Andrea Tafi: “I ricordi della Roubaix ’99. Pogacar attenda le mosse di Van der Poel, Ganna è pronto”
A pochi giorni dalla Parigi-Roubaix, abbiamo parlato con Andrea Tafi, professionista dal 1988 al 2005, con un bilancio di 30 vittorie di peso, tra le quali spiccano la Parigi-Roubaix 1999 (in maglia Mapei), la sua gara prediletta con all’attivo 13 partecipazioni, un 2°, un 3° e un 5°posto, il Giro delle Fiandre (Tafi è l’unico […]

A pochi giorni dalla Parigi-Roubaix, abbiamo parlato con Andrea Tafi, professionista dal 1988 al 2005, con un bilancio di 30 vittorie di peso, tra le quali spiccano la Parigi-Roubaix 1999 (in maglia Mapei), la sua gara prediletta con all’attivo 13 partecipazioni, un 2°, un 3° e un 5°posto, il Giro delle Fiandre (Tafi è l’unico italiano presente nell’albo d’oro di Giro delle Fiandre e Roubaix, ndr), il Giro di Lombardia e la Rochester Classic.
Non è da tutti vincere Fiandre, Roubaix e Lombardia, perché sono Classiche Monumento che richiedono caratteristiche molto diverse. Tu però ce l’hai fatta. Può farcela anche Pogacar sin da domenica?
“Per me, se lui ha deciso di correre la Roubaix, è perché si sente di poterla vincere, è in grande condizione e vuole confrontarsi con gli altri. Sono convinto che domenica Pogacar possa fare grandissime cose. Vedere un corridore che si vuole confrontare su tutti i fronti rende la grandezza di questo tipo di atleta. E’ un corridore che è presente in tutta la stagione e non si confronta solo una volta all’anno”.
1999-2025: in oltre vent’anni il ciclismo è cambiato tantissimo. Il percorso della Roubaix è rimasto uguale ma sono cambiati materiali e tecnologie…
“Il mezzo tecnico, rispetto a vent’anni fa, oggi fa la differenza e questo è un aspetto importantissimo che può giovare a favore di Tadej”.
Qual è il segreto, se c’è, di questa corsa? Come la si deve correre?
“Se io fossi in Tadej starei tranquillo e quindi coperto il più possibile fino ai primi pezzi di pavé. I punti cruciali saranno i primi tratti di pavé, perché tutti li vorranno prendere nelle prime posizioni e poi la scrematura viene da sola e dunque sarà la strada a parlare. La squadra, la UAE Team Emirates, dovrà essere vicina al proprio capitano per fargli spendere meno energie possibili nei primi 100 km di corsa”.
Quale tattica pensi che debba adottare lo sloveno per staccare Van der Poel?
“Se fossi in Tadej non giocherei d’anticipo, anzi sarei attendista e quindi aspetterei le mosse di Van der Poel, per poi seguirlo di conseguenza”.
Ritieni Filippo Ganna uno dei favoriti come alla Milano-Sanremo?
“Quest’anno Ganna è partito con la giusta grinta e voglia. Ho visto un Filippo molto determinato anche al Fiandre e ha fatto un’ottima cosa. Le sensazioni che un corridore prova nell’avvicinamento al grande obiettivo sono molto importanti, Filippo sia alla Sanremo che al Fiandre ha avuto segnali confortanti e questo gli deve dare morale e fiducia in vista di domenica. Una menzione anche per Ballerini che dopo un paio d’anni lo abbiamo rivisto con i migliori, dopo essere stato nell’ombra per un po’ e anche lui potrebbe giocarsi le sue carte domenica, così come Trentin. Gli italiani al Fiandre mi hanno sorpreso in maniera positiva”.
Ganna ha speso molte energie tra Harelbeke e Giro delle Fiandre, dove ha ottenuto ottimi piazzamenti. Il giusto avvicinamento in vista di domenica?
“Per arrivare al grande obiettivo bisogna soffrire, per sentire la gamba e la giuste sensazioni. Ganna si sta avvicinando a domenica con una condizione buona e l’avvicinamento è stato fatto nel migliore dei modi, con una preparazione eccellente e concentrandosi maggiormente sulla strada”.
Alla Roubaix ci sarà anche Jonathan Milan: pensi che in prospettiva possa diventare protagonista in questa corsa?
“Penso che quest’anno Jonathan abbia una piccola difficoltà in squadra che si chiama Mads Pedersen e che sta andando davvero fortissimo, però potrebbe essere un uomo su cui poter contare”.
Delle tue tre Classiche Monumento, quale ricordi con maggiore affetto?
“Ogni corsa che ho vinto ha un suo significato speciale. Su tutte direi la Roubaix, perché è da sempre stata il mio sogno ed è stato il coronamento di una carriera come il mio idolo Francesco Moser”.
Cosa ti resta di quel giorno?
“Mi resta tutto. Al traguardo c’era mia moglie Gloria con mio figlio Tommaso e sin dai primi km è stato come un nastro che si stava riavvolgendo e che mi ha fatto rivivere tutte le tappe della mia carriera. Le vittorie si cercano, si creano, arrivano da lontano e non per caso. Le vittorie si coltivano ogni giorno. La Roubaix è stata l’obiettivo sin dal primo colpo di pedale della stagione ’99. E’ stato un momento fantastico che per sempre porterò nel cuore. Se in carriera sono riuscito a realizzare tanti sogni è anche grazie alla famiglia Squinzi che mi ha dato la possibilità di svolgere il mio lavoro nel migliore dei modi, persone che per il ciclismo hanno fatto tantissimo e che hanno anticipato i tempi del ciclismo moderno, essendone i precursori. Per me loro sono sempre stati una famiglia, una grande famiglia che poi è stata la chiave del mio e del loro successo”.
Una Roubaix nella quale sei partito con il numero 17, a dispetto di chi sostiene che 17 non è numero vincente…
“C’è il 7 come numero costante nella mia vita: sono nato il 7 maggio, ho conosciuto mia moglie il 7 aprile di quarant’anni fa, ho vinto il Fiandre con il numero 77 e la Roubaix come il 17…”
Hai qualche rimpianto nella tua carriera?
“Rimpianti non ne ho, ma qualcosa mi è mancato ed è stata la maglia iridata che a Lugano nel 1996 sarebbe potuta essere un altro momento importante della mia carriera per colmare le vittorie nelle corse di un giorno. Sono molto felice della mia carriera, orgoglioso dei risultati che sono riuscito ad ottenere, ma sicuramente il Mondiale brucia”.