Riso all’arsenico: tra i peggiori del nuovo test c’è Lidl, che ne contiene più di tutti gli altri marchi

L’arsenico nel riso è una di quelle preoccupazioni che ciclicamente torna a bussare alla porta dei consumatori italiani. E a quanto pare, il problema è tutt’altro che risolto. Una nuova indagine condotta dalla rivista Il Salvagente, torna ad accendere i riflettori sulla questione, confermando che dobbiamo ancora fare i conti con questo contaminante. Il Salvagente...

Apr 5, 2025 - 18:07
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Riso all’arsenico: tra i peggiori del nuovo test c’è Lidl, che ne contiene più di tutti gli altri marchi

L’arsenico nel riso è una di quelle preoccupazioni che ciclicamente torna a bussare alla porta dei consumatori italiani. E a quanto pare, il problema è tutt’altro che risolto. Una nuova indagine condotta dalla rivista Il Salvagente, torna ad accendere i riflettori sulla questione, confermando che dobbiamo ancora fare i conti con questo contaminante.

Il Salvagente ha analizzato 12 marchi di riso Arborio, la varietà prediletta per i risotti, e quello che ha trovato non è molto confortante. Metalli pesanti e difetti nei chicchi sono ancora presenti sulle nostre tavole ma è l’arsenico inorganico ad essere il problema più diffuso.

Ma perché preoccuparsi tanto dell’arsenico? Non dimentichiamoci che stiamo parlando di una sostanza classificata dalla IARC dell’OMS come cancerogeno certo per l’uomo. Non proprio qualcosa che vorremmo trovare nel nostro risotto, insomma.

I risultati

Tra i campioni analizzati, alcuni in particolare hanno mostrato criticità significative.

Il riso Carosio venduto da Lidl ha fatto registrare il valore più alto di arsenico inorganico, addirittura superando il limite di legge fissato a 0,15 mg/kg. Con un valore di 0,171 mg/kg, questo prodotto si colloca in una zona decisamente problematica, anche se l’azienda si difende sostenendo che, considerando il margine di errore analitico, il loro riso potrebbe essere comunque conforme.

Ma non è solo l’arsenico a preoccupare. Il test ha evidenziato anche la presenza di cadmio, un altro metallo pesante classificato come cancerogeno, che nel campione di Riso Vignola biologico ha superato, seppur di poco, il limite consentito. Anche qui, l’azienda si appella al margine di errore per sostenere la conformità del prodotto.

E che dire del riso Riserva Gallo? In questo caso il problema non riguarda i metalli pesanti ma la qualità: il campione analizzato conteneva troppi chicchi di altre varietà (6,84% contro il limite del 5%). Un difetto che non rappresenta un rischio per la salute ma che può compromettere la buona riuscita del risotto.

Il test ha messo in luce anche altri problemi. Nel campione di Curtiriso, ad esempio, è stata rilevata una percentuale di grani danneggiati dal calore che raggiunge il limite massimo consentito (0,05%). Questo tipo di difetto potrebbe indicare problemi di conservazione nei silos e, nei casi peggiori, favorire lo sviluppo di micotossine, anche se in questo caso specifico successive analisi hanno escluso tale possibilità.

Sul fronte dei pesticidi, la situazione appare meno preoccupante, anche se il captan, un fungicida potenzialmente cancerogeno secondo l’EPA americana, è stato trovato in diversi campioni, talvolta in concentrazioni non trascurabili.

Tra tante notizie poco rassicuranti, ci sono anche alcuni aspetti positivi. Il test ha confermato che tutti i prodotti analizzati contengono effettivamente riso Arborio, e non sono stati trovati chicchi parboiled non dichiarati. Inoltre, diversi marchi hanno ottenuto valutazioni positive (per scoprire i migliori fate riferimento all’ultimo numero del Salvagente), segno che è possibile trovare sul mercato prodotti di buona qualità.

Il Salvagente ci tiene a precisare di non essere un organo di controllo, ma un giornale che vuole fotografare la realtà dei prodotti che troviamo sugli scaffali. L’obiettivo è chiaro: renderci consumatori più consapevoli.

E la consapevolezza, in questo caso, significa capire che portare in tavola risi con valori di arsenico o cadmio troppo vicini ai limiti di legge potrebbe non essere la scelta migliore per la nostra salute, soprattutto se consumiamo riso regolarmente.
L’Italia è il primo produttore di riso in Europa, con circa 1,5 milioni di tonnellate all’anno. Forse è arrivato il momento di puntare non solo sulla quantità e sull’estetica dei chicchi, ma anche su una qualità più sostanziale, che metta al primo posto la sicurezza di ciò che mangiamo.

Da dove viene l’arsenico

Ma com’è possibile che il riso contenga arsenico? Gli esperti consultati dalla rivista spiegano che la contaminazione è legata sia alla morfologia dei terreni che all’inquinamento ambientale. La pianta del riso, per sua natura, assorbe facilmente questo metallo pesante attraverso le radici, concentrandolo nei chicchi.

Quanto al cadmio, la sua presenza è spesso legata all’uso di fertilizzanti. Curioso che sia stato trovato in un prodotto biologico, a dimostrazione che anche le coltivazioni bio non sono purtroppo immuni da contaminazioni ambientali.

La replica delle aziende

Come prevedibile, le aziende coinvolte non ci stanno a passare per “cattive”. Lidl, ad esempio, ha fornito i risultati di controanalisi che indicano valori di arsenico ben più bassi (0,11 e 0,12 mg/kg) rispetto a quelli trovati dal Salvagente.

Riso Vignola, dal canto suo, sottolinea che applicando i criteri del regolamento europeo, il loro prodotto può essere considerato conforme. Curtiriso, infine, contesta il risultato sui grani danneggiati dal calore, sostenendo che le analisi interne hanno rilevato valori molto più bassi.

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