La Corte Suprema di Cassazione[1] ha recentemente affermato, in modo inequivocabile, che la cessione dei crediti in blocco deve essere provata attraverso la produzione del contratto di cessione, non essendo bastevole l’estratto ex art. 58 TUB.
Nel caso di specie, manca documentazione comprovante, a eccezione di un avviso generico.
Ebbene, in tema di cessione di crediti in blocco, laddove il debitore ceduto contesti l’esistenza dei contratti di cessione, ai fini della relativa prova, non è sufficiente quella della notificazione della detta cessione, neppure se avvenuta mediante avviso pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, dovendo il Giudice procedere ad un accertamento complessivo delle risultanze di fatto, nell’ambito del quale la citata notificazione può rivestire un valore indiziario, specialmente allorquando avvenuta su iniziativa della parte cedente[2]. Non è sufficiente la produzione dell’avviso ex art. 58 TUB, in quanto l’unico effetto di tale pubblicazione è quello di esentare il cessionario dalla notifica della cessione al debitore ceduto, ma non anche la prova dell’avvenuta cessione, che presuppone che l’avviso anzidetto, per poter fungere da prova dell’avvenuta cessione, contenga tutti gli elementi necessari ad identificare con precisione il credito, in modo tale da poter affermare con certezza la sua inclusione nella cessione[3]. Nella specie, la parte opposta non ha fornito, né nella fase monitoria, né, tantomeno, nel giudizio a cognizione piena, la prova concreta delle cessioni avvenute e, quindi, della titolarità del credito e della propria legittimazione ad agire nei confronti dell’opponente. Non può dirsi bastevole l’estratto della pubblicazione della Gazzetta Ufficiale dell’avviso di cessione, che individua esclusivamente il blocco dei crediti cartolarizzati senza chiara esplicitazione dei rapporti ceduti, né indicazione dei dati del debitore e del numero del rapporto ma solo sulla base di tipologie di crediti.
Stante la contestazione di controparte, la cessionaria avrebbe dovuto fornire la prova documentale che il credito controverso è stato incluso fra quelli compravenduti nell’ambito dell’operazione di cessione in blocco (cartolarizzazione), giacché “la società cessionaria di crediti in blocco, di fronte alla contestazione della controparte ha l’onere di produrre i documenti idonei a dimostrare l’inclusione del credito oggetto di causa nell’operazione di cessione in blocco ex art. 58 TUB dovendo fornire la prova documentale della propria legittimazione”[4].
Nel caso in esame, è presente agli atti una sola proposta di cessione priva dell’accettazione ed un unico avviso ex art. 58 TUB; come già chiarito, l’unico effetto di tale pubblicazione è quello di esentare il cessionario dalla notifica della cessione al debitore ceduto, ma non prova certo l’avvenuta cessione; quest’ultima presuppone che l’avviso anzidetto, per poter fungere da prova dell’avvenuta cessione dei crediti in blocco, contenga tutti gli elementi necessari a identificare con precisione il credito, in modo tale da poter affermare con certezza la sua inclusione nella cessione, circostanza non riscontrabile nel caso in oggetto; difatti, nel fascicolo sono presenti soltanto “dichiarazioni unilaterali” che affermano (genericamente) che il credito oggetto di causa sarebbe compreso fra quelli (ripetutamente) ceduti.
Va rimarcato ancora che la prova della titolarità del credito richiede necessariamente la produzione del (dei) contratto (contratti) di cessione, non bastando la dichiarazione della cessionaria contenente l’elenco delle posizioni cedute, individuate secondo varie tipologie di crediti. Non è sufficiente neppure la notizia dell’avvenuta cartolarizzazione, se non sono fornite indicazioni specifiche, puntuali e dettagliate, per l’individuazione delle singole posizioni cedute, essendo indispensabile che venga allegato l’atto di cessione attraverso il quale si ha certezza dell’inclusione dello specifico credito fra quelli ceduti e si può verificare che il negozio traslativo sia stato validamente realizzato dalle parti e sia privo di vizi che ne inficino la validità.
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[1] Il riferimento è a Cass. n. 3405/2024.
[2] V. Cass. n. 17944/2023; Cass. n. 10200/2021; Cass. n. 24798/2020.
[3] V. Cass. n. 21821/2023.
[4] V. Cass. n. 12739/2021; Cass. n. 24798/2020; Cass. n. 22151/2019; Cass. n. 9768/2016.