Caso Paragon, il governo non vuole rispondere alle interrogazioni di Pd e Iv: lettera a Fontana. Le opposizioni: “È un precedente pericoloso”
L'esecutivo si appella al regolamento della Camera. Le minore protestano in coro: "In gioco la dignità dell'Aula. Il presidente insista per far cambiare idea" L'articolo Caso Paragon, il governo non vuole rispondere alle interrogazioni di Pd e Iv: lettera a Fontana. Le opposizioni: “È un precedente pericoloso” proviene da Il Fatto Quotidiano.

Il governo non vuole rispondere a due interrogazioni urgenti sull’uso del malware di Paragon, che ha permesso di spiare giornalisti e attivisti. L’esecutivo, attraverso una lettera al presidente della Camera Lorenzo Fontana, si è rifiutato di fornire informazioni di fronte alle richieste presentate da Partito Democratico e Italia Viva appellandosi all’articolo 131 del regolamento dell’Aula che gli permette di farlo. La missiva, firmata dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, specifica che il governo “ha fornito le uniche informazioni pubblicamente divulgabili” rispondendo alle interrogazioni della scorsa settimana. Tutto il resto, ha sostenuto, è “classificato” e quindi materia del Copasir.
Una decisione che ha provocato la protesta a una voce delle opposizioni – comprese Alleanza Verdi Sinistra, M5s e +Europa – che chiedono a Fontana di non accettare la risposta dell’esecutivo e insistere affinché mercoledì ci sia un rappresentante del governo a fornire i chiarimenti richiesti. La “mancata risposta – hanno scritto i capigruppo a Fontana – costituisce un grave vulnus al principio di trasparenza e alla funzione di controllo che il Parlamento è chiamato a svolgere”. E hanno chiesto la convocazione “urgente” della conferenza dei presidenti dei gruppi.
Il capogruppo di Iv Davide Faraone ha spiegato che dopo la diffusione delle notizie relative all’uso di Paragon “alcune istituzioni, come le Forze Armate, hanno subito chiarito che non lo hanno utilizzato, poi lo hanno detto i Servizi”. In sostanza, sottolinea il renziano, “erano rimaste due entità che non avevano chiarito sia a livello mediatico che istituzionale se avessero a disposizione Paragon: la Polizia penitenziaria e le procure”.
Le due interrogazioni – ha aggiunto – “chiedevano al governo se procure e Polizia penitenziaria abbiano avuto a disposizione questo strumento”. Per il dem Federico Fornaro si tratta di un “pericoloso precedente” perché “la domanda era semplice – ha osservato – e cioè se Polizia penitenziaria e procure utilizzino Paragon: se il governo rispondeva sì, poi poteva appellarsi al segreto e portare la discussione in Copasir; ma non può rifiutarsi di rispondere”. Secondo Fornaro è una scelta “inaccettabile” poiché c’è “in gioco il corretto rapporto tra potere esecutivo e Parlamento, tra i cui poteri vi è quello di controllo sul governo”.
Quindi rivolgendosi a Fontana ha rimarcato: “È in gioco la dignità di questa istituzione. Credo che il presidente della Camera debba riflettere ancora”. Anche Francesco Silvestri di M5s, Benedetto della Vedova di +Europa e Marco Grimaldi di Avs hanno chiesto al presidente Fontana di non accettare la lettera del governo e di insistere perché l’esecutivo mercoledì risponda alle due interrogazioni. “Siete pericolosi, chiediamo non solo che il governo venga a rispondere in question time ma ribadiamo la richiesta di vedere il primo ministro Meloni su questo caso” per dire al Paese “come mai dei giornalisti, attivisti politici e chissà chi altro, viene spiato”, ha attaccato Silvestri.
Della Vedova ha invece sottolineato “il Parlamento è una controparte del governo, non è un passacarte” e Grimaldi ha sottolineato: “Altro che segreto di Stato, vogliamo risposte, le vogliamo al question time di domani. Meloni venga la prossima settimana e dia la possibilità a tutti i gruppi di discutere, tutti dovrebbero avere un po’ di luce e chiarezza, vorremmo che anche tra i banchi della maggioranza qualcuno chieda come noi con forza che Giorgia Meloni venga in Aula”. Nel week end il dibattito si era rinfocolato perché, dopo le rassicurazioni dell’esecutivo, era venuto alla luce che in realtà l‘intelligence e l’azienda fornitrice del malware che ha infettato, tra gli altri, il cellulare del direttore di Fanpage Francesco Cancellato, avevano rescisso il contratto.
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