Vicende del teatro d’opera . Il futuro del melodramma non passa dalla nostra Firenze. Dieci anni dopo, il Maggio
Ildebrando Pizzetti il 30 gennaio 1923 racconta per "La Nazione" la situazione fiorentina. Gli impresari bacchettavano la stampa incolpandola di aver allontanto il pubblico dalle scene. .

Il cancello del teatro d’opera fiorentino è dunque a rumore. Perché la grande stagione di Carnevale del teatro Verdi è andata, inizialmente, male ed è andata mate perc gli spettacoli. Abbiamo da dire che furon cattivi? No, vogliamo esser gentili, e diremo che non parvero buoni. Ma tu, dice un lettore che lo sa, tu non c’eri. Vero: ma che fossero cattivi non lo dico io ma tutti quelli che ci furono, lo ha detto per bocca di un suo autorevolissimo rappresentante, perfino l’Associazione del Teatro Lirico. Si cominció, dicon tutti con un’ Aida e una Bohème in veste da camera; poi si ebbe, salvando l’ottimo Stabile, un Faltstaff mediocre. Infine, dopo una... fugace apparizione del comm. De Muro in veste di Radames, due opere nuove per Firenze (disgraziata Firenze) dovute alla concorde collaborazione e alle concordi speranze dei fratelli Monteone. E il pubblico ingrato - e questo lo dice anche l’impresario che ha disertato le opere al Verdi ed è andato piuttosto -ahimè - al teatro d’operetta. Questi i fatti, ai quali son seguite le rimostranze più o meno esplicite contro la stampa cittadina, e specialmente contro questo giornale, colpevole di non aver appoggiato gli sforzi intesi per offrire ai fiorentini spettacoli d’opera vari e assortiti. Le considerazioni della Associazione per Teatro Lirico intorno alla mancata corrispondenza del pubblico fiorentino da parte di di chi vorrebbe offrire a Firenze spettacoli d’opera. O dovrebbe seguire la normale e proverbiale ars fiorentina a fare a meno di speciali d’opera. Più volte noi abbiamo detto quale sarebbe, a parer nostro, la via per cui giungere a poter dotare Firenze di una vera degustazione di spettacoli d’opera, in costruzione di un Ente Autonomo del Teatro. L’abbiam detto molte volte, per costituire quell’Ente autonomo occorre la disponibilita e di un grande teatro, o dei tre grandi teatri di Firenze nessuno è ora disponible. Intanto, a confortare la nostra speranza, viene al nostro voto e al nostro proposito dal Popolo d’Italia che pubblicava pochi giorni fa un importante articolo del suo redattore Alcco Toni, riguardante In particolar modo il problema del teatro musicale italiano, articolo del quale sotto scrivemmo volentieri i nobilissitat concetti informativi. Ne ripubblichiamo qui alcuni periodi fra i più significativi. Il numero del teatri che si aprono con spettacoli è in progressiva e continua diminuzione, Le stazioni carnevalesche di quest’anno si contano sulle dita, è quelle che si possono di bassa speculazione, l’arte non vi figura. Le opere includono nei cartelloni come un riempitivo pleonastico e si ha cura di esse come di un pesante ed inutile fardello da sopporta re senza ragione, Gli artisti canóri son considerati e trattati come merce vile da strutturarsi e da commerciarsi non importa come. I programmi delle rappresentazioni sono sempre gli stessi che da più lustri il pubblico rimugina in cauzioni ogni anno peggiorate, la vita dei teatri fiorentini agonizza dunque consunta da mille stenti. Principalmente è mancato in questi ultimi anni per il loro normale funzionamento, l’elemento finanziario. Le convenzioni e le disposizioni finanziarie che ne resero possibile l’apertura un tempo, non hanno la stessa virtù. La situazione economica del Paese si è alterata, come tutti sanno, Pochissimi municipi sono in condizioni di mantenere al teatro l’opera, la dote tradizionale, ma i palchisti non possono da soli fornirgli la necessaria, sovvenzione. Arte è ricchezza e fasto. Per rendere possibile le sue manifestazioni più alte e solenni, c’è sempre stato bisogno del mecenatismo più o meno personale. Quel pochi teatri che si aprono debbono sottostare quindi ad ogni arbitrio del loro impresari, molti dei quali furono come del corvi su un cadavere E tracciato questo quadro, che non è davvero troppo pessimistico, delle presenti condizioni del teatro musicale italiano. Il Toni aggiunge: C’è una legge dello Stato che da facoltà, a quegli Enti sorti o da sorgere în determinati capoluoghi di provincia por in gestione, non a scopo di lucro, del teatro d’opera, il riscuotere sulla tasse dei pubblici spettacoli della province, nella quale funzioni una percentuale del 2 per cento.