Scuola italiana, rivoluzione con le Nuove indicazioni nazionali scuola: cosa cambia (e cosa non ci piace) con le nuove linee guida
Sono state appena pubblicate le nuove indicazioni nazionali per la scuola: non sono ancora in vigore, ma il testo è in bozza ed è stato pubblicato sul sito del ministero dell’Istruzione e del Merito, disponibile per il “dibattito pubblico”. Una mossa a gamba tesa, quella di Valditara, che avrebbe l’obiettivo di “aggiornare e potenziare l’offerta formativa, introducendo...

Sono state appena pubblicate le nuove indicazioni nazionali per la scuola: non sono ancora in vigore, ma il testo è in bozza ed è stato pubblicato sul sito del ministero dell’Istruzione e del Merito, disponibile per il “dibattito pubblico”.
Una mossa a gamba tesa, quella di Valditara, che avrebbe l’obiettivo di “aggiornare e potenziare l’offerta formativa, introducendo nuovi elementi che favoriscano una formazione umanistica più solida fin dai primi anni di scuola”. Ma cosa cambierà davvero, nella scuola italiana, con le nuove indicazioni del Ministero?
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Beh, cominciamo col dire che tra le principali novità proposte spiccano l’inserimento dello studio del latino, la scrittura manuale e la lettura della Bibbia all’interno del percorso educativo. Tutto rigorosamente basato su una visione fortemente centrata sull’Occidente. In effetti, le nuove indicazioni sono un corposo documento (154 pagine contro le 68 delle attuali in vigore dal 2012) che arriva anche a “suggerire” direttamente ai docenti i libri da usare in italiano e gli argomenti da svolgere in storia, geografia e scienze.
Nuove indicazioni per la scuola, le principali novità della bozza e cosa proprio non ci piace
Attualmente, le informazioni disponibili sulle Nuove Indicazioni Nazionali derivano da una bozza di documento, che potrebbe ancora subire modifiche prima della sua approvazione definitiva. Tra le proposte più discusse, emergono alcuni cambiamenti significativi che potrebbero influenzare il percorso educativo nei prossimi anni.
Latino nella scuola media, l’approccio nuovo secondo Valditara
Una delle innovazioni più rilevanti è l’introduzione dello studio del latino nelle secondarie di primo grado, concepito come un supporto all’educazione linguistica (Lel). Secondo la bozza, il latino sarà introdotto negli ultimi due anni delle medie con alcune caratteristiche specifiche:
- sarà facoltativo e rivolto agli studenti che vorranno approfondire la conoscenza della lingua
- verrà insegnato dal docente di italiano, abilitato anche all’insegnamento del latino
- si tratterà di un’ora aggiuntiva a settimana, inserita nelle attività pomeridiane di potenziamento.
- l’insegnamento partirà dalle basi linguistiche: alfabeto, casi, prime due declinazioni, modi verbali come indicativo e imperativo, oltre all’uso del vocabolario
In realtà, già praticamente in tutte le scuole secondarie italiane il latino già si studia. E ha effetti positivi? Forse sì, specialmente se mirato a potenziare la consapevolezza linguistica e a rafforzare le competenze logiche. Ma, probabilmente, l’impatto pratico di questa confermare questa scelta andrebbe ponderato, considerando il rischio di rendere il curriculum troppo carico e poco allineato alle esigenze del mondo contemporaneo.
A differenza dell’inglese, dello spagnolo o del cinese, per esempio, non offre vantaggi immediati nel mercato del lavoro globale. Non è parlato né usato nella comunicazione quotidiana o professionale (a eccezione di alcuni ambiti accademici e religiosi).
Più lettura per migliorare la padronanza della lingua
Il Ministero dell’Istruzione e del Merito vuole rendere la lettura un pilastro fondamentale della formazione. In continuità con quanto avviato alla scuola primaria, la proposta prevede che nelle scuole medie venga garantita la lettura integrale di almeno tre libri all’anno. L’obiettivo è quello di:
- migliorare la padronanza della lingua scritta e orale
- abituare gli studenti a testi di qualità, stimolando il piacere della lettura
Ci piace come proposta? Sicuramente leggere testi di qualità aiuta gli studenti a sviluppare un vocabolario più ampio, migliorando sia la scrittura che l’espressione orale; stimola la comprensione del testo, una competenza essenziale per qualsiasi ambito di studio e professionale e favorisce la capacità di ragionamento critico, poiché i testi narrativi e saggistici spingono i lettori a interpretare, collegare e riflettere.
Ma il semplice fatto di leggere tre libri all’anno non garantisce automaticamente un miglioramento linguistico. Serve un metodo didattico che insegni come leggere attivamente, comprendendo e analizzando i testi; stimoli la discussione e la riflessione, invece di limitarsi alla lettura passiva e sia integrato con strumenti multimediali o nuove tecnologie, per rendere la lettura più interattiva e coinvolgente.
Speriamo che almeno in questo…
Memorizzazione di testi fin dalla scuola primaria
Un altro aspetto innovativo è la valorizzazione della memorizzazione di testi, già a partire dalla scuola elementare. Questa pratica coinvolgerà diverse tipologie di componimenti, tra cui:
- poesie brevi e testi ritmici, come slogan, filastrocche, scioglilingua, haiku e canzoni
- poesie più complesse, selezionate tra autori accessibili ai più giovani, come Saba, Valeri, Gozzano, Govoni, Pascoli, Penna e Lamarque
Cosa non ci piace?
L’allenamento alla memorizzazione aiuta i bambini a sviluppare capacità mnemoniche e rafforza la concentrazione, ma se la memorizzazione non è accompagnata da una spiegazione del significato e dal coinvolgimento degli studenti, può ridursi a un esercizio sterile, in cui si ripetono parole senza comprenderne a fondo il senso. In questo caso, si perderebbe l’opportunità di sviluppare una vera competenza linguistica, trasformando lo studio in un’attività noiosa e fine a sé stessa.
Alcuni studenti apprendono meglio attraverso la pratica, il ragionamento o l’esperienza visiva piuttosto che con la memorizzazione testuale. Per cui, imporre un metodo univoco potrebbe penalizzare i bambini con stili di apprendimento diversi, risultando frustrante per chi fatica a ricordare informazioni in modo mnemonico.
L’eccessiva enfasi sulla memorizzazione potrebbe segnare un ritorno a un’educazione basata sulla ripetizione e non sulla comprensione, allontanandosi dalle moderne metodologie didattiche che privilegiano l’interazione e il pensiero critico.
La storia? Tutta l’attenzione va a quella dell’Occidente
Un elemento che colpisce nel nuovo documento ministeriale è l’introduzione al capitolo sulla storia, che riguarda sia la scuola primaria che la secondaria di primo grado. Il testo sottolinea un’idea forte: solo l’Occidente ha sviluppato una vera e propria concezione della storia. Viene citato Marc Bloch, il quale evidenzia come i Greci e i Latini siano stati i primi veri narratori della storia, mentre il cristianesimo, con la sua visione del Peccato e della Redenzione, ha rafforzato questa prospettiva storica.
Secondo questa impostazione, altre civiltà hanno avuto forme di registrazione degli eventi, come cronache dinastiche e resoconti di fatti rilevanti, ma senza sviluppare una vera tradizione storica comparabile a quella occidentale. Attenzione: si sostiene che, mentre alcune culture hanno sperimentato un primo approccio alla scrittura storica, questo sarebbe rimasto incompiuto, senza evolversi o influenzare profondamente la loro società, a differenza di quanto avvenuto in Occidente.
Questa impostazione ministeriale non si limita a fissare obiettivi generali, ma entra nel dettaglio, indicando anno per anno i contenuti da trattare. Tra i testi che compaiono nei programmi:
- in prima media, per esempio: studio della Bibbia, dell’Eneide e dell’Odissea, introducendo così fin dall’inizio riferimenti ai grandi testi fondanti della cultura occidentale
- in seconda media: spazio alla storia dell’Italia risorgimentale, con l’analisi dell’Inno di Mameli, poesie e canti del Risorgimento, oltre a episodi e racconti simbolici come i detenuti dello Spielberg, le Cinque Giornate di Milano, i martiri di Belfiore, La piccola vedetta lombarda, Anita Garibaldi e l’impresa dei Mille
Addio “sessualità”
In scienze sparisce completamente la parola “sessualità” citata nelle precedenti indicazioni per “acquisire le prime informazioni sulla riproduzione e la sessualità”.
Il nuovo documento si limita a dire:
Studiare il corpo umano, per esempio, misurando il battito cardiaco prima e dopo l’esercizio fisico per comprendere il funzionamento del sistema circolatorio o studiando la digestione con esperimenti sulla dissoluzione di cibi in liquidi diversi.
Rispetto all’educazione al genere e alle differenze (che compare solo una volta come educazione alle differenze di genere) e all’educazione sessuo-affettiva (mai esplicitamente nominata) non le manda a dire il Collettivo scosse:
Emergono nel generale silenzio e nel grande peso riconosciuto già in apertura al patto di corresponsabilità con le famiglie, posizioni deboli, scivolose e pericolose in cui si legge tutto l’impianto ideologico reazionario, le interferenze cattoliche, l’istituzionalizzazione della cis-eteronormatività e dell’amore romantico e la negazione del carattere strutturale e culturale della violenza di genere.
Ma nella geografia sbuca il cambiamento climatico!
Una chicca ci piace però sottolineare, nelle Nuove indicazioni nazionali per la scuola si pensa allo studio della geografia considerando anche la crisi climatica.
La disciplina non serve (solo) a sapere localizzare monti, mari e fiumi (informazioni che oggi si raccolgono in modo immediato), ma, soprattutto, ci aiuta a capire come pensano e si organizzano spazialmente gli esseri umani, in termini economici, politici, sociali e culturali, e perché́ si spostano e trasformano l’ambiente; ci aiuta a leggere le disuguaglianze e le diversità regionali e ci aiuta a porci in relazioni armoniose con il paesaggio e con l’ambiente, anche in relazione ai cambiamenti climatici in atto.
Fin dalla scuola primaria, è essenziale attraverso l’insegnamento della geografia incoraggiare gli alunni a osservare e rispettare gli ambienti naturali, anche incentivando attività di educazione all’aperto (outdoor education), per promuovere una coscienza ambientale e stimolare l’osservazione e il rispetto degli ambienti naturali. Questo approccio può contribuire a sviluppare l’intelligenza naturalistica, una competenza che permette di entrare in connessione profonda con gli esseri viventi non umani e di apprezzare l’impatto positivo
che questa relazione ha sulle persone e sull’ambiente.
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