Un enorme buco nero si “risveglia” nella costellazione Vergine: è a 300 milioni di anni luce dalla Terra
Dopo un sonno lungo decenni, un grosso “mostro” situato al centro di una galassia della costellazione Vergine si è risvegliato. Il buco nero supermassiccio al centro della galassia SDSS1335+0728, situato a 300 milioni di anni luce dalla Terra, ha infatti recentemente iniziato a rilasciare intensi e regolari lampi di raggi X. A registrare per la […] L'articolo Un enorme buco nero si “risveglia” nella costellazione Vergine: è a 300 milioni di anni luce dalla Terra proviene da Il Fatto Quotidiano.

Dopo un sonno lungo decenni, un grosso “mostro” situato al centro di una galassia della costellazione Vergine si è risvegliato. Il buco nero supermassiccio al centro della galassia SDSS1335+0728, situato a 300 milioni di anni luce dalla Terra, ha infatti recentemente iniziato a rilasciare intensi e regolari lampi di raggi X. A registrare per la prima volta questo eccezionale fenomeno cosmico è stato un team di ricercatrici e ricercatori internazionali in uno studio pubblicato sulla rivista Nature Astronomy. I risultati offrono una straordinaria opportunità per studiare il comportamento di un buco nero in tempo reale. L’osservazione di questi lampi, resa possibile grazie al telescopio spaziale XMM-Newton dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA), ha portato a scoperte senza precedenti sugli eventi energetici generati dai buchi neri supermassicci.
Sebbene i buchi neri supermassicci, che hanno masse di milioni o addirittura miliardi pari a quella del nostro Sole, siano noti per nascondersi al centro della maggior parte delle galassie, la loro stessa natura li rende difficili da individuare e quindi studiare. In contrasto con l’idea popolare che i buchi neri “divorino” continuamente materia, questi mostri gravitazionali possono passare lunghi periodi in una fase dormiente. Questo è stato il caso del buco nero al centro di SDSS1335+0728, soprannominato Ansky, che per decenni è rimasto inattivo. Nel 2019 qualcosa cambia, quando gli astronomi osservano un’improvvisa “accensione” della galassia, seguita da straordinari lampi di raggi X. Questi segnali hanno portato alla conclusione che il buco nero fosse entrato in una nuova fase attiva, trasformando la galassia che lo ospita in un nucleo galattico attivo.
Nel febbraio 2024, il team di ricerca guidato da Lorena Hernández-García, ricercatrice presso l’Università di Valparaiso in Cile, ha iniziato a osservare i lampi regolari di raggi X provenienti da Ansky. “Questo raro evento ci permette di osservare il comportamento di un buco nero in tempo reale, utilizzando i telescopi spaziali XMM-Newton e quelli della NASA NICER, Chandra e Swift”, spiega Hernández-García. “Questo fenomeno è conosciuto come eruzione quasi periodica (in inglese Quasiperiodic Eruption, QPE) di breve durata ed è la prima volta che osserviamo un racconto evento in un buco nero che sembra essersi risvegliato”, aggiunge.
Questi fenomeni sono stati finora associati a piccole stelle od oggetti che interagiscono con la materia in orbita attorno al buco nero stesso, il cosiddetto disco di accrescimento, ma nel caso di Ansky, non ci sono prove che una stella sia stata distrutta. Gli astronomi ipotizzano che i lampi possano derivare da oggetti più piccoli che disturbano ripetutamente il materiale del disco di crescita, generando potenti shock che liberano enormi quantità di energia. Ognuna di queste eruzioni sta rilasciando cento volte più energia rispetto alle eruzioni quasi periodiche tipiche: sono infatti dieci volte più lunghe e luminose, e con una cadenza mai osservata prima di circa 4,5 giorni, che mette alla prova i modelli teorici esistenti sui buchi neri.
Osservare l’evoluzione di Ansky in tempo reale offre agli astronomi un’opportunità unica per approfondire la comprensione dei buchi neri e degli eventi energetici che li alimentano. Attualmente, esistono ancora più modelli che dati sulle eruzioni quasi periodiche, e saranno quindi necessarie ulteriori osservazioni per comprendere a pieno il fenomeno.
“Nonostante la notevole attività nella banda dei raggi X, Ansky risulta ancora sopito nella banda radio”, commenta Gabriele Bruni, ricercatore dell’INAF e co-autore del lavoro pubblicato. “Infatti, né le nostre osservazioni con il radiotelescopio australiano ATCA, né le campagna osservativa radio che hanno osservato la sua regione di cielo negli ultimi anni hanno rilevato emissioni dalla sua direzione, escludendo così – continua – la presenza di un getto relativistico prodotto durante la riattivazione del buco nero. Nei prossimi mesi continueremo a tenere d’occhio Ansky per scovare la possibile nascita di un getto come già verificato in altri casi di nuclei galattici attivi riattivati”.
Le eruzioni ripetitive di Ansky potrebbero anche essere associate alle onde gravitazionali, obiettivo dalla futura missione LISA dell’ESA. L’analisi di questi dati nei raggi X, insieme agli studi sulle onde gravitazionali, aiuterà a risolvere il mistero di come i buchi neri massicci si evolvono e interagiscono con l’ambiente circostante.
di Valentina Arcovio
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