Stop al gas russo in Europa, la decisione della Commissione
La Commissione Ue punta a bloccare ogni importazione di gas russo entro il 2027, con il divieto di nuovi contratti già da fine anno e flussi via nave e gasdotto sempre più ridotti

Il piatto forte della nuova offensiva europea contro Mosca sarà servito oggi, martedì 6 maggio: la Commissione si prepara a pubblicare la sua tabella di marcia per dire addio al gas russo. Fine dei nuovi contratti entro il 2025, chiusura definitiva dei rubinetti (comprese le forniture di Gnl) entro il 2027, dazi del 100% sui fertilizzanti russi e bielorussi a partire da luglio.
Un piano che, per ora, resta sulla carta, ma che promette di far discutere. Si parla di clausole di forza maggiore per uscire dai contratti esistenti senza penali e di una proposta legislativa che dovrebbe arrivare entro l’estate.
Stop al gas russo: la Commissione pronta a vietare nuovi contratti entro il 2025
Le importazioni europee di gas proveniente dalla Russia sono già drasticamente diminuite. L’Ue ha ridotto le forniture russe dal 45% del fabbisogno nel 2021 al 19% nel 2024.
Questo gas arriva ancora via gasdotto (ad esempio tramite il TurkStream) e sotto forma di gas naturale liquefatto (Gnl). Secondo i dati più recenti citati da Bloomberg, il flusso di gas via gasdotto russo verso l’Europa si è ridotto intorno al 10% del totale nel 2024, mentre le importazioni di Gnl russo via mare hanno toccato livelli record.
Si calcola che entro il 2025, con l’interruzione del transito attraverso l’Ucraina, la quota del gas russo nell’approvvigionamento europeo possa scendere al 13%.
Gas russo in calo, ma l’Europa continua a importare Gnl : ecco da dove arriva
Le differenze tra gasdotto e Gnl sono cruciali. Il gasdotto è fissato e condizionato da contratti internazionali, mentre il Gnl viaggia via nave e può essere dirottato più facilmente. Attualmente alcuni Paesi dell’Unione Europea ricevono Gnl russo nei loro terminali: ad esempio Francia e Belgio importano combustibile liquefatto da Mosca e lo reimmettono nella rete europea.
I ministri dell’Energia di Francia, Belgio e Spagna osservano che il Gnl russo che arriva nei loro porti spesso viene poi rivenduto ad altri Stati (come la Germania) a prezzi più convenienti. Al contrario, la fornitura via pipeline (ad esempio i vecchi Nord Stream) è praticamente azzerata dopo le esplosioni nel Baltico e il blocco dei flussi da gennaio 2024.
Forniture alternative: gli Usa diventano il primo partner energetico dell’Ue
Per sostituire il gas russo, l’Ue punta su nuovi fornitori. La Commissione ha annunciato l’intenzione di aumentare gli acquisti di Gnl dagli Stati Uniti (per ingraziarsi Trump sui dazi) e da altri paesi, nonché di velocizzare gli investimenti nelle energie rinnovabili.
Il commissario Jorgensen ha detto che bisogna trovare “fonti che non siano russe” per mantenere l’energia a prezzi contenuti.
Contestualmente, l’Europa ha già siglato contratti di lungo termine con il Qatar: nel 2023 QatarEnergy ha concordato forniture di Gnl per 27 anni con Shell (per i Paesi Bassi) e con TotalEnergies (per la Francia). Restano in campo anche fornitori tradizionali come la Norvegia e nuovi progetti di infrastrutture per Gnl in vari porti Ue.
Dazi Ue al 100% sui fertilizzanti russi: cosa cambierà per agricoltori e consumatori
Il dossier gas si inserisce in un quadro geopolitico complesso. A differenza del petrolio, l’Ue non ha ancora vietato formalmente il gas russo, perché servirebbe l’unanimità dei 27 Stati membri e alcuni Paesi (come Ungheria e Slovacchia) si oppongono a ulteriori sanzioni energetiche. Allo stesso tempo, la situazione internazionale è fluida: l’amministrazione americana ha cambiato linee guida sulle esportazioni energetiche e il presidente Trump usa il gas made Usa come carta di negoziato commerciale.
Ciò ha reso i leader europei cauti, temendo che una completa dipendenza dal gas statunitense possa diventare un’ulteriore vulnerabilità. Alcuni dirigenti del settore energetico e chimico, come i vertici di Engie, TotalEnergies e del polo tedesco InfraLeuna, hanno ipotizzato un possibile ritorno parziale al gas russo in caso di accordi di pace, pur restando al di sotto dei livelli prebellici.
La Commissione propone dazi del 100% sui fertilizzanti russi e bielorussi a partire da luglio 2025. Un colpo diretto a un mercato da oltre 2 miliardi di euro, con l’Unione che importa dalla Russia circa un quarto dei fertilizzanti utilizzati ogni anno. L’idea è quella di colpire il portafogli di Mosca e rilanciare i produttori europei. Ma il contraccolpo rischia di finire sulle spalle degli agricoltori. I prezzi delle materie prime per le coltivazioni potrebbero impennarsi: dazi che salgono fino a 300 euro a tonnellata significano margini più stretti, costi più alti e, di conseguenza, scaffali meno clementi nei supermercati.
Secondo Politico, il provvedimento rischia di assestare un colpo triplo: alle tasche dei coltivatori, alla stabilità dell’agroalimentare e alla spesa dei cittadini. Tutto questo mentre i fertilizzanti russi restano tra i più convenienti, grazie a una logistica consolidata e costi energetici più bassi. A rimetterci, nel breve periodo, sarà la filiera.