Revocata l’amministrazione giudiziaria della Giorgio Armani Operation, il Tribunale di Milano: “Percorso virtuoso”
Sotto l’accompagnamento dell’amministratore giudiziario, Pietro Capitini, "la maison ha risolto il rapporto con i fornitori 'a rischio' in tempi rapidi e ha messo a punto anche diverse best practices" che hanno ricevuto la condivisione e approvazione del Tribunale L'articolo Revocata l’amministrazione giudiziaria della Giorgio Armani Operation, il Tribunale di Milano: “Percorso virtuoso” proviene da Il Fatto Quotidiano.

A poco meno di un anno dal provvedimento emesso nell’aprile del 2024, il tribunale di Milano ha revocato l’amministrazione giudiziaria nei confronti di Giorgio Armani Operation spa, il ramo produzione di abbigliamento, maglieria, camiceria, calzature, borse dell’omonimo brand di moda, finita nel mirino dei pm di Milano per gli omessi controlli contro lo sfruttamento dei lavoratori lungo la propria filiera. Per la procura la società non impediva il caporalato.
Il decreto della Sezione misure di prevenzione arriva con un paio di mesi di anticipo rispetto alla scadenza di 12 mesi su richiesta dei legali dell’azienda e con il parere positivo dei pm Paolo Storari e Luisa Baima Bollone perché Giorgio Armani Operations avrebbe seguito un “virtuoso percorso” e riscoperto la “cultura della legalità estesa a tutta la catena produttiva“, fa sapere il presidente del tribunale di Milano, Fabio Roia, in una nota.
Sotto l’accompagnamento dell’amministratore giudiziario, Pietro Capitini, “la maison ha risolto il rapporto con i fornitori ‘a rischio’ in tempi rapidi e ha messo a punto anche diverse best practices che hanno ricevuto la condivisione e approvazione del Tribunale. L’inchiesta, in cui Armani non era indagata ma accusata di non essere in grado di arginare e prevenire fenomeni di sfruttamento lungo la catena produttiva, ha svelato l’esistenza di società “di collegamento” come la Manifatture Lombarde srl o la Minoronzoni srl che acquistavano a 75 euro/borsa o 15 euro/cintura da quattro opifici cinesi come fossero produttori “ombra” che pagavano i lavoratori anche 3-4 euro l’ora o a cottimo 50 centesimi a pezzo.
Gli operai sarebbero stati costretti a riposare in “dormitorio” in “un’area abitativa, abusivamente realizzata” nel “capannone” e i macchinari sabotati manomettendo lo strumento di “spegnimento di emergenza” o rimuovendo i “dispositivi di sicurezza” che impediscono di “rimanere impigliato o subire schiacciamento”. Per il tribunale l’azienda ha colto la misura di prevenzione come “occasione di miglioramento e di rinnovamento” adottando “iniziative importanti nella prospettiva di prevenire il ripetersi di fenomeni come quelli che hanno dato origine all’amministrazione giudiziaria”
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