Abarth e Alfa Romeo, un matrimonio incompiuto

Karl Abarth cerca un partner per produrre auto da corsa e trova nel Biscione un possibile partner. Allestisce un esemplare unico per il quale costruisce un telaio ad hoc. Il capolavoro lo fanno (forse) Savonuzzi e Ghia. Ecco la breve storia della Abarth Alfa Romeo 2000 L'articolo Abarth e Alfa Romeo, un matrimonio incompiuto proviene da Veloce.

Mar 18, 2025 - 20:25
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Abarth e Alfa Romeo, un matrimonio incompiuto

Gli Anni ’50 sono un periodo d’oro per l’automobilismo grazie al fiorire della categoria Gran Turismo. La classe sportiva a metà tra la Turismo e la Sport, nata a Milano alla fine degli Anni ’40, ha permesso la creazione di fuoriserie straordinarie per effetto della loro formidabile doppia natura. In questi anni tutti, a bordo di una vettura GT, possono sentirsi automobilisti e piloti con la stessa auto. Durante la settimana queste sono “sportive normali”, siano esse piccole vetturette sfiziose o prestigios due porte che gli imprenditori guidano nel traffico cittadino. Ma nel weekend avviene la trasformazione: vetture da gara che si misurano sulle curve di una cronoscalata, di un circuito o, perché no, anche sulla passerella di un Concorso d’Eleganza. La chiave di volta è la semplice apposizione del numero di gara.

PIENA LIBERTÀ CREATIVA. In un’epoca scevra dalle rigide regole del Marketing il processo di nascita di una GT è alquanto semplice: il cliente acquista il “rolling chassis” (telaio e motore perfettamente assemblati e marcianti) lo stilista traccia le forme e il carrozziere confeziona il capolavoro. Il confine tra la macchina stradale e l’auto da corsa è sottile perciò non c’è l’esigenza della meticolosa preparazione meccanica che impone la spoliazione dell’esemplare, lo svuotamento dell’abitacolo, l’installazione di una gabbia roll-bar, la “pesante” preparazione del motore e la sostituzione di freni cerchi e gomme, scarico ecc. La Gran Turismo te la vivi così com’è, opera d’arte su ruote da guidare “qui e ora”; bastano guanti e casco. E se, invece, l’appuntamento è il Concorso di Villa d’Este, del Pincio, di Campione d’Italia o di Cortina d’Ampezzo la preparazione punta al massimo splendore delle lamiere, la lucentezza delle cromature, la perfezione delle impunture dei sedili.

IL BELLO DELLE COLLABORAZIONI TRA MARCHI. Le collaborazioni tra marchio costruttore, designer e carrozziere si basano sul semplice, libero e affascinante risultato di un’armonia di menti geniali. Problemi di omologazione, crash test e rispetto delle norme non sono un passaggio necessario. Perciò il risultato è, insomma, una suggestiva sportiva da mangiarsi con gli occhi, godere con le orecchie aperte per assaporare il suono del motore a carburatori, apprezzare con il piede e la bravura della perizia al volante.

L’ESPANSIONISMO DI ABARTH. Nella ricerca di espansione della propria attività Carlo Abarth stabilisce il contatto con l’Alfa Romeo e a questa si propone come collaboratore per sviluppare auto da corsa. Nel 1954 con il supporto della carrozzeria Ghia lo Scorpione presenta al Salone di Torino un affascinante esemplare unico che possa rinforzare la propria posizione verso il Biscione. Si chiama Abarth Alfa Romeo 2000 e la base meccanica è un inedito telaio in lamiera scatolata nel quale è installato, in posizione anteriore, il 4 cilindri di 1.975 cc della 1900 Super Sprint; si racconta che il livello progettuale fosse molto raffinato: il gruppo motore-cambio è montato in posizione più arretrata del consueto e il serbatoio del carburante è spostato verso il centro del telaio; il risultato è il migliore equilibrio delle masse rispetto ai canoni tradizionali per influire in modo decisivo sulle qualità dinamiche. Questo vigoroso motore ha testata con due alberi a camme, due valvole per cilindro e 135 cavalli di potenza massima. È abbinato al cambio a 4 marce.

LA MATITA DI SAVONUZZI. Il “pittore” di questo seducente concept dalla “doppia paternità” sportiva è il grande Giovanni Savonuzzi, eclettico artista autore di forme senza tempo (ma le fonti non sono concordanti sul suo diretto lavoro); gli artigiani della Ghia allestiscono un corpo vettura con due porte ma di forma piuttosto allungata. Il frontale si diparte dal classico stile del Biscione, vuoi per l’originale foggia dei fari con “palpebra cascante”, vuoi per la curiosa forma dello scudetto Alfa, inserito all’interno di una nicchia che ne modifica la percezione. La grande griglia anteriore crea un accostamento stilistico con le Coupé Ferrari e aumenta la personalità sportiva e vigorosa. Percorrendo la fiancata (stupenda la doppia colorazione in bianco e blu) si apprezza il parabrezza basso e avvolgente che definisce l’andamento sinuoso del tetto; in corrispondenza dei vetri laterali posteriori due uscite d’aria con lame verticali aumentano la percezione di possanza. In coda l’evoluzione formale del padiglione sviluppa una forma proporzionata che scende dolcemente tra le due pinnette e si raccorda con il paraurti dotato di rostri (moda americaneggiante). Molto interessante e innovativa è la creazione di un coperchio baule integrato con il lunotto. Secondo le testimonianze questa suggestiva e slanciata coupé di fattura italiana viene presentata anche al Salone di Parigi ma, successivamente, non ha seguito nei programmi sportivi dei marchi coinvolti. Un sublime esercizio di meccanica e di stile purtroppo rimasto tale.

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