Vendite al dettaglio, forte calo nell’ultimo anno: si salva solo un prodotto
Le vendite al dettaglio diminuiscono su base annua sia in valore che in volume. In calo sia i beni alimentari sia quelli non. Per le associazioni dei consumatori è un tracollo

L’Istat ha comunicato che, a febbraio 2025, le vendite al dettaglio in Italia non presentano variazioni significative rispetto al mese precedente, con l’eccezione del settore alimentare, che registra un lieve aumento. Tuttavia, confrontando i dati su base annua, si evidenzia una diminuzione più pronunciata, la più significativa degli ultimi dieci mesi, sia in valore che in volume.
Infatti, a febbraio 2025 le vendite al dettaglio diminuiscono dell’1,5% in valore e del 2,5% in volume, comparando con febbraio 2024. Sono in calo sia le vendite dei beni alimentari (-0,4% e -2,9%) sia quelle dei beni non alimentari (-2,2% e -2,4%).
I dati su base mensile e annua
A febbraio 2025, si registra una leggera variazione congiunturale positiva per le vendite al dettaglio, con un incremento dello 0,1% in valore e una stabilità in volume. I beni alimentari mostrano un aumento nelle vendite (+0,4% e +0,1%), mentre i beni non alimentari rimangono invariati.
Nel trimestre dicembre 2024-febbraio 2025, le vendite al dettaglio registrano un aumento dello 0,1% in valore, ma una diminuzione dello 0,3% in volume, come anche i beni alimentari (+0,3% e -0,4%), mentre i beni non alimentari segnano un calo per entrambi i settori (-0,1% e -0,3%).
Ma è su base annua che si registrano i problemi: “La flessione coinvolge sia le vendite dei beni alimentari sia quelle dei beni non alimentari. Sempre in termini tendenziali, le vendite al dettaglio sono in diminuzione per tutte le forme distributive, con un calo meno marcato per la grande distribuzione”, spiega l’Istat.
Male anche la distribuzione
Per quanto riguarda i beni non alimentari, si osservano variazioni tendenziali negative per quasi tutti i gruppi di prodotti. Per esempio:
- prodotti di profumeria, cura della persona (+1,7);
- elettrodomestici, radio, tv e registratori (0,0);
- prodotti farmaceutici (-0,5);
- giochi, giocattoli, sport e campeggio (-1,3);
- dotazioni per l’informatica, telecom., telefonia (-1,7);
- altri prodotti (gioiellerie, orologerie) (-1,8);
- generi casalinghi durevoli e non durevoli (-2,3);
- abbigliamento e pellicceria (-2,8);
- mobili, articoli tessili, arredamento (-4,4);
- cartoleria, libri, giornali e riviste (-4,5);
- utensileria per la casa e ferramenta (-4,6);
- foto-ottica e pellicole, supporti magnetici, strumenti musicali (-4,8);
- calzature, articoli in cuoio e da viaggio (-6,2).
Le vendite al dettaglio sono in flessione per tutte le forme distributive, se confrontate con febbraio 2024:
- grande distribuzione (-0,5%);
- imprese operanti su piccole superfici (-2,4%);
- vendite al di fuori dei negozi (-2,2%);
- commercio elettronico (-1,9%).
“Questi dati, purtroppo, confermano un trend non positivo per il settore”, sottolinea l’Istat, evidenziando la necessità di monitorare attentamente l’evoluzione dei consumi nei prossimi mesi.
Per le associazioni dei consumatori è una Caporetto
Dati negativi per l’economia italiana, con Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori, che tuona: “Una Caporetto! Le vendite precipitano su base annua dell’1,5% in valore e addirittura del 2,5% in volume. Dati a dir poco allarmanti! Non solo riprende la cura dimagrante degli italiani, ma la dieta forzata è di quelle pericolose, con un crollo del 2,9% delle vendite alimentari in volume. Insomma, gli italiani mangiano molto meno cibo in quantità rispetto allo scorso anno”.
Secondo l’associazione, se si traduce in euro il calo dei volumi consumati su febbraio 2023, le spese alimentari per una famiglia media scendono su base annua di 183 euro a prezzi del 2024, quelle non alimentari di 451 euro, per un totale di 634 euro. “Una coppia con 2 figli acquista 265 euro in meno di cibo e 645 euro di beni non alimentari, per una cifra complessiva di 910 euro, mentre per una coppia con un figlio sono 235 euro in meno per mangiare, 823 euro in totale”.
Per Assoutenti a pesare su tale situazione è la crisi delle materie prime che sta portando a sensibili rialzi dei prezzi per prodotti alimentari di largo consumo, beni che registrano in alcuni casi una inflazione a due cifre che costringe i consumatori a cambiare abitudini e ridurre gli acquisti. “Per questo sollecitiamo il governo e il mondo della politica a studiare misure per garantire alle famiglie in difficoltà i cosiddetti “consumi di cittadinanza”, ossia beni di prima necessità e servizi essenziali come forniture di acqua, luce e gas, che sono un diritto universale dei consumatori”, spiega il presidente Gabriele Melluso