Verità e bugie sul Manifesto di Ventotene
Decontestualizzare il Manifesto di Ventotene per buttarla in politica, ricorrere cioè al passato per definire l’attualità, è un azzardo. Il taccuino di Guiglia.

Decontestualizzare il Manifesto di Ventotene per buttarla in politica, ricorrere cioè al passato per definire l’attualità, è un azzardo. Il taccuino di Guiglia
Non poteva essere più surreale lo scontro politico che s’è scatenato alla Camera alla vigilia dell’importantissimo Consiglio europeo, chiamato ad occuparsi non del Manifesto di Ventotene -correva l’anno 1941-, bensì del presente in Ucraina e del futuro della difesa europea.
Invece, la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, forse nell’intento di mettere in imbarazzo le opposizioni che la contestavano per la posizione da loro considerata poco europeista del governo, ha pensato bene di tirar fuori dal cassetto e dal cappello alcuni passaggi di quel Manifesto molto noto, ma poco conosciuto. E di leggerli in aula.
Ha così citato la prospettata abolizione della proprietà privata e l’auspicata dittatura frutto di un non meglio identificato “partito rivoluzionario”. Concludendo: “Non so se questa è la vostra Europa, certamente non è la mia”.
“Vergogna!”, è stata l’immediata reazione da sinistra fino all’“oltraggio alla memoria europea”, pronunciato dalla leader del Pd, Elly Schlein, in un’aula nel frattempo trasformatasi in corrida. Due volte la seduta sospesa.
E così il contenuto delle comunicazioni della presidente del Consiglio ha perso ogni sostanza per essere giudicato -era questa la ragione dell’appuntamento a Montecitorio-, essendosi la polemica dei deputati ridotta e concentrata tutta su uno dei documenti considerati alle origini dell’Unione europea.
Il Manifesto è un documento lungo, astratto e concettoso, come ognuno può giudicare da sé. Ma decontestualizzare quel testo ormai di Storia per buttarla in politica, ricorrere cioè al passato per definire l’attualità, è sempre un azzardo.
In realtà, quel testo di idee socialiste e federaliste, scritto da Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi mandati dal fascismo al confino all’isola di Ponza, non portò all’esproprio proletario né alle dittature comuniste. Portò all’attuale Europa dei 27 all’insegna del superamento dei nazionalismi, che il Manifesto auspicava in quel tempo lontano. E’ prevalso lo spirito di pace sulle rovine della guerra, come gli europei possono testimoniare da 80 anni.
E così, a differenza del precedente dibattito al Senato, la Camera ha finito per rendere secondari gli interrogativi primari che si pongono gli italiani dopo i colloqui Trump-Zelensky e dopo la telefonata Trump-Putin.
Si va davvero a una tregua di 30 giorni o nel patto con lo Zar c’è più fuffa che arrosto? E’ realistico pensare a una pace giusta e duratura entro l’anno, come spera Zelensky? Ma soprattutto: in che modo il governo italiano intende intervenire sull’Ue per continuare a sostenere l’Ucraina a resistere alla Russia e per darsi una difesa comune (il progetto ReArm di Ursula von der Leyen), così da evitare che un Paese europeo possa un giorno subire la stessa sorte toccata a Kiev da 1.200 giorni?
Al termine passa la risoluzione della maggioranza per rafforzare la difesa delle nazioni dell’Ue in sintonia con gli Stati Uniti e con la Nato.
Quella scelta occidentale che Giorgia Meloni indicava come bussola per l’Italia, prima di innescare lo scontro su Ventotene.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza, Bresciaoggi e Gazzetta di Mantova
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