Tutte le sbandate, in Borsa e non, di Tesla
L'inchiodata di Tesla è evidente, eppure per molti osservatori non c'è stato ancora un crollo verticale, non solo per via dell'ingresso di Musk nella stanza dei bottoni americana, ma anche per la sua capacità di diversificare le attività del brand, concentrato anche sull'Intelligenza artificiale, i robotaxi e la guida autonoma. Ma le incognite aumentano, così come le proteste

L’inchiodata di Tesla è evidente, eppure per molti osservatori non c’è stato ancora un crollo verticale, non solo per via dell’ingresso di Musk nella stanza dei bottoni americana, ma anche per la sua capacità di diversificare le attività del brand, concentrato anche sull’Intelligenza artificiale, i robotaxi e la guida autonoma. Ma le incognite aumentano, così come le proteste
La principale protagonista del lunedì nero di Wall Street è stata indubbiamente Tesla che ha avuto perdite monstre capaci di raggiungere il 15%, cancellando i ‘guadagni’ realizzati dall’elezione di Donald Trump, pari a circa 700 miliardi di dollari. E proprio The Donald è intervenuto personalmente annunciando di volerne comprare una per sostenere il marchio.
La capitalizzazione di mercato della società è scesa del 45% da quando ha raggiunto il massimo storico di 1,5 trilioni di dollari il 17 dicembre. Eppure per molti osservatori continua ad avere una valutazione straordinariamente alta rispetto alle rivali, che non sembra tenere in conto molteplici fattori, a iniziare dalla recente crisi dell’auto elettrica. “Per quanto tempo ancora il titolo rimarrà slegato dai fondamentali?” ha scritto l’analista di JP Morgan Ryan Brinkman. Un interrogativo più che legittimo.
CYBERTRUCK DEVE ANCORA INIZIARE A CORRERE
Soprattutto alla luce del fatto che il core business della casa automobilistica è in difficoltà. L’unico veicolo lanciato da Tesla dopo il Model Y del 2020 è il Cybertruck. Il pick-up che ha collezionato ben sette richiami per la messa a punto in 13 mesi e ha venduto appena 38.965 unità nel 2024, almeno secondo le stime di Cox Automotive, dato che di cifre ufficiali non ne esistono. E dato che Musk parlava di produrne ben 250.000 entro il 2025, non è poi difficile comprendere come mai la Casa texana non abbia molta voglia di sciorinare cifre che alla prova dei fatti risulterebbero assai più contenute.
Tesla ha anche tagliato i prezzi dei modelli 3 e Y, ormai obsoleti, a causa del rallentamento della domanda di veicoli elettrici a livello globale e della crescente concorrenza, soprattutto in Cina, dove i veicoli elettrici hanno prezzi concorrenziali. Mentre Musk si è opposto fermamente alla Tesla “a prezzo budget” che pure sembrava in lavorazione.
Morgan Stanley è pronta a scommettere che i ricavi di Tesla in Cina sarebbero destinati a crollare, entro il 2030, dal 21% del totale nel 2024 a meno del 7% entro il 2030. A meno che, sostengono gli analisti della banca americana, la casa di Austin non si decida a rendere più competitivi i propri listini e sviluppi un’integrazione più profonda con la tecnologia locale. Ma quest’ultimo aspetto, peraltro caldeggiato dalla stessa Byd, potrebbe creare a Musk più di un problema in patria, con Trump.
TRUMP SPINGERA’ LE AUTO A GUIDA AUTONOMA?
Secondo un’analisi di Reuters, l’attività di veicoli elettrici di Tesla rappresenta quasi tutti i suoi ricavi ma meno di un quarto del suo valore di mercato azionario. La corsa delle cedole parrebbe legata a doppio filo ai sistemi di guida autonoma, che però hanno dato al magnate di Pretoria numerosi grattacapi, costringendolo a rinviare più e più volte l’arrivo sul mercato di una vettura che sapesse realmente e pienamente guidarsi da sola senza intervento umano, smentendo gli innumerevoli – e roboanti – annunci fatti dal 2016 a pochi anni fa.
Con ogni probabilità la speranza degli investitori è proprio direttamente collegata alla vicinanza tra Musk e Trump: la Casa Bianca potrebbe infatti intervenire rendendo la legislazione statunitense meno scettica e ostile alle auto elettriche, favorendone i test e la diffusione dei robotaxi. E Tesla lo scorso anno ha appunto annunciato i suoi robotaxi.
Restano comunque perplessità sulle leve che potrà usare Trump a livello federale, dato che poi ogni Stato ha una legislazione nazionale sulla materia. E a sua volta le singole città decidono o meno se aprirsi alla sperimentazione. Dati i numerosi sinistri spesso anche mortali che si sono verificati nel settore coinvolgendo anche le auto dei player rivali, nessun governatore e nessun sindaco intende accelerare eccessivamente con la sperimentazione sul proprio territorio di una tecnologia tutta ancora da testare.
LE PROTESTE ANTI TESLA
E poi c’è il rischio che le trumpate di Musk, mai così attivo politicamente almeno sul suo X, rallentino le vendite. Quel che è certo è che nelle ultime ore diversi media statunitensi hanno riferito di proteste scoppiate negli showroom Tesla di Portland, Chicago e New York. Non si contano più gli atti di vandalismo contro le strutture e i veicoli Tesla in tutti i 50 Stati americani. E così in Europa, con azioni analoghe che si sono diffuse in Germania (dove ha sede la sola gigafactory europea del gruppo), Francia, Italia (nello showroom di Milano) e Portogallo.
Resta tutto da dimostrare che vi possano essere collegamenti tra il crollo della domanda di Tesla – verificatosi soprattutto all’interno del mercato europeo – e tali condotte criminali. Ma è chiaro che questa pubblicità non è delle più positive per il marchio. E arriva in un periodo in cui la cinese Byd lo tallona pericolosamente soprattutto nel Vecchio continente. L’azienda americana ha immatricolato, per la prima volta, meno veicoli rispetto al suo concorrente cinese più agguerrito. Già prima dell’ultimo crollo le vendite di Tesla erano diminuite di quasi l’8% in un mercato, quello delle automobili alla spina, che nel medesimo periodo invece è cresciuto del 42%.