un ex nuotatore professionista, come mai tu hai deciso di optare per il tennis? Com’è il vostro rapporto?
Ho sempre ammirato mio padre per la sua disciplina e per come ha vissuto lo sport. Ma il nuoto non mi ha mai appassionato come il tennis. Quando ho iniziato a giocare, ho capito subito che era quello che volevo fare. Avere un atleta in casa è stato un grande vantaggio: ho imparato il valore della fatica, della costanza, del rispetto delle regole. Non è mai stato invadente, mi ha sempre lasciato libero di scegliere. Oggi abbiamo un rapporto bellissimo, lui c’è sempre, anche se non sempre visibilmente.
Hai spiegato che il 2024 è stato un anno di miglioramenti. Quali sono gli aspetti su cui hai lavorato maggiormente negli ultimi mesi? E in quali colpi ritieni di poter ancora migliorare?
Negli ultimi mesi ho lavorato molto sull’aspetto tattico, cercando di essere più aggressivo e propositivo, senza però perdere la mia identità di lottatore e di giocatore da fondo campo. Stiamo dedicando tanto tempo al servizio, perché mi permette di iniziare il punto in modo più offensivo. È un colpo che può davvero fare la differenza e sto cercando di renderlo sempre più efficace.
LA STORIA – L’albo d’oro degli Internazionali
TV – Dove vedere il torneo (Sky e Rai)
Di recente hai indicato Kobe Bryant come tuo punto di riferimento. Cosa ti ha ispirato maggiormente?
Kobe è stato un esempio straordinario, soprattutto per la sua mentalità: la Mamba Mentality. Mi ha ispirato la sua dedizione, l’attenzione ai dettagli, la voglia costante di migliorarsi in ogni aspetto, dentro e fuori dal campo. Ho cercato di portare questa attitudine nel mio quotidiano: in palestra, nell’alimentazione, nella gestione degli allenamenti. Non si tratta solo di allenarsi tanto, ma di allenarsi nel modo migliore possibile.
Negli Slam, i risultati migliori li hai ottenuti al Roland Garros e agli US Open. Cosa cambia nel tuo gioco tra le diverse superfici?
Il mio gioco si adatta alla superficie, come succede un po’ per tutti. Ovviamente ci sono differenze tra terra, cemento ed erba, ma credo che sia importante restare fedeli al proprio stile. Non ha senso snaturarsi in base alla superficie: devi adattarti, sì, ma sempre rimanendo te stesso. I migliori risultati sono arrivati dove il mio gioco ha trovato le condizioni ideali, e spero di continuare a crescere anche su quelle in cui mi sento meno a mio agio.
C’è un torneo in particolare che speri di poter vincere?
Vincere Roma sarebbe un’emozione incredibile, un sogno. Ma se devo scegliere un torneo in particolare, direi uno Slam. Non mi lamenterei per nessuno dei quattro (ride, ndr), ma lo US Open ha qualcosa di speciale: l’atmosfera, il pubblico, l’energia che si respira lì… è sempre stato un torneo che mi ha affascinato.
Nel 2023, a 22 anni, sei stato tra i protagonisti della vittoria dell’Italia in Coppa Davis. Cosa ti porti dietro di quell’esperienza?
In Davis l’approccio alla partita è diverso. Giochi per la squadra, per il tuo Paese, e senti ancora di più il peso e la responsabilità del match. Ma allo stesso tempo è bellissimo, perché condividi tutto con il gruppo: gioie, pressioni, momenti difficili. Un aneddoto che ricordo? Sicuramente l’abbraccio dopo la vittoria finale, è stato molto emozionante.
Diversi altri tennisti italiani in classifica sono più o meno tuoi coetanei. Che rapporto hai con loro?
Ho un buon rapporto con tutti. Siamo cresciuti insieme, abbiamo condiviso tanti tornei da junior e da professionisti. Con alcuni, come Francesco Passaro, ho legato particolarmente. Ora, con gli impegni che abbiamo, ci vediamo meno, ma appena c’è l’occasione per mangiare qualcosa insieme o passare del tempo fuori dal campo, la cogliamo sempre volentieri. È bello sapere che ci sosteniamo anche fuori dal campo.
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