Terremoto nel Myanmar, “si è risvegliata la faglia di Sagaing, danni anche a 1.300 km di distanza. È una superstrada sismica”
È una lunga cicatrice che taglia il Myanmar da nord a sud, un confine instabile tra placche tettoniche in continuo movimento. La Faglia di Sagaing, una struttura geologica trascorrente (dove i blocchi di crosta terrestre scivolano lateralmente l’uno rispetto all’altro) lunga 1200 chilometri, è la probabile responsabile del terremoto di magnitudo 7.7 che ha devastato […] L'articolo Terremoto nel Myanmar, “si è risvegliata la faglia di Sagaing, danni anche a 1.300 km di distanza. È una superstrada sismica” proviene da Il Fatto Quotidiano.

È una lunga cicatrice che taglia il Myanmar da nord a sud, un confine instabile tra placche tettoniche in continuo movimento. La Faglia di Sagaing, una struttura geologica trascorrente (dove i blocchi di crosta terrestre scivolano lateralmente l’uno rispetto all’altro) lunga 1200 chilometri, è la probabile responsabile del terremoto di magnitudo 7.7 che ha devastato il Paese venerdì 28 marzo, seguito da una forte replica di 6.4. Il bilancio ufficiale, fornito dalla giunta militare, parla di oltre mille morti e 2400 feriti. Ma le stime dello United States Geological Survey (USGS) sono ben più allarmanti, ipotizzando un numero finale di decessi che potrebbe superare le 10.000 unità. Un sisma “300 volte più distruttivo di quello di Amatrice”, come sottolinea il geologo Mario Tozzi su La Stampa, la cui energia si è propagata per centinaia di chilometri, causando danni persino a Bangkok.
La “gemella” della San Andreas
La Faglia di Sagaing segna il confine tra la placca tettonica Indiana, che spinge verso nord-est scontrandosi con l’Asia (un movimento che ha generato l’Himalaya), e la placca della Sonda (parte di quella Eurasiatica). “Per adattarsi a tutto questo movimento laterale, si sono formate delle faglie che consentono alle placche tettoniche di scivolare lateralmente. È una di queste”, spiega Rebecca Bell, esperta di tettonica dell’Imperial College di Londra, paragonandola per dimensioni e tipologia di movimento alla Faglia di San Andreas in California.
La sua natura rettilinea, prosegue la Bell, “fa sì che i terremoti possano verificarsi su aree estese: più ampia è l’area della faglia che scivola, più forte sarà il terremoto”. Questo spiega la frequenza di eventi sismici potenti nella regione: “Sei terremoti di magnitudo 7 o superiore nell’ultimo secolo“. Il terremoto del 28 marzo, con un epicentro relativamente superficiale (stimato tra i 15 e i 24 km di profondità), è stato particolarmente distruttivo. “Quando il terremoto avviene a profondità ridotte, la sua energia sismica si dissipa quando raggiunge le aree popolate”, aggiunge Rebecca Bell, causando “molte scosse in superficie”.
Una “Superstrada Sismica” sotto le città
La pericolosità della Faglia di Sagaing è amplificata dal fatto che attraversa aree densamente popolate, tra cui le principali città del Myanmar come Mandalay, Naypyidaw e Yangon. Per questo è stata definita una “superstrada delle faglie sismiche“. Studi recenti hanno stimato che il movimento relativo tra le placche lungo la faglia è di circa 18 mm all’anno. Questa energia si accumula nel tempo e viene rilasciata improvvisamente durante i terremoti. La faglia è suddivisa in segmenti, alcuni dei quali, come quelli di Meiktila e del Mare delle Andamane, sono considerati “lacune sismiche”: non producendo terremoti significativi da decenni, destano particolare preoccupazione per l’energia accumulata. Inoltre, la geometria della faglia potrebbe favorire eventi “supershear”, sismi che si propagano a velocità elevatissime, aumentando il potenziale distruttivo.
Un futuro ad alto rischio: “Eventi che tenderanno a ripetersi”
Gli esperti sono concordi: il terremoto del 28 marzo non è un evento isolato. Il meccanismo geologico all’origine della sismicità della regione, definito “estrusione laterale geologica”, è inesorabile. “L‘India […] tende ad andare verso nord, […] a ‘indentare’, ossia ad entrare nel continente asiatico, portando a nord all’innalzamento della terra“, spiega Andrea Billi, geologo del CNR. Questo provoca “a ovest e a est spinte laterali che muovono le parti del blocco asiatico […], generando gli eventi sismici. Eventi quindi che non vanno considerati fenomeni isolati, ma che tenderanno a ripetersi”. Billi mette inoltre in guardia sul rischio di forti repliche, che “si potranno presentare anche a giorni se non a settimane di distanza”, invitando alla massima prudenza. La vulnerabilità del Myanmar, con infrastrutture deboli e servizi sanitari carenti, soprattutto nelle aree rurali, rende il rischio sismico ancora più elevato. È fondamentale, concludono gli esperti, un monitoraggio costante della faglia e l’adozione di misure preventive, sia a livello urbanistico che di protezione civile, per tentare di mitigare gli effetti dei futuri, inevitabili terremoti.
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