Quasi quasi mi faccio acquisire
Il 2024 ha rappresentato un anno record per il mercato italiano delle fusioni e acquisizioni. Ma il 2025 potrebbe essere ancora più vivace. Ecco come cogliere questa opportunità e non farsi trovare impreparati L'articolo Quasi quasi mi faccio acquisire proviene da Economy Magazine.

Cambiano i mercati e cambiano anche le strategie aziendali. Per le Pmi italiane, interessate ad acquisire una dimensione adeguata per competere su scala sovranazionale, il percorso di crescita può finalmente essere meno banco centrico e molto più ‘M&A driven’. Le opportunità non mancano, come attesta l’ultimo rapporto Kpmg sulle fusioni e acquisizioni avvenute nel nostro Paese durante lo scorso anno.
Un anno da record per l’M&A
Il 2024 ha rappresentato un anno record per il mercato M&A italiano, con 1.369 deal conclusi (+8% rispetto al 2023) per un controvalore totale di circa 73 miliardi di euro (+ 91% rispetto allo scorso anno).+ Nonostante il perdurare dell’incertezza a livello geopolitico, gli ultimi 12 mesi sono stati positivamente influenzati dall’andamento macroeconomico internazionale: nel 2024 si sono infatti concluse ben 15 transazioni con un controvalore superiore al miliardo di euro. La principale è stata l’acquisizione da parte di Optics BidCo, società controllata dal fondo americano Kkr, dell’infrastrutture di rete fissa di Tim, NetCo, per un controvalore complessivo di 14,2 miliardi di euro. Max Fiani, Partner Kpmg e curatore del rapporto M&A, commenta: «Nel 2024 per la prima volta si sono superati i 1.360 deal. A trainare il fenomeno sono stati i settori regolati, per quando concerne le transazioni di maggiori dimensioni: Telco, Banche ed Energia. Il mid- market è stato molto attivo nei settori tipici del Made in Italy, in ambito consumer ed industrial market; si è poi consolidato l’M&A di filiera, attraverso la formazione di piattaforme e grazie al lavoro capillare ed articolato degli operatori del private capital. Siamo ancora lontano dai record in termini di controvalori, ma il mercato è ben impostato, grazie anche ai tagli nel costo del denaro già in atto da parte delle banche centrali». Dall’analisi dei principali settori target, il 2024 ha visto come protagonisti Technology, Media & Telecom (Tmt), Energy & Utilities e Financial Services con il 65% del controvalore del mercato M&A italiano. Il Consumer Market continua ad essere il settore caratterizzato dal maggior numero di operazioni, 430 contro le 396 registrate nel 2023, con un controvalore di 8,6 miliardi di euro, in diminuzione rispetto al precedente anno (15,1 miliardi di euro). Prosegue in particolare l’interesse per l’industria manifatturiera italiana, da parte sia dei fondi di private equity, sia dei colossi del lusso. Al secondo posto per il numero di operazioni si colloca l’Industrial Market con 342 deal (305 nel 2023) per un controvalore pari a 10,8 miliardi di euro (+46% rispetto al precedente anno).
in casa e fuori
In termini di controvalore, ad aver avuto un ruolo preponderante sono state le operazioni cross border che hanno rappresentato l’86% del mercato M&A italiano, con 62,8 miliardi di euro, confermando da un lato l’interesse degli investitori esteri per il Made in Italy (417 operazioni per 34,8 miliardi di euro) e dall’altro il coraggio imprenditoriale delle società italiane ad affermarsi sui mercati esteri al fine di creare dei player internazionali (246 operazioni per 28 miliardi di euro). Nonostante sia caratterizzato da deal di dimensioni inferiori, il mercato domestico, animato dall’obiettivo di creare e consolidare filiere produttive del Made in Italy, ha raggiunto però un nuovo record superando le 700 operazioni per un controvalore di 9,8 miliardi di euro (nel 2023 erano 693 per 9 miliardi di euro).
Il ruolo del private equity
La riduzione graduale dei tassi di interesse da parte delle banche centrali e l’aumento della disponibilità di capitali da investire hanno favorito l’ingresso dei fondi di private equity nella compagine azionaria delle piccole medie imprese italiane, sia come investitori diretti, sia tramite portfolio company con operazioni di add-on, al fine di creare poli industriali aggregativi del Made in Italy per specifici settori. Secondo Kpmg Sono state ben 170 le operazioni dirette effettuate da fondi di private equity per un controvalore totale di oltre 21,6 miliardi di euro. «Diversi sono i settori interessati da questo fenomeno. Tra i più attivi quello della moda e del lusso, l’healthcare e i prodotti e i servizi dedicati alla cura degli animali domestici», spiega Fiani. «Nell’indotto del fashion e del lusso possiamo osservare diverse operazioni di M&A finalizzate al rafforzamento della supply chain attraverso processi di integrazione della filiera produttiva. Per esempio, il Gruppo Florence, grazie al sostegno di Permira, ha effettuato negli ultimi anni numerosi investimenti di integrazione sia orizzontale che verticale, diventando uno dei primi poli industriali in Italia con oltre 30 eccellenze manifatturiere della filiera del lusso. Un fenomeno interessante e destinato a crescere ulteriormente è l’aumento degli investimenti nel settore del petcare».
Anche il settore dell’healthcare gode di una certa vivacità, con numerosi investimenti da parte di operatori di private equity. Tra questi, come sottolinea il report di Kpmg, l’iniziativa di ‘buy&build’ PureLabs, partecipata da Redfish Long Term Capital, che ha recentemente investito in diversi centri diagnostici e laboratori sparsi sul territorio nazionale. «Ci sono dei settori in cui questo tipo di operazioni appare più consolidato, ma è un fenomeno che si sta allargando a macchia d’olio andando ad abbracciare anche altri settori del Made in Italy. Generalmente queste operazioni partono dall’acquisizione di un’azienda di medie dimensioni che diventerà una piattaforma sulla quale innestare una serie di acquisizioni effettuate tramite add-on. Si procede quindi con una serie di acquisizioni sia di aziende competitor, attivando sinergie di cliente e di canale, in una logica di acquisizioni orizzontali, sia andando sulla catena del valore e comprando fornitori o distributori dell’azienda piattaforma, in una logica di acquisizioni verticali».
L’approccio buy and build
Le Pmi che desiderano attivare percorsi di crescita sostenibile possono mettersi in gioco rafforzando oltre alle capacità manageriali e organizzative, anche quelle di dialogo con soggetti terzi, come i fondi di private equity. «Oggi osserviamo percorsi di crescita diversi rispetto al passato, molto più ‘M&A driven’. Si tratta di processi di ‘buy and build’, dove si parte da un’azienda di taglio medio-piccolo per costruire un percorso di crescita articolato per linee esterne. È stata una vera e propria rivoluzione che ha portato, e sta portando tuttora, a percorsi molto virtuosi, non solo per il private equity, ma anche per tutto il tessuto industriale italiano. Infatti, in un mondo sempre più complesso è fondamentale avere aziende forti che siano in grado di realizzare investimenti significativi», sottolinea Fiani. Per intraprendere questa strategia, però «il private equity e l’imprenditore devono saper dialogare in modo costruttivo. Per farlo bisogna integrare nei team di private equity professionisti provenienti dall’industria, in grado di capire le esigenze delle aziende e trovare le soluzioni più adatte a ciascun progetto».
Per le Pmi che intendono avvicinarsi al private equity il consiglio chiave è quello di investire per organizzarsi al proprio interno anche attraverso percorsi, come ad esempio quelli organizzati da Borsa Italiana ed Elite. «È necessario prepararsi per tempo, assumendo professionisti dal mercato o formando le proprie persone. Quindi serve investire, non solo in termini economici ma anche di tempo e di energie. In questo percorso la trasparenza gioca un ruolo centrale: saper rappresentare in maniera chiara e trasparente i propri numeri e le proprie ambizioni è un tassello dal quale l’imprenditore non può più prescindere. Per fare ciò è necessario da parte della Pmi uno sforzo di pianificazione e nel controllo. Tra gli errori da evitare c’è quello di pensare che l’imprenditore possa fare tutto da solo. Certamente la sua figura resta centrale, ma deve essere affiancato da manager con le competenze necessarie al dialogo con il fondo. Servono team forti, composti da figure complementari». Se invece, al contrario, si stanno valutando eventuali acquisizioni, «i fattori da valutare sono diversi. Dal nostro punto di vista il tema principale è l’internazionalizzazione. È fondamentale infatti avere una presenza diretta sui mercati principali per avere un maggior controllo, visibilità e opportunità commerciali».
L’outlook per il 2025
Il calo dell’inflazione negli ultimi trimestri, le condizioni più favorevoli per accedere a fonti finanziarie e l’attuazione di investimenti pubblici legati ai fondi del Next Generation Eu, fanno ben sperare per l’andamento del mercato M&A del prossimo anno, come conferma Max Fiani: «Il 2025 si preannuncia molto positivo grazie ad una pipeline di operazioni importante, alle aspettative di ulteriori riduzioni nel costo del denaro e l’auspicata risoluzione dei conflitti in atto sul fronte Russo-Ucraino e in Medio Oriente. Le principali incertezze rimangono legate ad alcuni settori industriali e manufatturieri dove il calo delle produzioni perdura da diversi mesi. Questo, peraltro, potrebbe portare ad ulteriori consolidamenti di settore, alla ricerca di sinergie e a maggiori investimenti in tecnologia». A condividere questo scenario è Marco Daviddi, Strategy & Transactions Markets Leader Europe West, EY: «In Italia si stanno affermando modelli che mirano a costruire alleanze strategiche per settori e filiere produttive, piuttosto che perseguire le tipiche attività di M&A, favorendo la coopetizione rispetto alla competizione. Inoltre, sta crescendo la consapevolezza di dover agire per semplificare i modelli di business, anche attraverso spin-off e cessioni, per ottenere le risorse da reinvestire nelle attività “core”. Questi elementi, sommati all’aspettativa di una politica monetaria meno restrittiva, portano a prevedere un andamento dell’attività M& A molto vivace, con una crescita che potrebbe essere a doppia cifra a partire dalla seconda metà dell’anno».
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