Stati Uniti, Greenpeace rischia il fallimento per un maxi risarcimento a una società fossile
Un tribunale condanna Greenpeace a pagare 660 milioni di dollari. L'accusa? Aver difeso ambiente e diritti dei popoli nativi dal mega-oleodotto Dakota Access Pipeline.

- La sentenza di un tribunale del South Dakota ha condannato Greenpeace a risarcire l’azienda fossile Energy Transfer.
- Greenpeace negli Stati Uniti potrebbe essere costretta a chiudere dopo oltre cinquant’anni di attivismo ambientale.
Una giuria del tribunale di Mandan, nel North Dakota, negli Stati Uniti, ha stabilito che l’ong ambientalista Greenpeace deve pagare 660 milioni di dollari di danni (più di 600 milioni di euro) a Energy Transfer, un’azienda texana che si occupa di trasporto e stoccaggio di combustibili fossili. Il processo in cui l’ong e l’azienda sono coinvolte riguarda le grosse proteste del 2016 e del 2017 contro il Dakota Access Pipeline, un oleodotto duramente contestato da gruppi di nativi americani e attivisti ambientalisti. È un verdetto molto duro per l’ong fondata nel 1976, che in precedenza aveva detto che una condanna avrebbe rischiato di farla fallire.
La Energy Transfer aveva inizialmente chiesto un risarcimento di circa 300 milioni di dollari (275 milioni di euro), ma in un verdetto molto contestato la giuria ha più che raddoppiato la somma a carico dell’organizzazione ambientalista, che ha annunciato che presenterà appello.

Greenpeace accusata di aver danneggiato l’immagine di Energy Transfer
Mandan si trova un’ottantina di chilometri a nord di Standing Rock, la riserva indiana abitata dai Sioux dove si concentrarono le proteste. Il Dakota Access Pipeline (DAPL) è un oleodotto sotterraneo che serve a portare il greggio di Bakken – così viene chiamato il petrolio estratto in una zona al confine tra Montana e North Dakota, nel nord-ovest degli Stati Uniti – fino all’Illinois, attraversando il South Dakota e l’Iowa. La sua costruzione era stata ampiamente contestata dagli abitanti della riserva, secondo cui avrebbe inquinato le acque del fiume Missouri, la loro principale fonte idrica, e danneggiato terre sacre per i nativi americani.
In seguito il suo percorso fu deviato, ma nel frattempo alle proteste si erano unite migliaia di persone, tra cui membri di altre tribù, attivisti ambientalisti e celebrità. Ci furono anche scontri violenti con le forze dell’ordine e grossi danni.
Nel 2019 Energy Transfer, una delle aziende del settore più importanti degli Stati Uniti, fece causa a Greenpeace accusandola di aver guidato le proteste, di aver diffuso disinformazione e di aver danneggiato economicamente l’azienda. Greenpeace, che negli Stati Uniti è attiva con diverse non profit, è stata infine giudicata colpevole di violazione di proprietà privata, diffamazione e complotto.
Le aziende trasformano i tribunali in strumenti repressivi
L’organizzazione ambientalista ha ribadito che il caso rappresenta un tentativo delle grandi aziende fossili di mettere a tacere i movimenti di dissenso attraverso cause legali infondate, note come Slapp (Strategic Lawsuits Against Public Participation). “È un attacco alla libertà di parola e alla sovranità indigena”, ha dichiarato Mads Christensen, direttore esecutivo di Greenpeace International. “Non ci faremo intimidire e continueremo la nostra battaglia legale fino alla vittoria”.
Questa causa, una delle più grandi mai intentate nell’ambito delle cosiddette Slapp, si inserisce in un più ampio contesto di regressione: “Stiamo assistendo al ritorno di un comportamento irresponsabile che ha alimentato la crisi climatica, rafforzato il razzismo ambientale e anteposto i profitti dei combustibili fossili alla salute pubblica e a un pianeta vivibile. L’amministrazione Trump ha smantellato per quattro anni le protezioni per l’aria pulita, l’acqua e la sovranità indigena, e ora i suoi alleati vogliono completare il lavoro mettendo a tacere le proteste. Non ci arrenderemo, non saremo messi a tacere”, conclude Christensen.

Da oltre sette anni, Greenpeace denuncia come queste cause legali siano parte di un attacco più ampio ai diritti garantiti dal Primo Emendamento. Attualmente, 16 stati americani, incluso il North Dakota, non dispongono di leggi anti-Slapp per proteggere gli attivisti.
Ma ancora non è detta l’ultima. A livello internazionale, Greenpeace International ha avviato a febbraio 2024 la prima azione legale basata sulla Direttiva anti-Slapp dell’Unione Europea, portando Energy Transfer in tribunale nei Paesi Bassi per recuperare i danni subiti dalle cause infondate intentate negli Stati Uniti. “Energy Transfer non ha ancora chiuso i conti con noi. Questa è solo l’inizio della nostra battaglia legale contro i suoi attacchi alla libertà di espressione e alla protesta pacifica”, ha dichiarato Kristin Casper, General Counsel di Greenpeace International. La prossima udienza è fissata per luglio nei Paesi Bassi.