“Tutto su Vittorio De Sica” omaggia uno dei padri del neorealismo

A cinquant'anni dalla morte, il libro di Piero Spila e Jean A. Gili colma un vuoto su Vittorio De Sica, attore e regista 4 volte Premio Oscar L'articolo “Tutto su Vittorio De Sica” omaggia uno dei padri del neorealismo proviene da Globalist.it.

Mar 7, 2025 - 18:16
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“Tutto su Vittorio De Sica” omaggia uno dei padri del neorealismo

di Alessia de Antoniis

È in libreria per Gremese Editore il libro Tutto su Vittorio De Sica, volume antologico in forma di dizionario, scritto da 40 autori e curato da Jean A. Gili e Piero Spila. Un’opera ampia, di oltre 500 pagine e 120 voci, dalla “A” di “Abbasso la ricchezza” fino alla “Z” di “Zavattini”, passando per censura, famiglia e gioco d’azzardo, elementi chiave nella vita e nei film di De Sica.

Il libro – come spiega Piero Spila, giornalista e critico cinematografico coautore dell’opera – nasce con l’idea di colmare un vuoto nella critica su Vittorio De Sica, che spesso si è limitata al personaggio pubblico, alla sua famiglia e ai ruoli iconici, approfondendo poco la sua importanza cinematografica.

Durante la ricerca, c’è stato qualcosa che l’ha sorpresa su De Sica?

La sua grandezza come regista. Iniziò come attore brillante, ma già nei primi anni dimostrò una straordinaria capacità di regia, senza aver frequentato scuole di cinema. Passò da piccole commedie leggere a film fondamentali come I bambini ci guardano e Ladri di biciclette, diventando un pilastro del neorealismo.

Quali sono le caratteristiche che apprezza della regia di De Sica?

La sua regia è stata definita “trasparente”, perché non si impone sul film. A differenza di registi che usano movimenti di macchina complessi, De Sica si mette al servizio della scena e degli attori. Aveva poi una straordinaria capacità di dirigere sia attori professionisti che gente presa dalla strada e ottenere interpretazioni straordinarie. Il neorealismo desichiano si distingue per l’umanità che riesce a trasmettere, per il suo sguardo pietoso ma mai retorico sulla realtà.

Per molti è stato determinante il connubio De Sica – Zavattini. Ma qual è la vera anima desichiana?

Il sodalizio tra De Sica e Cesare Zavattini è stato fondamentale per il cinema italiano. Erano così complementari da definirsi come “caffè e latte”: indivisibili e indispensabili l’uno all’altro. Zavattini portava una forte impronta letteraria, con una visione sociale e poetica della realtà, mentre De Sica trasformava queste idee in immagini cinematografiche, con un’attenzione straordinaria alla messa in scena e alla recitazione. La critica ha spesso attribuito più meriti a Zavattini, vedendo De Sica come un ottimo esecutore. Tuttavia, quando De Sica riusciva a staccarsi dall’influenza di Zavattini, emergeva ancora di più la sua grandezza registica. Film come Il giardino dei Finzi Contini dimostrano come De Sica fosse innovativo e sapesse adattarsi a contesti diversi, mantenendo sempre il suo stile inconfondibile.

Il finale di Miracolo a Milano, Zavattini lo aveva immaginato in modo diverso. Nella sua sceneggiatura, i barboni, dopo essere fuggiti su scope volanti nel cielo di Milano, avrebbero cercato di atterrare in varie parti del mondo, ma ovunque avrebbero trovato cartelli di proprietà privata o altre barriere, a simboleggiare l’impossibilità di trovare un luogo davvero accogliente.

In sede di montaggio, De Sica decise di non seguire questa versione e preferì lasciare il finale aperto e poetico, con i barboni che volano verso un altrove indefinito, trasformando la scena in un momento di pura magia cinematografica. Questo finale è stato poi ripreso da Steven Spielberg in E.T. nella celebre scena in cui E.T. e i bambini volano sulle biciclette davanti alla luna. Spielberg ha dichiarato più volte la sua ammirazione per De Sica, e questa somiglianza è un omaggio alla visione del regista italiano.

Come la sua esperienza di attore ha influenzato la sua regia? E perché per tanti resta il maresciallo di “Pane, amore e fantasia”?

La sua esperienza di attore ha avuto un ruolo chiave nella sua regia. Dirigeva partendo sempre dagli attori, provava le scene con loro prima di girare, spesso mostrando in prima persona come recitare una battuta o muoversi sul set. Questo lo rendeva un regista molto amato dagli interpreti. È ricordato come il maresciallo del ciclo di Pane, amore e perché il suo volto è legato alla commedia italiana, ma in realtà è stato un attore molto versatile, capace di ruoli drammatici straordinari, come in I gioielli di Madame de…. In Francia, infatti, è considerato un attore drammatico di altissimo livello.

Sul suo modo di dirigere, Roberto Andò racconta che, da giovanissimo, ebbe l’occasione di assistere alle riprese di Il viaggio, l’ultimo film di De Sica. Andò, appena quindicenne e grande appassionato di cinema, riuscì a farsi ammettere sul set come volontario.

Un giorno, durante le riprese, Richard Burton, noto per il suo carattere difficile e per l’abuso di alcol, iniziò a protestare con veemenza sul set perché riteneva che De Sica desse troppo spazio ai primi piani di Sophia Loren, trascurando i suoi. Burton fece una scenata davanti a tutta la troupe, pretendendo di avere maggiore attenzione. Ma il suo volto era talmente malridotto da non poter essere ripreso. De Sica, con la sua tipica eleganza e ironia, gli rispose con calma: “Caro Burton, un grande attore come lei dovrebbe saper recitare anche di spalle”. Si girò e iniziò a interpretare una serie di emozioni – rabbia, sorpresa, desiderio – senza mostrare il volto. La troupe scoppiò in un applauso spontaneo e Burton, ammutolito, non ebbe più nulla da ridire.

La stessa Sophia Loren racconta che, sul set di Ieri, oggi, domani, per la celebre scena dello spogliarello, De Sica volle mostrare personalmente alla Loren come muoversi sul set, eseguendo lui stesso la scena, con grande divertimento di tutta la troupe.

Quale film rappresenta meglio l’essenza del suo cinema?

Ladri di biciclette. La scena in cui il protagonista impegna le lenzuola per riscattare la bicicletta impegnata: invece di seguirlo mentre va via, la macchina da presa si sofferma sull’impiegato del banco dei pegni, una semplice comparsa, che sistema lenzuola in un deposito stracolmo di altre lenzuola, simbolo della miseria dell’Italia dell’epoca. Questo è puro cinema, un dettaglio che non si potrebbe rendere con la letteratura.

De Sica regista è molto apprezzato in Francia. Qual è l’elemento della poetica di De Sica che ha maggiormente toccato la sensibilità francese?

In Francia, la critica ha sempre avuto maggiore attenzione per il cinema d’autore. De Sica è stato molto amato dai critici e dai cineasti francesi, che lo hanno sempre considerato un grande autore e uno dei padri del neorealismo. Ha vissuto in Francia per un periodo, acquisendo anche la cittadinanza per motivi personali, e ha lavorato molto nel cinema francese. Il suo cinema ha colpito la sensibilità francese per la sua delicatezza e per il suo umanesimo, elementi che lo avvicinano a registi come Jean Renoir. Il primo libro critico su di lui è stato pubblicato proprio in Francia, segno di quanto fosse apprezzato oltralpe.

Ma ha avuto un rapporto complicato con la critica…

Sì, perché alternava capolavori come Ladri di biciclette a film più commerciali. Questo ha portato alcuni critici a vederlo come un artista discontinuo. In realtà, De Sica aveva due famiglie da mantenere ed era un accanito giocatore d’azzardo. Spesso accettava film su commissione per necessità, ma anche nei film meno riusciti si riconosce sempre la sua regia raffinata e la capacità di dirigere gli attori.

La critica cinematografica era divisa in due correnti: una favorevole a Roberto Rossellini, considerato il padre della Nouvelle Vague, e l’altra più vicina a Visconti e De Sica. Rossellini era visto come un precursore del movimento francese perché il suo stile, basato su un realismo scarno e sull’improvvisazione, aveva influenzato registi come Godard e Truffaut, che lo consideravano un maestro.

De Sica, invece, ricevette critiche più contrastanti, perché se da un lato era amato per i suoi capolavori neorealisti, dall’altro veniva visto come un regista meno radicale rispetto a Rossellini. Alcuni critici francesi gli rimproveravano di aver abbandonato il neorealismo per dedicarsi a film più commerciali e sentimentali. Tuttavia, la sua maestria registica rimase indiscutibile e il suo cinema fu sempre apprezzato per la sua eleganza e umanità.

C’è un film o una performance che meriterebbe maggiore attenzione e che è sottovalutato?

Uno dei film più sottovalutati di De Sica è Il Boom con Alberto Sordi. È una commedia amara e feroce sul miracolo economico italiano, che racconta la storia di un uomo disposto a vendere un occhio per mantenere il suo status sociale. Il film non ebbe il successo che meritava all’epoca, ma oggi viene rivalutato come un ritratto lucido e spietato dell’Italia di quegli anni. Anche I gioielli di Madame de… è un film che andrebbe riscoperto per la sua interpretazione intensa e drammatica, che dimostra quanto De Sica fosse un attore straordinario anche in ruoli lontani dalla commedia.

Si cercano sempre gli eredi. In realtà ogni artista è unico e se è l’erede di, potrebbe voler dire che l’allievo non ha superato il maestro. Qual è invece l’eredità di De Sica?

È stato uno dei registi italiani più premiati, vincitore di quattro Oscar, ed è stato un maestro riconosciuto da grandi registi come Kubrick, Spielberg e Chaplin. Il suo cinema rimane attuale per la capacità di raccontare l’umanità con semplicità ed eleganza. Oggi, forse, è meno ricordato di altri registi del neorealismo, ma il suo contributo è stato fondamentale per la storia del cinema mondiale.

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