Tassi: dalla Bce, attesi tre tagli nel 2025, Fed più prudente

Nel panorama globale, le banche centrali stanno ripensando le loro strategie. “Per la Bce l’aspettativa è di tre tagli ai tassi entro fine anno, con un tasso sui depositi che potrebbe scendere fino all’1,75%”, spiega Filippo Casagrande, head of investments di Generali Investments. Al contrario, la Fed mantiene un approccio più prudente: “Nonostante le pressioni... Leggi tutto

Apr 11, 2025 - 15:28
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Tassi: dalla Bce, attesi tre tagli nel 2025, Fed più prudente

Nel panorama globale, le banche centrali stanno ripensando le loro strategie. “Per la Bce l’aspettativa è di tre tagli ai tassi entro fine anno, con un tasso sui depositi che potrebbe scendere fino all’1,75%”, spiega Filippo Casagrande, head of investments di Generali Investments. Al contrario, la Fed mantiene un approccio più prudente: “Nonostante le pressioni dell’amministrazione Trump, la Fed non mostra urgenza nel modificare i tassi, pur prevedendo un rallentamento nel ritmo del Quantitative Tightening sui Treasury”, aggiunge Casagrande.

Asset allocation: la qualità è la bussola in acque turbolente

L’incertezza domina e la parola d’ordine è selettività. “Manteniamo un atteggiamento costruttivo sui Bund tedeschi, visti come bene rifugio, mentre sui Treasury USA restiamo neutrali, alla luce delle preoccupazioni sui conti pubblici e sulla volatilità”, afferma Casagrande. Sul credito, Generali Investments si dice “moderatamente costruttiva”, puntando sulla qualità degli emittenti e su scadenze medio-brevi.

Il comparto azionario, invece, richiede cautela. “Abbiamo ridotto la previsione di crescita degli utili e la fiducia sui ritorni di breve termine, mantenendo comunque un atteggiamento neutrale”, chiarisce Casagrande, che invita a concentrarsi su temi strutturali come i gold miners, “favoriti dai nuovi record dell’oro sopra i 3200 dollari l’oncia”, e la difesa europea, alimentata da programmi pubblici pluriennali.

Mercati in fibrillazione: volatilità record e cali diffusi

L’indice VIX ha superato quota 50, livello raggiunto solo in casi estremi come il Covid o la crisi finanziaria del 2008. “È un segnale di eccezionalità – evidenzia Casagrande – anche perché la causa è politica e non economica o finanziaria”.

L’annuncio dei dazi del 2 aprile ha generato una reazione a catena: perdite del 10% in due giorni, -20% per i listini USA (in euro) da inizio anno e crolli del 30% per le Magnifiche 7. Anche l’Europa ha cancellato i guadagni accumulati, con un bilancio negativo del 5-7%. Giappone ed Emergenti segnano -13-15%.

Il mercato obbligazionario non è stato da meno. “Il Bund tedesco a 10 anni è tornato sotto il 2,5% per poi stabilizzarsi in area 2,6%, mentre i Treasury sono passati dal 4,4% al 3,9%, rimbalzando poi al 4,5%”, racconta Casagrande. Anche gli spread si sono allargati: quello BTP-Bund è salito a 130 punti base prima di tornare a 120, mentre lo spread Investment Grade è aumentato di 40 punti base sia in euro sia in dollari. Più violento il movimento sull’High Yield: +150 punti base in Eurozona, +200 negli Usa.

Il dollaro perde forza, riflettori puntati sul debito Usa

Nonostante l’incertezza, il dollaro non ha svolto il suo tradizionale ruolo di bene rifugio. “Il cambio ha superato quota 1,10 contro euro, segno di crescente sfiducia nella capacità degli Stati Uniti di gestire il debito pubblico”, osserva Casagrande. Questo, unito alla volatilità dei Treasury, è un segnale che non può essere ignorato.

Crescita a rischio, ma il petrolio può aiutare

Le tensioni sui dazi si inseriscono in un contesto di crescita già fragile. “Gli Stati Uniti mostrano segnali di rallentamento, mentre l’Eurozona si stava appena riprendendo”, nota Casagrande. Il rischio è che famiglie e imprese riducano consumi e investimenti per effetto dell’incertezza e dell’inflazione indotta dai dazi.

Tuttavia, il calo del prezzo del petrolio – tornato a 60 dollari al barile – offre un margine di sollievo: “È un elemento che può sostenere il reddito reale e ridurre i rischi sui consumi”.

Inflazione in discesa: un aiuto dai servizi e dal petrolio

“Le ultime rilevazioni mostrano una discesa dell’inflazione sia complessiva sia core, negli Stati Uniti e in Eurozona”, commenta Casagrande. Negli USA l’inflazione headline è calata al +2,4%, la core al +2,8%, livelli più bassi dal 2021. In Europa, la core scende al +2,4%, con un’inflazione dei servizi in flessione al +3,4%.

Tuttavia, le proiezioni future negli USA sono state riviste al rialzo: +3,0% nel 2025 e +2,7% nel 2026, a causa dei timori legati ai dazi. Invariati, invece, gli obiettivi per l’Eurozona.

Guardando avanti: diversificare e restare flessibili

“In un contesto come questo, la rapidità delle decisioni politiche sconsiglia esposizioni troppo marcate sui portafogli”, avverte Casagrande. Le priorità restano la diversificazione geografica e la qualità degli attivi.

Un esempio? I mercati emergenti. “Con un dollaro più debole e valutazioni interessanti, possono rappresentare un’opportunità”, conclude Casagrande.

Il posizionamento di Generali Investments per i prossimi mesi sarà improntato alla prudenza, con aperture selettive su aree e temi strutturali, in attesa di una maggiore chiarezza su dazi, inflazione e crescita.