Analisi di mercato: azioni e obbligazioni guardano a tassi e inflazione
Il primo mese del 2025 ha evidenziato una dinamica monetaria complessa, in cui le principali banche centrali hanno adottato approcci differenziati in risposta a contesti economici eterogenei. La Banca Centrale Europea, ha tagliato i tassi di riferimento di un quarto di punto percentuale portando il costo del denaro al 2,75%

Il primo mese del 2025 ha evidenziato una dinamica monetaria complessa, in cui le principali banche centrali hanno adottato approcci differenziati in risposta a contesti economici eterogenei. La Banca Centrale Europea, ha tagliato i tassi di riferimento di un quarto di punto percentuale portando il costo del denaro al 2,75% (dal 3,00% di dicembre). In contrapposizione, la Federal Reserve ha preferito un approccio conservatore, lasciando invariato il costo del denaro al 4,5%, confermando così il pivot accomodante già pienamente scontato dal mercato.
Parallelamente, altre istituzioni di riferimento hanno tracciato linee distinte. La Banca di Russia ha consolidato il proprio orientamento restrittivo mantenendo il tasso al 21%, la People’s Bank of China ha proseguito con una politica espansiva per sostenere un’economia in fase di rallentamento, mentre la Bank of Japan ha progressivamente allentato il controllo sulla curva dei rendimenti, contribuendo a un indebolimento dello yen.
Quanto incidono le decisioni delle banche centrali
Le scelte delle banche centrali hanno avuto ricadute tangibili sui mercati valutari e azionari.
La volatilità sulle valute
L’euro ha registrato una performance disomogenea. Da un lato, si è apprezzato leggermente nei confronti della sterlina (+1%), mentre dall’altro ha subito correzioni significative rispetto al real brasiliano (-5%) e al rublo russo, quest’ultimo riflettendo il forte repricing del rischio a seguito delle politiche restrittive adottate in Russia. Inoltre, il deprezzamento dell’euro nei confronti di yuan e yen – con perdite intorno a un punto percentuale – si inserisce in un contesto di crescente divergenza monetaria, dove l’approccio espansivo della Banca Popolare Cinese e il rilassamento del controllo della Bank of Japan hanno influito rispettivamente sul valore delle monete asiatica e giapponese.
Azioni: l’Europa domina sul resto del mondo
Sul fronte azionario, le differenze regionali sono state marcate. L’Europa ha dominato con performance brillanti, come il rialzo del DAX (9%), dello SMI (8,5%) e dell’Euro Stoxx 50 (8%), sostenuti da dati macroeconomici migliori del previsto e da segnali di stabilizzazione del settore manifatturiero. Gli Stati Uniti hanno registrato rialzi più contenuti – il Dow Jones ha guadagnato il 5%, l’S&P 500 il 3% e il Nasdaq 100 il 2% – mentre il comparto tecnologico ha sofferto, in parte, a causa della delusione per i risultati di Tesla e della flessione di Apple, influenzata dal rallentamento della domanda in Cina.
Nei mercati emergenti, il Bovespa brasiliano ha beneficiato del rafforzamento del real e di un rinnovato interesse per le materie prime (+5%), mentre l’azionario cinese ha risentito di una domanda interna debole e della crisi immobiliare, con lo Shanghai Composite in calo del 3%, costringendo la Banca Popolare Cinese a intervenire con misure di sostegno. In Asia, il Nikkei giapponese ha chiuso in lieve calo (–0,8%), effetto combinato dell’indebolimento dello yen e delle speculazioni sulla futura politica monetaria della BoJ, mentre altri mercati della regione hanno evidenziato performance contrastanti, con rialzi contenuti a Taiwan e Singapore e ribassi più accentuati in mercati come Kuala Lumpur e Thailandia.
Fondi di investimento: mercati emergenti in ripresa
Queste dinamiche si sono riflesse anche nel panorama dei fondi comuni, dove le performance hanno mostrato una netta diversificazione in base alle aree geografiche e alle classi di asset. I fondi azionari, in particolare, hanno beneficiato della ripresa nei mercati emergenti. Gli indici dedicati al Brasile e all’America Latina Large e Mid hanno registrato ritorni rispettivamente pari al 12% e al 10%, mentre in Europa i segmenti azionari hanno prodotto performance solide, generalmente comprese tra il 6% e l’8%, a conferma delle migliorate prospettive corporate e della gradualità dell’allentamento monetario.
Al contrario, le allocazioni rivolte al subcontinente asiatico hanno evidenziato fragilità, come si evince dall’indice FIDA FFI Azionari India, che ha chiuso il periodo a –5,60%, riflettendo le persistenti tensioni regolatorie e le incertezze legate a riforme strutturali. In parallelo, il comparto tematico ha offerto ulteriori spunti: i fondi focalizzati su metalli preziosi, minerali e materie prime hanno registrato rendimenti medi intorno al 15%, sostenuti da un rinnovato interesse degli investitori e da dinamiche industriali favorevoli, mentre i settori finanziario, fintech e farmaceutico hanno ottenuto performance robuste, attestandosi tra il 6% e l’8%, alimentati da notizie societarie positive, quali operazioni di fusione e acquisizione e risultati trimestrali superiori alle attese.
Obbligazioni: la difesa delle convertibili
Nel comparto obbligazionario, i fondi convertibili si sono distinti per il loro approccio difensivo, con rendimenti attorno al 2% – il segmento in dollari ha raggiunto il 2,48% – evidenziando una gestione del rischio volta a contenere la volatilità in un contesto caratterizzato da rialzi dei rendimenti reali e da una cautela diffusa tra le banche centrali. Le strategie di ritorno assoluto hanno prodotto risultati eterogenei: mentre il segmento tassi e valute si è distinto con un rendimento del 3%, altri approcci, più diversificati, hanno generato guadagni compresi tra l’1,5% e il 2%, confermando l’efficacia dei meccanismi di hedging adottati in risposta agli sviluppi geopolitici e alle oscillazioni del mercato.
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