Sanità pubblica al collasso: il definanziamento del Ssn e il fallimento delle promesse post-Covid

Il Servizio sanitario nazionale è in crisi: definanziamento, tagli, fondi Pnrr inutilizzati e promesse tradite L'articolo Sanità pubblica al collasso: il definanziamento del Ssn e il fallimento delle promesse post-Covid proviene da Valori.

Apr 2, 2025 - 19:25
 0
Sanità pubblica al collasso: il definanziamento del Ssn e il fallimento delle promesse post-Covid

Questo articolo fa parte di un dossier in quattro puntate dedicato alla crisi del Servizio sanitario nazionale (Ssn).

A oltre quattro anni dallo scoppio della pandemia di Covid-19, il sistema sanitario pubblico italiano continua a essere oggetto di tagli, ritardi e scelte politiche che ne minano la tenuta. Attraverso questa serie analizziamo cause, effetti e responsabilità del progressivo smantellamento del Ssn, mettendo in luce le sue gravi conseguenze sociali, economiche e territoriali.

Ecco gli articoli che compongono il dossier:

  1. Sanità pubblica al collasso: il definanziamento del Ssn e il fallimento delle promesse post-Covid
    Una panoramica sullo stato attuale del Ssn e sul definanziamento che lo ha colpito negli ultimi decenni, aggravato dal mancato utilizzo dei fondi del Pnrr.
  2. Sanità pubblica, fondi fermi e letti tagliati: così il Pnrr non cura nessuno
    Un focus sul simbolo della crisi pandemica: la drammatica riduzione dei posti letto. Con una denuncia sull’incapacità (o volontà) della politica di spendere i fondi disponibili.
  3. Sanità pubblica allo stremo: mancano medici, infermieri e strutture di prossimità
    L’emergenza del personale sanitario e il collasso della medicina di prossimità, con particolare attenzione alle diseguaglianze territoriali e alla scomparsa della prevenzione.
  4. La distruzione del Servizio sanitario nazionale favorisce le multinazionali della sanità privata
    L’aumento della spesa sanitaria a carico delle famiglie e lo spostamento verso la sanità privata: un quadro allarmante di come le scelte politiche stiano svuotando il diritto alla salute.

Puoi leggerli nell’ordine che preferisci, oppure partire da qui.


Sanità post-Covid: cosa è rimasto delle promesse

Andrà tutto bene. Lo si scriveva su lenzuola e cartelli, lo si urlava dai balconi. Non è andata bene per niente, anzi, è andata peggio di quello che si pensava. La pandemia di Covid-19 in Italia è stata devastante. Nel rapporto tra popolazione, contagi e morti, il nostro Paese è stato ai primi posti in assoluto tra i cosiddetti Paesi sviluppati. Tra questi, peggio di noi solo Stati Uniti e Regno Unito. Lì perché l’accesso alle cure è riservato a pochi privilegiati, e perché sono state attuate idiote politiche di tolleranza sulla diffusione del virus. Da noi per altri motivi. E non perché ci sia stato un fantomatico paziente zero (spoiler: non c’è mai stato), ma perché il nostro Servizio sanitario nazionale (Snn) era stato distrutto negli anni precedenti, soprattutto dai governi di centrosinistra

Dopo la pandemia, dalla politica sono arrivate rassicurazioni bipartisan sulla ristrutturazione e sul miglioramento del Snn. E attraverso il Pnrr sono arrivati anche i fondi per poterlo fare. Ma queste promesse si sono rivelate ancora più fatue di quelle scritte di speranza condite dagli arcobaleni che sventolavano sui balconi. E i soldi del Pnrr sono ancora lì, in attesa di essere spesi, a pochi mesi dalla scadenza. E oggi il Ssn versa ancora in condizioni drammatiche, se non peggiori di quando si è diffusa la pandemia. Accedere alle cure pubbliche in Italia è difficilissimo. È possibile solo in alcune Regioni, in altre nemmeno. E tutto questo, di nuovo, a vantaggio della sanità privata. Lo rivela in maniera drammatica l’ultimo Rapporto della Fondazione Gimbe, presentato lo scorso ottobre. 

Definanziamento e disuguaglianze: cosa dice il Rapporto Gimbe

Il “Settimo Rapporto Gimbe sul Servizio Sanitario Nazionale” spiega in maniera molto chiara come gli investimenti del Fondo sanitario nazionale (Fsn), ovvero i soldi che i governi allocano alla sanità, seppur cresciuti rispetto al periodo prepandemico, siano ancora insufficienti. Addirittura inferiori all’inflazione. Spiega come si sia continuata a distruggere la sanità territoriale fatta di medici di base e di strutture di prossimità, ovvero la prevenzione, fondamentale per contenere la spesa e non sovraffollare gli ospedali. 

Perché la prevenzione costa poco e mantiene la salute. Ma la prevenzione non fa guadagnare, né la sanità privata né le multinazionali di Big Pharma, che puntano alla cura. Molto più remunerativa. E distruggendo ancora di più la prevenzione a favore della cura, aumentano gli spostamenti dalla sanità pubblica a quella privata, con costi enormi per le famiglie e con l’acuirsi delle già enormi differenze tra le Regioni nel Paese. Dulcis in fundo, il rapporto Gimbe illustra chiaramente come tutti i soldi che avremmo potuto utilizzare grazie Pnrr per rimettere in sesto il Ssn non siano stati utilizzati.

«Le inaccettabili diseguaglianze regionali e territoriali; la migrazione sanitaria e i disagi quotidiani sui tempi di attesa e sui pronto soccorso affollati dimostrano che la tenuta del Ssn è prossima al punto di non ritorno, che i princìpi fondanti di universalismo, equità e uguaglianza sono stati ormai traditi e che si sta lentamente sgretolando il diritto costituzionale alla tutela della salute, in particolare per le fasce socio-economiche più deboli, gli anziani e i fragili, chi vive nel Mezzogiorno e nelle aree interne e disagiate», ha detto senza mezzi termini il giorno della presentazione del rapporto Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe.

La prevenzione abbandonata: perché conviene al privato

Il Sistema Sanitario Nazionale, che garantisce il diritto alla salute dei cittadini, nasce nel 1978. Dagli anni Novanta è gestito insieme alle Regioni, che lasciano libertà di scelta sull’utilizzo delle strutture sanitarie private. E da allora, con la liberalizzazione della sanità privata finanziata dalla spesa pubblica, si è creato il più assurdo mercato della salute che si conosca in Occidente. Con le nostre tasse paghiamo ospedali e strutture private che, al momento di curarci, ci chiedono altri soldi. Così è accaduto che, mentre i vari governi dagli anni Novanta in poi finanziavano la sanità privata, operavano tagli a quella pubblica. 

Rimanendo al decennio prepandemico, e guardando al Rapporto Gimbe del 2019 si scopre che nel decennio 2010-2019 tra tagli e definanziamenti sono stati sottratti al Ssn circa 37 miliardi di euro. Per i tagli vanno ringraziati i governi Monti (-2,6 miliardi), Letta (-5,4), Renzi (-8,4), Renzi (-8,2). Per le mancate risorse di nuovo i governi Renzi (-2,2 miliardi), Renzi (-2), Gentiloni (-4) e Conte (-3,1).

Più fondi, meno sanità: perché gli aumenti non bastano

Dal 2019, in piena pandemia, qualcosa è cambiato. E i soldi allocati a Fsn hanno cominciato ad aumentare. Ma non è stato sufficiente, anzi. Per un corretto paragone torniamo all’ultimo rapporto Gimbe, dove è scritto: «Nel periodo prepandemico (2010-2019) alla sanità pubblica sono stati sottratti oltre 37 miliardi di euro tra tagli per il risanamento della finanza pubblica e minori risorse assegnate rispetto ai livelli programmati. Negli anni 2020-2022 i fondi pubblici sono aumentati di 11,6 miliardi, una cifra tuttavia interamente assorbita dai costi della pandemia Covid-19, che non ha permesso un rafforzamento strutturale del Ssn né consentito alle Regioni di mantenere in ordine i bilanci. Per gli anni 2023-2024 sono aumentati ancora di 8,6 miliardi». Ma come vedremo, anche queste allocazioni si sono rivelate drammaticamente insufficienti.

Fabbisogno Sanitario Nazionale: trend 2010-2024
Fabbisogno Sanitario Nazionale: trend 2010-2024 © Rapporto Gimbe

E questo è un punto decisivo. Perché quando i politici vanno in tv a dire che la spesa sanitaria è aumentata, lo fanno senza tener conto dell’inflazione e del costo del denaro. Senza tenere conto che spesso aumentano in maniera relativa le allocazioni al Fsn ma diminuiscono in assoluto nel rapporto spesa/Pil. Quello che invece aumenta e si può sforare per la produzione delle armi, evidentemente più importanti della salute. O anche non si tiene conto dell’aumento minimo necessario di spesa che è dovuto a causa di altri fattori: la crescita della popolazione, la manutenzione e l’ammodernamento delle strutture e dei macchinari, e così via. Ecco perché un aumento relativo della quantità di denaro non si traduce in assoluto in un reale aumento degli investimenti.

Sanità e bilancio: crescono i fondi, cala il peso sul Pil

Sempre rimanendo ai dati di Gimbe possiamo infatti leggere: «La legge di bilancio 2024 ha stanziato risorse aggiuntive per il Fondo sanitario nazionale pari a 3 miliardi di euro per il 2024, a 4 miliardi per il 2025 e a 4,2 miliardi per il 2026. Ma una quota significativa di tali fondi sarà destinata al rinnovo contrattuale del personale sanitario. Nonostante questo incremento, l’analisi del Documento di Economia e Finanza rivela una tendenza alla riduzione della spesa sanitaria in rapporto al Pil nei prossimi anni. Tale dato, unitamente alla modesta crescita prevista del Fsn per il 2025 e il 2026, suggerisce che il sostegno finanziario al sistema sanitario non sia sufficiente a garantire la sostenibilità e lo sviluppo del sistema nel lungo periodo».

Mentre secondo l’analisi dell’Università di Pavia, nel Piano Strutturale di Bilancio deliberato lo scorso 27 settembre in Consiglio dei Ministri, il rapporto spesa sanitaria/Pil si riduce dal 6,3% nel 2024-2025 al 6,2% nel 2026-2027. A fronte di una crescita media annua del Pil nominale del 2,8%, nel triennio 2025-2027 il Piano Strutturale di Bilancio stima una crescita media della spesa sanitaria del 2,3% annuo. 

Una crisi voluta: il collasso del Ssn è una scelta politica

Questo è un quadro generale della situazione. Guardando poi nello specifico possiamo analizzare la diminuzione dei posti letto e dei presidi di prossimità della sanità territoriale. E questo acuisce ancor di più il già esistente il divario tra le Regioni, obbligando le famiglie a spostarsi e a spendere sempre di più. Possiamo osservare la diminuzione del numero di medici e infermieri, perché i vecchi vanno in pensione e a fronte di stipendi miseri i giovani sono costretti a spostarsi verso le strutture private.

E il tutto accade per precisa scelta politica. Perché come abbiamo visto in questi giorni ai politici di entrambi gli schieramenti interessano più le armi della salute. E per inadeguatezza politica. Perché, pur avendoli a disposizione, non siamo stati in grado di spendere i soldi del Pnrr. E a pensar male, visti i legami tra politica e sanità privata, forse non si tratta di inadeguatezza, ma è anche questa una scelta.

L'articolo Sanità pubblica al collasso: il definanziamento del Ssn e il fallimento delle promesse post-Covid proviene da Valori.