Quel putiniano di Tucidide

La Guerra del Peloponneso e noi Stati Uniti e Russia, come Atene e Sparta, due modelli alternativi di Occidente.  Come gli Stati Uniti, Atene era democratica, ricca, mercantile, guerrafondaia, talassocratica, […]

Apr 9, 2025 - 10:08
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Quel putiniano di Tucidide

La Guerra del Peloponneso e noi

Stati Uniti e Russia, come Atene e Sparta, due modelli alternativi di Occidente. 

Come gli Stati Uniti, Atene era democratica, ricca, mercantile, guerrafondaia, talassocratica, animata da un espansionismo aggressivo e avventuristico. A tutta la Grecia si presentava come alfiere della democrazia. 

Come la Russia, Sparta era oligarchica, statalista, potenza continentale retta da un egemonismo lento, elefantiaco, disciplinata da un egalitarismo di tipo militare (in qualche modo somigliante a quello burocratico-militare che dalla Prussia, secoli dopo, penetrò tra gli apparati russi attraverso la mediazione dello Zar Pietro il Grande). A tutta la Grecia, Sparta si presentava come alfiere della libertà e dell’autonomia dai lunghi tentacoli dell’impero ateniese. 

Questa genealogia classica delle due odierne superpotenze non è qualcosa di completamente artificioso, ma appartiene alla loro stessa autopresentazione ideologica, non solo recente. Europa e Usa si considerano figli diretti della classicità greco-romana, della democrazia, del diritto, della scienza; la Russia per secoli ha considerato se stessa l’unica vera erede dell’Impero Romano (d’Oriente), e dunque della grecità e della cristianità, a fronte della frammentazione europea. 

Vediamo dunque come iniziò la Guerra del Peloponneso. 

Come la Russia in Ucraina, fu Sparta ad attaccare per prima, invadendo l’Attica. Ma lo storico Tucidide, che non era mica un Parsi qualunque, non si fece ingannare. Tucidide individuò la vera causa della guerra nell’espansionismo decennale di Atene, che sempre più si era avvicinata minacciosamente a Sparta, fino a scatenarne la reazione. L’avanzamento di Atene, che ufficialmente si muoveva come Lega Delio-Attica, era stato lento ma inarrestabile, non solo militare e politico, ma anche economico e ideologico (scalpore suscitò la conversione “democratica” di Argo, tradizionale avamposto spartano). 

Avrete capito che la Lega Delio-Attica corrisponde un po’ alla Nato, un’alleanza ideologico-militare fagocitante, mentre l’UE ricorda l’Anfizionia di Delfi, un organismo nominale e completamente privo di autonomia strategica, in apparenza democratico ma dove in realtà i delegati votavano allineandosi alle pressioni egemoni. 

Per decenni, dunque, Sparta è stata a guardare l’espandersi della Lega Delio-Attica, mentre la sua irritazione cresceva e la sua volontà di potenza era intaccata. Ma c’era un limite che Sparta non poteva tollerare che Atene oltrepassasse: Corinto. La presa di Corinto, con cui Atene metteva un piede militare nel Peloponneso, suscitò la reazione durissima di Sparta. A ciò si aggiunsero le sanzioni economiche ateniesi introdotte dal “decreto megarese” di Pericle, che strangolarono l’economia di molte città filospartane. 

(Eh sì, in Grecia c’erano anche le sanzioni economiche; e c’era pure l’intolleranza “dem”, se volete saperlo: il celebre ostracismo, strumento di repressione con cui i “democratici” silenziavano esponenti politici sgraditi, accusandoli di essere “nostalgici” di tirannidi passate – ne fu vittima persino Pitagora). 

Insomma, scoppiò la guerra. E Sparta, pur di vincerla, si alleò con il nemico storico della grecità: le monarchie “assolutiste” della Macedonia e della Persia. Atene fu distrutta. Sparta fu sottomessa. Quel miracoloso equilibrio greco di città-stato indipendenti ma interconnesse non si ricompose più, né tornò mai la democrazia ad Atene, nel nuovo mondo ellenistico dominato dai grandi regni. 

Così come la Seconda Guerra Mondiale decretò l’autodistruzione dell’Europa, la Guerra del Peloponneso decretò l’autodistruzione della Grecia. Uno scontro tra Nato e Russia potrebbe decretare l’autodistruzione dell’Occidente.

La triangolazione Usa (Atene) – Russia (Sparta) – Cina (Persia) si comprende in quest’ottica. 

Gli Stati Uniti, isolando la Russia dall’Europa e spingendola verso la Cina, cioè verso il grande progetto di multipolarismo globale e di dedollarizzazione, hanno corso un pericolo esiziale, rischiando lo stesso errore di Atene che spinse Sparta ad allearsi con l’Oriente, con l’Impero Persiano – e che la condusse alla propria rovina. 

In questo senso, gli Stati Uniti hanno operato il più classico dei “divide et impera”, prima separando Europa e Russia (provocando la guerra ucraina), e poi separando Russia e Cina (promuovendo la pace ucraina).

Prima hanno sabotato il legame di prosperità euro-russo, in cui la materia prima energetica russa incontrava la conversione industriale europea, colpendo l’export e la competitività del continente trainata dalla Germania (i dazi sono solo l’ultimo atto), e ora tentano di insinuarsi come zizzania tra le annose frizioni dei due giganti asiatici, Russia e Cina, i quali sono alleati tattici, ma nemici strategici.

Una sfida epocale e difficilissima, che rischia seriamente di essere perduta.

Come si vede, a dispetto dell’appariscente scontro (comunque reale) fra Trump e il “deep state”, fra élites finanziarie nelle alte sfere del potere statunitense, è possibile ricostruire una coerenza di lungo periodo nelle azioni delle diverse amministrazioni Usa, una progettualità più o meno unitaria indipendente dai Presidenti. La volgarità trumpiana serve solo a lavare la coscienza delle apericene borghesi progressiste.

Un conflitto di potere tra élites, come spesso accade, diventa spartizione di potere tra élites, con le Big Three che sono pronte a lanciarsi nella nuova bolla finanziaria del riarmo europeo (che nel frattempo mantiene divise Europa e Russia) e nella nuova Eldorado dell’accordo di spartizione sulle risorse ucraine (che nel frattempo blandisce la Russia e la distrae dalla tentazione cinese).

Insomma, a distanza di tre anni dall’invasione russa e con l’occhio lungo della storia, possiamo parafrasare un noto slogan della propaganda, che non dobbiamo rifiutare, ma raddoppiare: ci sono stati due aggressori vincitori, Stati Uniti e Russia, e due aggrediti sconfitti, i popoli ucraini ed europei.