Viviamo una realtà già nel multiverso e non ce ne siamo accorti

Ammetto che, ogni volta che rifletto sul multiverso, provo un brivido simile a quello davanti al cielo stellato in una notte limpida sulle montagne d’Europa. Sembra fantascienza, eppure la fisica quantistica — disciplina che ha rivoluzionato il nostro modo di comprendere l’infinitamente piccolo — ci costringe a prendere sul serio l’idea che la nostra realtà […] Viviamo una realtà già nel multiverso e non ce ne siamo accorti

Apr 17, 2025 - 11:12
 0
Viviamo una realtà già nel multiverso e non ce ne siamo accorti
Ammetto che, ogni volta che rifletto sul multiverso, provo un brivido simile a quello davanti al cielo stellato in una notte limpida sulle montagne d’Europa. Sembra fantascienza, eppure la fisica quantistica — disciplina che ha rivoluzionato il nostro modo di comprendere l’infinitamente piccolo — ci costringe a prendere sul serio l’idea che la nostra realtà quotidiana possa essere solo uno fra molti scenari possibili. Negli ultimi cento anni gli esperimenti hanno confermato oltre ogni ragionevole dubbio che viviamo in un universo dominato dalla fisica quantistica, dove le particelle possono trovarsi in sovrapposizione di stati. Tuttavia, ciò che percepiamo con i sensi è una realtà classica solida e priva di ambiguità. Questa apparente contraddizione mi ricorda un paradosso filosofico: come può un mosaico di possibilità indeterminate produrre un’unica esperienza coerente? Uno dei tentativi più audaci di rispondere è l’interpretazione a “molti mondi”, secondo cui ogni misura quantistica ramifica l’universo in infiniti scenari paralleli. Il celebre esperimento mentale del gatto di Schrödinger trasforma un fenomeno microscopico – il decadimento radioattivo – in un effetto macroscopico: un felino contemporaneamente vivo e morto finché la scatola non viene aperta. Se ogni esito possibile si concretizza in un universo distinto, il multiverso diventa non solo plausibile ma necessario. È come se la natura, piuttosto che scegliere, conservasse ogni opzione su binari divergenti. Eppure, nella mia esperienza di essere umano, vedo sempre – per fortuna del micio – un solo risultato. Un passo avanti decisivo arriva dal concetto di storie consistenti, una formalizzazione che tratta i processi fisici come registri di eventi in sequenza temporale. Nel 2024 un team dell’Università Autònoma di Barcellona, guidato da Philipp Strasberg e Joseph Schindler, ha simulato sistemi con oltre 50 000 livelli energetici, mostrando che l’aumento dell’energia sopprime in modo esponenziale le alternative quantistiche e lascia emergere un singolo stato macroscopico. Il risultato, pubblicato su Physical Review X, suggerisce che la realtà classica appaia come il tronco robusto di un albero che cresce da semi quantistici. Mi ha colpito la rapidità con cui la coerenza svanisce: quando il numero di particelle sale a qualche migliaio, gli effetti di sovrapposizione diventano irrilevanti per osservabili “a bassa risoluzione”, le grandezze che contano davvero su scala umana. È come se l’universo stesso si auto‑montasse un filtro antirumore, lasciando a noi una pellicola perfettamente nitida. Se la decorrenza è così efficiente, potremmo vivere in un cosmo dove le altre diramazioni esistono ma restano inaccessibili, separate da barriere di interferenza simili a vetri insonorizzati. Questa visione armonizza l’interpretazione a molti mondi con il senso comune: la pluralità degli universi non contraddice la singolarità dell’esperienza. Mi affascina l’idea che la freccia del tempo, la crescita dell’entropia e persino la robustezza delle leggi di spazio‑tempo emergano come proprietà statistiche di un immenso ventaglio di possibilità. Rimangono, però, interrogativi cruciali. Lo studio catalano assume che ogni universo segua la stessa dinamica, ma nulla vieta che da qualche parte — magari in un angolo remoto del multiverso — esista un ramo dove il gatto rimane in perenne sovrapposizione, un limbo che sfida ogni intuizione filosofica. ScienceAlert ha sollevato proprio questo dubbio, invitandoci a non escludere scenari radicali. Inoltre, la simulazione copre «solo» decine di migliaia di livelli energetici; il mondo reale ne contiene astronomicamente di più. E se esistessero meccanismi nascosti – legati, per esempio, alla gravità quantistica – che riaccendono la coerenza su scale più grandi? Personalmente trovo intrigante la possibilità che la risposta stia nella struttura dello spazio‑tempo stesso, forse in dimensioni extra ipotizzate da alcune teorie di stringa.   Quando chiudo il computer dopo aver letto questi studi, mi resta la sensazione entusiasmante che il multiverso non sia soltanto un’idea esotica ma una cornice necessaria per spiegare perché, qui e ora, io possa digitare queste parole in un mondo coerente. La fisica quantistica ci mostra un caleidoscopio di opzioni; le storie consistenti spiegano perché ne vediamo una sola. In fondo, vivere in un universo in cui le possibilità collassano in un’unica traiettoria, tra miliardi di alternative, rende l’esistenza ancora più preziosa. È come assistere a uno spettacolo irripetibile conoscendo l’esistenza di infinite repliche dietro le quinte.

Viviamo una realtà già nel multiverso e non ce ne siamo accorti