Vizi e virtù della politica
"Le parole della politica" di Gianfranco Pasquino letto da Francesco Provinciali

“Le parole della politica” di Gianfranco Pasquino letto da Francesco Provinciali
Ci sono tutte le parole della politica nel prezioso libro del Prof. Gianfranco Pasquino, emerito all’Università di Bologna e socio dell’Accademia dei Lincei: rivisitate e aggiornate rispetto alla precedente edizione del 2000. Da ‘antipolitica’ a ‘ulivo’ il frasario ricorrente nelle esternazioni e nei siparietti televisivi delle giaculatorie mandate a memoria, ma anche nelle stanze e aule nobili delle istituzioni ascoltate in questo quarto di secolo, viene descritto utilizzando gli stilemi linguistici sopravvissuti alla vera alternanza del politicamente corretto: quella della parola, sovente ridotta a mero e vuoto flatus vocis.
Ai tempi della famigerata Prima Repubblica quando le alleanze non reggevano più si faceva ricorso ai “governi ponte”, ai “governi balneari”, “di transizione” e a quelli per “il disbrigo degli affari correnti”: termini oggi desueti, al pari di ‘compromesso storico’, ‘convergenze parallele’, ‘manuale Cencelli’, ‘equilibri più avanzati’, ’politica dei due forni’, ‘strategia dell’attenzione’, di fatto spariti dal dizionario oggi prevalente e sostituiti da mappe concettuali adatte ai tempi. Il vero rinnovamento da tutti auspicato finisce in un gioco di parole nuove.
Allora nessuno si ispirava apertamente a Max Weber, infatti non si parlava di beruf o competenza, ma la scaltrezza delle argomentazioni era affinata nei congressi di partito, qualche calibro da novanta emergeva lo stesso per attitudine e vocazione, si formavano parvenze di idee e di pensiero.
La società non era liquida, complessa, trasparente e neppure mucillaginosa come la descrive oggi Giuseppe De Rita: il radicamento e i conflitti erano prevalentemente ideologici come il senso di appartenenza, nessun cattolico o comunista o liberale si sarebbe mai sognato di riciclarsi cadendo sulla via di Damasco (e neppure su quella di Roma).
Il sistema elettorale era rigorosamente proporzionale e il partito di centro sceglieva quei tre o quattro satelliti che gli consentivano una continuità camuffata da discontinuità.
In genere – mi riferisco ai capipopolo – era gente che sapeva il fatto suo anche se più portata a gestire l’esistente che a programmare il futuro, ne è prova il debito pubblico spaventoso ereditato che tramanderemo, considerato il nuovo poi sopravvenuto e quello che avanza, “omnia saecula saeculorum”.
Infatti l’insegnamento prevalente messo in circolazione era quello dei diritti da conquistare e non quello dei doveri da imparare: di buoni esempi non ne abbiamo avuti molti, c’è stato un crescendo di rivendicazioni e l’etica prevalente è da sempre quella di superarsi a vicenda, quanto alla gratitudine – o mores o tempora – alla fine ci è rimasta solo quella del giorno prima: anche questa pessima tradizione si è rinsaldata ed esce indenne dai richiami dell’etica, del buon senso e della ragione.
Ora che abbiamo cambiato secolo, millennio e classe politica mentre le ideologie sono state travolte insieme agli ideali, molti problemi sono rimasti, altri solo cambiati e ne sono arrivati dei nuovi in quantità incommensurabile. La competenza e la sagacia del Prof. Pasquino prendono le misure alla politica dell’oggi e alla fin fine dimostrano – con esempi e analisi scaltrite e circostanziate – che le differenze tra il dire e il fare rimangono e forse sono amplificate e dissonanti rispetto alla capacità di leggere e interpretare i bisogni della gente: la ‘fuffa’ resta intatta e si conserva bene, come già in esordio di questa aggiornata edizione l’autore ben evidenzia, paventando subito il pericolo che persuasione e imbonimento siano la premessa di una ricorrente manipolazione sociale. Leggendo questo libro che mette a nudo i molti difetti e le poche virtù di una politica definita “pasticciata e pasticciona e di una “democrazia di qualità molto bassa e sicuramente insoddisfacente”, nessuno si aspetta di trovare parole che non si ascoltano mai: umiltà, dedizione, etica, coraggio, considerazione, umanità, responsabilità, competenza… che non sono solo termini abbandonati e inusuali ma che esprimono l’assenza di corrispettivi sentimenti di interpretazione dei bisogni individuali e collettivi.
Non indulge a retorica il Prof. Pasquino e non si dichiara neutrale: desidera una democrazia maggioritaria e bipolare, ribadisce il dovere di votare, non giustifica l’astensione elettorale, il disimpegno e l’indifferenza perché politica vuol dire partecipazione, passione ed emozioni così come non si rassegna ad una classe politica composta da burocrati e carrieristi. Tutto questo suffragato da un’analisi erudita e scientifica, perché bisogna sottrarsi alla tirannia delle parole: la vera cultura si nutre di riflessione, pacatezza, temperanza.
Come il Prof. Pasquino sa, ci sono in giro anche esempi da imitare, in genere silenti e nascosti: sono le persone rette che conquistano l’adesione dei cittadini, poiché esprimono coerenza tra idee e azioni. Ma ci sono anche molti “dottor sottile”, depositari di una eredità culturale autoreferenziale, che cercano cavilli, puntualizzano, si compiacciono di elaborazioni semantiche sempre più ardite. Costoro ricordano i monsignori presi di mira da Voltaire: persone molto più impegnate a gareggiare nel distinguersi tra di loro che nell’assomigliare a Cristo. E questa metafora valga anche in senso laico, per chi si atteggia ad essere l’ultimo defensor fidei.