Sindaci, tetti alla responsabilità Fanno eccezione i casi dolosi
Responsabilità patrimoniale dei sindaci limitata e parametrata alla rilevanza dell’incarico, sia in caso di responsabilità esclusive sia solidali con gli amministratori, ma non in caso di comportamenti dolosi. Sono le conseguenze dell’approvazione da parte del Senato (all’unanimità, mercoledì scorso) del disegno di legge con il quale è stato riscritto il testo dell’art. 2407 c.c. in […] L'articolo Sindaci, tetti alla responsabilità Fanno eccezione i casi dolosi proviene da Iusletter.

Responsabilità patrimoniale dei sindaci limitata e parametrata alla rilevanza dell’incarico, sia in caso di responsabilità esclusive sia solidali con gli amministratori, ma non in caso di comportamenti dolosi. Sono le conseguenze dell’approvazione da parte del Senato (all’unanimità, mercoledì scorso) del disegno di legge con il quale è stato riscritto il testo dell’art. 2407 c.c. in tema di responsabilità dei membri del collegio sindacale, testo ora in attesa di pubblicazione in Gazzetta ufficiale.
Il perché delle nuove norme. Se si va ad analizzare la giurisprudenza dell’ultimo ventennio post riforma diritto societario, i risarcimenti per danni richiesti ai sindaci di società di capitali per culpa in vigilando, soprattutto nelle liquidazioni giudiziali, sono frequenti alla stessa stregua di quelli richiesti agli amministratori per atti di mala gestio o per comportamenti colposamente omissivi.
Non solo, la circostanza che i sindaci (dal 2013) devono dotarsi di una polizza di responsabilità civile con adeguato massimale, finalizzata a traslare sull’assicuratore i danni colpevolmente cagionati nell’esercizio della propria funzione, assicurazione che non è invece imposta dal legislatore agli amministratori, ha fatto sì, in questi ultimi anni, che, in alcune circostanze, addirittura i curatori esercitassero l’azione di responsabilità (sociale o dei creditori) esclusivamente sui componenti dell’organo di controllo.
Non è raro, infatti, trovare amministratori che, anteriormente all’accettazione dell’incarico, si siano preventivamente spogliati dei propri beni. Se in questi casi la società non avesse provveduto a stipulare volontariamente una polizza di responsabilità civile in capo ai propri organi sociali (cosiddette polizze D&O), eventuali azioni nei confronti dei membri del cda risulterebbero sostanzialmente inutili, mentre ben più remunerativa ai fini di implementare l’attivo della società in liquidazione giudiziale risultava l’azione nei confronti dei componenti dell’organo di controllo.
D’altro canto, il Codice della crisi ha contribuito ad acuire non poco la responsabilità dei controllori, chiamati da un lato al compito (non agevole) di vigilare sull’adeguatezza degli assetti organizzativi amministrativi e contabili, finalizzati alla prevenzione della crisi e dell’insolvenza posti in essere dagli amministratori e, dall’altro, a esercitare i nuovi poteri di reazione che il Ccii gli attribuisce. Si pensi, riguardo a questi ultimi, alle segnalazioni della intervenuta situazione di crisi al cda ai fini dell’attivazione della composizione negoziata (art. 25 octies del Ccii), alla possibilità di richiedere il controllo giudiziale anche nelle Srl (art. 2477 c.c.), fino alla eventualità (non ammessa dalla abrogata legge fallimentare) di richiedere motu proprio la liquidazione giudiziale della società in caso di insolvenza. Nuovi poteri che, evidentemente, diventano specifici doveri quando si manifestano le situazioni che ne rendono doveroso l’esercizio. A ciò si aggiunga che il legislatore ha esteso sempre più i doveri di controllo dei sindaci. Si pensi, solo per rimanere a questi ultimi anni, alle nuove disposizioni in tema di istituzione del canale di segnalazione (whistleblowing), alle disposizioni sulle operazioni transfrontaliere o a quelle sul rispetto sulla rendicontazione della sostenibilità. Tali molteplici circostanze, unitamente a un costo sempre più rilevante delle polizze di responsabilità civile, hanno disincentivato molti professionisti ad assumere incarichi sindacali.
Le nuove disposizioni: il tema del dolo. Le nuove disposizioni del novellato art. 2407 c.c. in tema di limitazione della responsabilità del sindaco non possono attivarsi nel caso di responsabilità di carattere doloso. Al di là della oggettiva difficoltà probatoria di dimostrare l’animus nocendi in capo ai sindaci, l’individuazione di un comportamento doloso dei sindaci potrebbe essere astrattamente utilizzabile dai curatori per superare il tetto delle responsabilità loro imputabili.
Al contempo, tuttavia, non può non evidenziarsi che la presenza del dolo comporterebbe l’inutilizzabilità di ogni copertura assicurativa da parte dei sindaci, rendendo estremamente difficoltoso l’immediato risarcimento del danno. Ne deriva che, probabilmente, nella pratica operativa la connotazione, in capo ai sindaci, di comportamenti dolosi risulterà estremamente rara.
Le responsabilità esclusive. Le nuove limitazioni normative valgono sia ai fini delle responsabilità esclusive dei sindaci sia ai fini della loro responsabilità solidale con l’organo gestorio.
Tali responsabilità esclusive (cioè indipendenti dagli atti di mala gestio degli amministratori) risultano estremamente rare nella pratica operativa e riguardano:
1) le false attestazioni dei sindaci: Si pensi ai sindaci che invitino l’assemblea a non approvare un bilancio tecnicamente corretto, facendo in virtù di ciò perdere alla società un finanziamento bancario;
2) il ruolo vicario nell’amministrazione della società: riguarda l’ipotesi in cui i sindaci si trovino a gestire la società per il venir meno dell’organo amministrativo, (art. 2386 co. 5 c.c.)
3) il mancato rispetto dell’obbligo di riservatezza: si verifica, nei casi in cui un membro del Collegio, individualmente considerato, riveli questioni di cui sia venuto a conoscenza nell’espletamento delle proprie funzioni di controllo, recando nocumento alla società.
La solidarietà “scomparsa”. Ai sensi dell’attuale comma 2 dell’art. 2407 c.c., in via di abrogazione, il codice disponeva espressamente che i sindaci: “sono responsabili solidalmente con gli amministratori per i fatti o le omissioni di questi, quando il danno non si sarebbe prodotto se essi avessero vigilato in conformità degli obblighi della loro carica”.
Dalla norma emergeva con chiarezza una responsabilità illimitata e solidale fra i due organi. Il nuovo testo dispone ora che, al di fuori del dolo, “i sindaci che violano i propri doveri sono responsabili per i danni cagionati”, non facendo più alcun riferimento espresso alla solidarietà fra i due organi. Il che potrebbe indurre a ritenere sostanzialmente separate le responsabilità degli amministratori da quelle dei sindaci. Tale conclusione non appare condivisibile. Se da un lato, infatti, il riferimento alla solidarietà non è più contemplato nel testo normativo, dall’altro permangono intonsi i principi generali di cui all’art. 2055 c.c. in tema di solidarietà passiva fra condebitori che continua a prevedere: “se il fatto dannoso è addebitabile a più persone tutte sono obbligate in solido al risarcimento del danno”. In altri termini, nonostante la novella, continua a sussistere, ad avviso dello scrivente, la responsabilità solidale di tutti i soggetti che, attraverso condotte distinte, hanno concorso produrre l’evento dannoso secondo il nesso di causalità materiale ex art. 41 del codice penale. Ovviamente, mentre la responsabilità degli amministratori rimarrà illimitata in relazione al danno a essi addebitabile, quella dei sindaci sarà limitata a un multiplo del loro compenso.
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